CATALOGHI E LIBRI

GENNAIO 2018

IL PITTORE SOLITARIO

Concordo con l’autore del libro: Georges Seurat è più ammirato che amato, poco «biografabile». Fra gli artisti che negli ultimi decenni del XIX secolo dettero una sterzata alla pittura della Parigi moderna, Seurat è il meno indagato nei suoi aspetti biografici. Si conoscono mille cose della vita di Monet, Degas, Van Gogh, Gauguin. Di Seurat, morto di difterite nel 1891, a trentadue anni, si parla soprattutto, e a buon diritto, per le sue teorie “pointilliste”, che lui chiamava «cromo-luminariste». Sappiamo, fra l’altro, che accusò Signac, con toni aspri, di essersi appropriato delle sue invenzioni. In fondo aveva ragione. Sono i dipinti di Seurat, oggi in tutti i manuali, ad aver dato l’avvio al divisionismo. Chi però ricorda il suo volto e la vicenda personale? Eppure le notizie esistono, e non poche. Partiamo dall’aspetto fisico, tramandato da alcuni ritratti e qualche fotografia. Viene anche riconosciuto, con la compagna Madeleine, fra gli spettatori raffigurati in uno dei suoi più bei dipinti, Il circo. Ci sono poi i commenti di artisti suoi amici come Charles Angrand: «Era bello come il San Giorgio di Donatello», o Lucie Cousturier: «Aveva occhi vellutati », sopracciglia «di un nero profondo», ma «ermetico e ombroso quando affiorava l’essere interiore che gestiva segretamente». Enigmatico carattere, vita riservata e ignota perfino ai genitori, che conobbero nuora e nipotino solo poche ore prima della morte di Georges: da qui Poli dipana un racconto che è fiction ma si basa su fatti documentati e filtrati dal suo occhio critico. Lo fa immaginando un dialogo con l’ombra del pittore, nei suoi luoghi. Inizia col Père Lachaise dov’è sepolto per arrivare alla Tour Eiffel ancora in costruzione e alla cittadina normanna di Honfleur, amata da impressionisti e simbolisti e dallo stesso Seurat, anche se nessuno lì lo ricorda. Riviviamo nel racconto anche le sue simpatie anarchiche, le battaglie con altri artisti delle avanguardie, le sperimentazioni sul colore e la luce, per una visione della realtà che all’epoca fece scandalo. Consiglio di tenere sott’occhio il web con le immagini dei quadri, qui descritti ma non illustrati.

Francesco Poli Mondadori Electa, Milano 2017 168 pp. € 19.90

GHIRLANDARIA

Merita ben più di queste righe il monumentale lavoro sui Ghirlandaio, celebri artisti fiorentini. L’impresa fu iniziata nel 2004 da Lisa Venturini, scomparsa precocemente, che aveva scoperto nell’Archivio segreto vaticano una raccolta manoscritta (42 buste e 25 volumi), nota come “Eredità Ghirlandari”, ivi confluita dal fondo familiare dei Bigordi, ovvero i Ghirlandaio. Le numerose notizie furonoradunate fino all’anno 1734 dal discendente romano della famiglia toscana di pittori (fra gli altri, Domenico, suo fratello Davide, il figlio Ridolfo). Molti gli inediti: opere scomparse, date di nascite e morti, atti notarili, possedimenti ricostruiscono un quadro fondamentale per la storia dell’arte del Quattro e Cinquecento. Dopo la morte di Lisa, l’amica studiosa Nicoletta Baldini ha continuato l’opera di trascrizione, con un apparato di note così documentato che lascia stupefatti. Ne riparleremo prestissimo in un altro articolo di “Art e Dossier”.


A cura di Lisa Venturini, con introduzione, saggio e note di Nicoletta Baldini Leo S. Olschki, Firenze 2017 478 pp., 15 tavv. colore € 55

