ESSERE SE STESSO VERSO
E CONTRO TUTTO

Il trasloco, nella primavera del 1903, in un palazzo del XVI arrondissement di Parigi, fornisce a Vallotton nuovi soggetti di ispirazione.

L

e stanze, vaste e luminose, le scale e i corridoi di comunicazione propongono al pittore altrettanti nuovi motivi di cui si impegna a descrivere la spazialità e l’arredo. Come in Interno con donna in rosso di spalle - dove la moglie dell’artista avanza in una infilata di vestiboli -, questi ritratti d’appartamento, per quanto ancorati alla loro epoca, non sono esenti da referenze cromatiche e formali alla pittura olandese del XVII secolo. All’esterno, il vicino Bois de Boulogne diventa la meta quotidiana di quel gran camminatore che è Vallotton. Fino ai suoi ultimi giorni l’artista percorrerà avanti e indietro i viali, raccogliendo nei suoi taccuini immagini di sottobosco di cui un gran numero delle sue tele immortalano le metamorfosi col mutare delle stagioni.

Nel frattempo, gli articoli favorevoli pubblicati da Thadée Natanson e Julius Meier-Graefe affinché Vallotton sia finalmente riconosciuto in quanto pittore cominciano a dare i loro frutti. Nel 1903, l’artista riporta due successi: l’acquisto da parte dello Stato francese di Interno con donna che si pettina al primo Salon d’Automne e la vendita di quattro opere alla Secessione di Vienna, che gli vale una lettera di felicitazioni firmata dai principali membri del movimento. Se è diventato una figura in vista sulla scena artistica francese, la sua fortuna critica continua però a fluttuare tra una larga adesione e un rifiuto quasi unanime. Dopo la batosta assestata ai Cinque pittori l’anno precedente, i ritratti d’appartamento ricordati più sopra sono piuttosto ben accolti al Salon d’Automne del 1904, anche se gli vengono preferiti quelli che espone Vuillard. A giudicare dalla rarefazione del soggetto e dalla sua sparizione dopo il 1906, Vallotton non è rimasto insensibile a questo paragone a lui sfavorevole, tanto più che all’epoca è in preda al dubbio: ferocemente indipendente, convinto che la sua salvezza risieda nell’originalità, prosegue nella sua ricerca di uno stile suo proprio. Le sue incertezze sono flagranti nel paesaggio, come dimostra la differenza tra i quadri riportati da Arques-la-Bataille nell’estate del 1903, tutti dipinti in atelier a partire da schizzi, e quelli risultanti dai suoi soggiorni a Varengeville e poi in Gruyère (Svizzera) le due estati seguenti. Il formato minore e il carattere più descrittivo di questi ultimi, come pure la mancanza di schizzi che vi si riferiscono denotano un’esecuzione di fronte al motivo. È come dire che la «forma sostanziale» che Vallotton dice di voler estrarre dalla natura si ostinasse a sfuggirgli. Da qui indubbiamente l’esclusione quasi totale dei paesaggi dal suo repertorio fino al 1909.


Donna che si pettina (1900); Parigi, Musée d’Orsay.

Rue de Gruyères (1905).


Interno con donna in rosso di spalle (1903); Zurigo, Kunsthaus Zürich.

In cerca del «significato plastico»
Due avvenimenti intervengono a liberare l’artista dai suoi dubbi e a spingerlo a fare ormai ciò che ritiene giusto, piaccia o non piaccia. Il primo è la mostra di opere di Cézanne al Salon d’Automne del 1904. L’esposizione lo convince del fatto che la sua ammirazione per il maestro di Aix, di cui possiede una piccola tela, non è un buon motivo per seguire l’esempio della coorte dei suoi seguaci. Il secondo è la retrospettiva di Ingres al Salon d’Automne del 1905, dove scoppia a piangere davanti al Bagno turco (1862, Louvre). Vallotton esce rinvigorito dall’esposizione, sapendo che la sua strada è là, nella buona disciplina, nella forma definita da un contorno preciso, tale che la sua intera opera ne proclama la filiazione. Alla fine del 1904, prende a modellare qualche statuetta di donna nuda, quattro delle quali saranno fuse in bronzo. Una di queste dà subito origine a una grande variante dipinta e il suo gesso ornerà più tardi una natura morta. Se Vallotton presta all’eroe del suo romanzo La vie meurtrière (La vita assassina) il piacere sensuale che lui stesso ricava dalla scultura, questa attività resta una peripezia nella sua produzione. Un’occasione che gli ha permesso di riallacciarsi fisicamente con quello che chiama il «significato plastico», specificità assente di proposito dalle sue opere nabi.

Vaso e statuetta (1911).


La bianca e la nera (1913); Berna, Kunstmuseum Bern.



Donna nuda che regge la camicia con entrambe le mani (1904).
Tra i primi grandi nudi dipinti dall'artista nel 1904, il quadro fu firmato e datato senza dubbio per essere inviato al Salon d'automne del 1905. La grazia della posa e la nitidezza dei contorni rimandano a Ingres, il modello per eccellenza di Vallotton; anche se, probabilmente, il maestro di Montauban non ne avrebbe apprezzato la quotidianità un po' grossolana; e la modestia dell'atelier, indicato come tale solo dal bastone poggiapolso appoggiato alla parete.

