LA GIOVINEZZA:DA LOSANNA A PARIGI

Félix Édouard Vallotton nasce il 28 dicembre 1865 a Losanna.

Suo padre, Armand Adrien Vallotton, discende da una famiglia di notabili protestanti di origine francese, stabilitasi nel Pays de Vaud verso la fine del XV secolo. Ha allora una drogheria nel centro città e diventerà in seguito fabbricante di cioccolato. Sua madre, Emma Vallotton, nata Louise Roseng, è la figlia di un fornaio del cantone di Berna. Il piccolo Félix trascorre un’infanzia felice tra suo fratello Paul – nato nel 1864, suo futuro confidente, sostegno, poi mercante – e Hélène, sua sorella, di tre anni più giovane.

Nel 1874 entra nella sezione di latino e greco al Collegio classico cantonale di Losanna. Conserverà dei suoi otto anni di studio il ricordo di una noia estrema. Al tempo è orientato verso una carriera letteraria, avviata fin dall’età di dodici anni con la redazione di un’operina illustrata di suo pugno. Ma questo progetto ha vita breve. Il 15 ottobre 1881, a qualche mese dal diploma interrompe gli studi per impegnarsi nella strada infine trovata: sarà pittore. Sebbene preoccupati per le sue possibilità di riuscita, i genitori non si oppongono alla scelta, per quanto estranea al loro ambiente, che lo obbliga a espatriare, in mancanza di una vera e propria scuola artistica sul suolo elvetico.

A Parigi, dove suo padre lo aiuta a stabilirsi nel gennaio 1882, Vallotton si iscrive ai corsi dell’Académie Julian. Vivaio di numerosi talenti all’interno della generazione postimpressionista, questa scuola fondata nel 1873 è ritenuta più aperta agli stranieri e di un accademismo meno ferreo dell’École des Beaux-Arts, benché molti dei suoi docenti spartiscano il loro insegnamento tra le due istituzioni. Se Félix frequenta qualche artista svizzero al di fuori delle ore di lezione in atelier, si lega però più strettamente a due persone: il pittore e incisore francese Charles Maurin e l’incisore di origine polacca Félix Stanislas Jasinski. Maurin è il solo dei suoi amici ad aver esercitato su di lui una vera influenza. Insegna all’Académie Julian quando Vallotton, di nove anni più giovane, vi inizia il suo apprendistato. Affezionatosi al giovane svizzero, diventa il suo sostegno morale e il suo mentore in materia d’arte, di sensibilità politica e sociale, di atteggiamento di fronte alla vita. Quanto alla complicità instaurata con Jasinski, questa emerge dai numerosi ritratti disegnati e dipinti che Vallotton ha dedicato a questo compagno di studi, e dalla loro coabitazione a Ballancourt (Seine-et-Oise) durante l’estate 1892.

I genitori dell’artista (1886); Losanna, Musée Cantonal des Beaux-Arts.


Monsieur Ursenbach (1885); Zurigo, Kunsthaus Zürich.

Ansioso di progredire, Vallotton segue perfino dei corsi serali. Impara le specificità dei materiali, le basi tecniche del disegno e della pittura. Queste gli serviranno lungo tutto il corso della sua vita e possono essere verificate oggi esaminando il buono stato di conservazione delle sue opere. La domenica, Félix visita la capitale o, in caso di pioggia, si immerge nei libri d’arte della biblioteca. La sua predisposizione e l’ardore messo nel compito assegnatogli gli valgono la stima dei suoi professori Jules Lefèbvre e Gustave Boulanger che lo presentano al concorso di ingresso all’École des Beaux-Arts, dove è ammesso il 13 marzo 1883. Vallotton tuttavia decide di proseguire la sua formazione all’Académie Julian. Nel 1884, vi ottiene due premi per dei nudi femminili.

Fino al 1890, il ritratto domina la sua produzione. Da quando si stabilisce a Parigi, passa regolarmente l’estate in Svizzera, approfittando delle vacanze per sezionare col suo sguardo - a proposito del quale è stato detto che era penetrante fino a diventare quasi insostenibile - i membri della sua famiglia e qualche conoscente dei suoi genitori. Tutte fisionomie che restituisce con sobria imparzialità e una resa scrupolosa dei dettagli. Seguendo una vena descrittiva, vicina ai paesaggisti svizzeri romandi del XIX secolo, dipinge anche dei piccoli studi dei dintorni di Losanna e si misura col paesaggio alpino durante un soggiorno a Zermatt.

Gli invii di Vallotton ai Salon parigini, nonché alle esposizioni a cui partecipa in Svizzera, restano tuttavia costituiti esclusivamente da ritratti. Perciò è come ritrattista che comincia a destare attenzione. Nel 1885, la critica saluta la maturità dell’effigie di Monsieur Ursenbach, con la quale Fèlix fa il suo debutto al Salon des artistes français. Questo ritratto di vegliardo inaugura il repertorio cronologico delle sue opere, il Livre de raison che Vallotton terrà fino alla morte. È segno che ormai si ritiene capace di volare con le sue ali. D’altronde rinuncia a rinnovare il suo abbonamento all’Académie Julian, che riprenderà solo brevemente nel 1889.


Autoritratto all'età di vent’anni (1885); Losanna, Musée Cantonal des Beaux-Arts.