RICORDI DI UN MERCANTE D’ARTE

Dopo aver letto (e riletto dopo pochi giorni, con rinnovato interesse) questo librino di ricordi di Heinz Berggruen, noto mercante d’arte del secondo Novecento, il primo consiglio è di partire dallo scritto posto in appendice, Studente in California, che poi è il primo in ordine di tempo. Si tratta di un testo giovanile, che precede gli anni della sua lunga carriera di mercante d’arte e collezionista. Heinz Berggruen, nato a Berlino nel 1914 e morto a Parigi nel 2007, scrisse quel pezzo a ventitre anni a San Francisco, dove si era recato con una borsa di studio. Per quanto ebreo, non era fuggito né era stato espulso dalla Germania. Semplicemente, intuendo la tragedia imminente, aveva lasciato anzitempo il suo Paese per gli Stati Uniti dove poi, per ovvi motivi, rimase sino al dopoguerra. La chiave di lettura di queste memorie, che ripercorrono gran parte del XX secolo e s’inoltrano fino agli inizi del XXI, sta proprio in quelle sue giovanili, intense osservazioni sulla propria terra, e sulla difficoltà d’integrarsi in una società, quella nordamericana, così diversa dalla propria. L’articolo fu pubblicato in Germania il 26 agosto del 1937 sulla rivista “C.-V. Zeitung”, creata da intellettuali ebrei per rendere noti i loro studi, finché fu loro possibile, in un paese che già li rifiutava. Berggruen era giunto negli Stati Uniti con un solido bagaglio letterario mitteleuropeo, da Reiner Maria Rilke a Thomas Mann. Col suo sguardo acuto e intelligente provò allora a immaginare la terra lontana, quasi fisicamente, scrutando il cielo oltre l’orizzonte, di là dal Pacifico, a ovest, oppure verso est, oltre il deserto della Sierra Nevada e via, oltre l’Oceano Atlantico: una Germania amata e mai dimenticata. Adesso potete cominciare, dall’inizio, a leggere i curiosi incontri di un mercante ormai affermato, con artisti e intellettuali come Matisse, Picasso, Frida Kahlo (di cui fu amante), Gertrude Stein e molti altri. Li capirete e apprezzerete meglio. La sua collezione, nella quale spiccano, fra gli altri, molti capolavori di Picasso e Klee, fa oggi parte dei musei di Berlino.


Heinz Berggruen Skira, Milano-Ginevra 2017 144 pp. € 14,90

L’ITALIA DELL’ARTE VENDUTA

Fabio Isman è noto ai lettori di “Art e Dossier” per i suoi articoli sul patrimonio artistico del nostro paese, sul quale indaga da anni come un segugio. Da ottimo giornalista e conoscitore, segue i mille rivoli di una dolente diaspora: quella di capolavori e collezioni disperse all’estero, in circostanze, tempi e modi diversi. In questo suo nuovo libro Isman raccoglie con sistematicità alcune fughe rocambolesche, fra le più clamorose, come quella del Bindo Altoviti, ritratto sublime e storicamente importantissimo, dell’affascinante banchiere fiorentino inviso ai Medici, dipinto dal giovane Raffaello. Quel ritratto, dopo tanto peregrinare, è alla National Gallery di Washington, che lo prestò anni fa per una mostra al Bargello (ciò che che non ci consola della perdita). In quel museo è anche l’Elena Grimaldi di Van Dyck, “fuggita” da Genova nel tubo di scappamento di un’auto. Alla Thyssen-Bornemisza di Madrid, per citare un altro famoso e misterioso ritratto, è confluito dopo un lungo percorso il Cavaliere di Carpaccio, alto due metri per un metro e mezzo di larghezza. E che dire del raffinato Vaso Portland, un vetro dal fondo blu con figurazioni a cammeo, del I secolo? Era stato rinvenuto a Roma durante uno scavo, poi passato nelle collezioni di diverse aristocratiche famiglie e nel 1782 ceduto da una Barberini. Oggi è al British Museum di Londra, ammiratissimo. Nel libro l’illustrazione 20 mostra un quadro oggi allo Wadsworth Atheneum di Hartford. Lo dipinse nel 1749 Giovanni Paolo Pannini, e raffigura Il cardinale Silvio Valenti Gonzaga nella sua pinacoteca. Alle pareti dell’ambiente monumentale vediamo dozzine di tele: soggetti sacri e tanti ritratti, molti riconoscibili. Sono tutti dispersi, e spesso si sa anche dove sono finiti. Dunque un libro da leggere d’un fiato, denso di episodi che fanno riflettere, anche perché la diaspora, come aggiunge Isman, non è ancora finita. Importante: le opere riprodotte sono disponibili anche su https://www.mulino.it/sitomulino/artevenduta, dov’è pure consultabile l’elenco di circa trecento opere citate nel testo.


Fabio Isman Il Mulino, Bologna 2017 280 pp., 31 illustrazioni a colori € 16

ART E DOSSIER N. 350
ART E DOSSIER N. 350
GENNAIO 2018
In questo numero: I DILEMMI DELL'ARCHITETTURA Modernismo e tradizione a Firenze; Sottsass: la fantasia della ragione; Analogie: forme da altre forme. IN MOSTRA Sottsass a Milano e Parma, Impressionisti a Londra; Canova e Hayez a Venezia, Bernini a Roma, Giorgione a Castelfranco Veneto.Direttore: Philippe Daverio