Si tratta del primo degli otto autoritratti di Vallotton conosciuti fino a oggi. I molti schizzi conservati in un quaderno attestano come fosse stato a lungo meditato. Il giovane, poco più che adolescente, dall'atteggiamento modesto, si ritrae su un fondo uniforme e senza allusioni alla sua professione di pittore. La testa leggermente china, si scruta nello specchio con lo stesso sguardo penetrante che riserva ai suoi modelli abituali.

La sua reputazione di ritrattista talentuoso e sincero gli vale ben presto delle commissioni, in Svizzera come a Parigi. I magri guadagni che ne ricava non bastano tuttavia ad assicurargli il pane quotidiano da quando il padre ha dovuto rinunciare a destinargli una rendita. Malgrado una situazione materiale precaria, si offre il lusso di una tela estremamente fine per dipingervi se stesso e celebrare così il suo ventesimo compleanno. In questo primo autoritratto si rappresenta con lo stesso intento di oggettività, la stessa cura del dettaglio che dedica ad altri soggetti. Tanto e così bene che questa effigie risponde fedelmente alle testimonianze contemporanee, che concordano sul suo modo di vestire sempre irreprensibile, sul biondo dei suoi capelli, la distesa regolare della fronte, la distanza eccezionale dei suoi occhi, i baffi sottili, lo spessore esiguo delle labbra e la riservatezza che osserva in permanenza, tradita dalla postura leggermente abbassata della testa.

Prese le distanze dall’Académie Julian, Vallotton è ormai libero di superare le acquisizioni scolastiche per forgiare il suo proprio stile sulla scorta dei grandi maestri dei quali esplora i segreti al Louvre, come testimoniano i suoi taccuini e alcuni ritratti dipinti copiando Antonello da Messina, Albrecht Dürer e Frans Hals. Su richiesta di un amatore belga, esegue perfino una copia della Gioconda. Cosa che gli varrà di essere consultato nel 1914 sullo stato dell’originale, ritrovato tre anni dopo il suo furto al Louvre. La lezione tratta da questa attività di copista lo incoraggia ad affermare la sua originalità in un ritratto dell’amico Jasinski, per il quale osa un formato quasi quadrato. Il personaggio è relegato nella metà sinistra, mentre un cilindro sovradimensionato troneggia nella destra. Né lo stile della posa, né il notevole modellato del volto e delle mani, né l’intensità dello sguardo trovano una buona accoglienza da parte di Jules Lefèbvre, la cui ostilità nei confronti di quest’opera provoca la rottura tra l’allievo e il maestro.


Félix Jasinski col cappello in mano (1887); Helsinki, Finnish National Gallery, Ateneum Art Museum.

Malgrado l’affetto di cui lo circondano gli amici Maurin e Jasinski, austerità e solitudine restano il destino del giovane pittore. La sua situazione economica sempre più delicata lo deprime a un punto tale che pensa di emigrare in America, poi offre i suoi servigi come segretario e finisce per accettare un impiego come restauratore presso un noto mercante di quadri. Ma non ci rimane per molto, preferendo ancora accontentarsi dei modici onorari ottenuti con i lavori di riproduzione e ben presto con i commenti critici di esposizioni che a datare dal 1890 redige nell’arco di sette anni per la “Gazette de Lausanne”. Su invito di una cugina, un viaggio attraverso la Germania fino a Venezia, passando da Praga, Vienna e Trieste porta un po’ di sole in questo periodo cupo. Félix ne torna abbagliato, soprattutto dall’Italia, dove si recherà ancora regolarmente più tardi. Pochi mesi prima di questo viaggio ha fatto la conoscenza di Hélène Chatenay, una modesta operaia diventata sua compagna e modella. È lei la giovane costretta a letto in La malata, un interno la cui composizione, la gamma cromatica e la descrizione meticolosa dell’arredo evocano i maestri olandesi del XVII secolo, ritenuti da Vallotton «assoluti e perfetti». Nel momento in cui festeggia il decimo anniversario del suo arrivo a Parigi, ha forse voluto dimostrare la sua competenza e coronare così col tradizionale capolavoro i suoi anni di apprendistato? Mai più in effetti metterà in pratica in così grande scala una meticolosità tanto virtuosa. La malata può dunque essere considerato come il punto di arrivo del suo primo periodo, sapendo che l’artista svizzero si è appena messo su una strada di cui è indubbiamente ancora lontano dall’immaginare le conseguenze.


La malata (1892); Zurigo, Kunsthaus Zürich.

VALLOTTON
VALLOTTON
Marina Ducrey
Félix Vallotton (Losanna 1865 - Parigi 1925) si trasferisce giovanissimo a Parigi dalla natia Svizzera ed è lì che si forma come pittore, nell’ambito postimpressionista, nabis e simbolista. Inizia come incisore e illustratore ma è anche romanziere e poi pittore. Viaggia in Europa, in Russia, negli Stati Uniti. La sua opera presenta tratti di assoluta originalità: una stesura dei colori “à plat”, linee stilizzate per atmosfere indefinite che nascondono una forte vibrazione interiore, con figure di un erotismo gelido e sensuale insieme, paesaggi solitari attraversati dal vento o da raggi di luce, interni chiusi dai colori forti.