Rassicurato da questa esperienza, è sulla tela e col pennello che scolpirà d’ora in avanti una moltitudine di nudi femminili. Cercando di essere dentro la continuità immutabile dell’arte e tuttavia testimone del suo tempo, Vallotton non idealizza le sue modelle, ma resta fedele alla loro morfologia. Invece il contesto, la struttura della composizione, la postura, un minimo dettaglio, perfino un colore rimandano in molti casi a un’opera famosa della tradizione vicina o lontana. Ne è un esempio La bianca e la nera, parafrasi dell’Olympia di Manet (1863, Musée d’Orsay) dove la donna di colore passa dal ruolo di serva a quello di conquistatrice. La sottigliezza di queste allusioni vale anche per l’erotismo, ora spesso in filigrana, ma mai ostentato. Modellati con delicatezza, i primi nudi lasciano ancora indovinare delle sfumature di epidermide, poi i contrasti si induriscono poco a poco, al punto di raggiungere più tardi una giustapposizione senza transizione di forme cupe e chiare, lontana eredità delle incisioni su legno.

Il nudo regna peraltro nelle grandi composizioni che a datare dal 1907 Vallotton riserva dapprima ai due Salon - Indépendants e Salon d’Automne - poi solo a quest’ultimo. In queste tele di formato imponente si esprime la volontà di non rompere con la tradizione ma di trovarne delle formulazioni adeguate al contesto contemporaneo. Il Bagno turco, affermazione pubblica della via che il pittore conta ormai di seguire, trasferisce l’atmosfera lasciva dell’harem di Ingres alla pratica moderna dell’igiene e cura del corpo. Nel registro allegorico o mitologico, delle vaste decorazioni, come Il ratto di Europa e più tardi Orfeo fatto a pezzi, sviano l’iconografia tradizionale sul tema ricorrente dei rapporti tra i sessi, di cui l’avvento del femminismo ha fatto un soggetto d’attualità.


Il bagno turco (1907); Ginevra, Musée d’Art et d’Histoire.

Se i nudi e le grandi tele dei Salon predominano nella produzione di Vallotton tra l’inverno 1905-1906 e l’estate 1909, il ritratto resta comunque un genere privilegiato, in particolare sotto forma di una sottocategoria che ben presto prevarrà sulle effigi di personaggi identificati. Si tratta di figure anonime, perlopiù femminili, corredate o meno da accessori, che Vallotton chiama «simil-ritratti». Nel tracciare un panorama suggestivo dell’evoluzione della donna e della moda, essi possono celare l’allusione a qualche fonte illustre. E “flirtano” con il realismo fotografico quando sono elaborati in presenza del modello, cosa che favorisce la tendenza di Vallotton alla verità, in concorrenza permanente col suo gusto della sintesi, della stilizzazione. Questa oscillazione emerge particolarmente nei nudi, tra quelli dipinti direttamente sulla tela di fronte a un modello venuto a posare il tempo necessario al completamento del quadro, e quelli la cui trasposizione in pittura si effettua a partire da un disegno talvolta realizzato ben prima. Ora, è questo secondo metodo di pittura, lontano dal motivo, che Vallotton adotterà per quasi tutti i suoi paesaggi dell’estate 1909.

Grandi decorazioni, nudi, figure e ritratti costituiscono il nucleo essenziale delle opere che Vallotton propone ormai al pubblico delle esposizioni alle quali partecipa sia a Parigi che all’estero. I nudi suscitano l’interesse prioritario degli amatori, ed è proprio l’acquisto di un nudo che segna, nel maggio 1908, l’incontro decisivo di Vallotton con i collezionisti di Winterthur, l’oftalmologo Arthur Hahnloser e sua moglie Hedy Hahnloser-Bühler. Ne segue un’amicizia di diciassette anni, accresciuta da una collaborazione dalle conseguenze capitali per la notorietà del pittore nella Svizzera tedesca e per la collezione Hahnloser, che conterà fino a sessantacinque dipinti di Vallotton tra opere importanti di altri artisti. Dal canto loro, gli Hahnloser trovano in Vallotton un prezioso consigliere per i loro acquisti sul mercato parigino. Il loro impegno in suo favore si orienta su un versante pubblico nel 1909, quando i coniugi caldeggiano e sostengono la presentazione di una mostra personale dell’artista al Künstlerhaus di Zurigo, la sola tenuta in vita dal pittore in una istituzione pubblica. Molto addolorata per il decesso del pittore, l’interlocutrice privilegiata che Vallotton aveva trovato in Hedy Hahnloser gli dedicherà diversi articoli, prima di rendere omaggio all’uomo e all’artista in una monografia apparsa nel 1936.


Il ratto di Europa (1908); Berna, Kunstmuseum Bern.

Orfeo fatto a pezzi (1914); Ginevra, Musée d’Art et d’Histoire.


Il servizio per manicure (1913).


Donna nuda, sfondo arancio (1921).


Nudo biondo (1921); Francoforte sul Meno, Städel Museum.

VALLOTTON
VALLOTTON
Marina Ducrey
Félix Vallotton (Losanna 1865 - Parigi 1925) si trasferisce giovanissimo a Parigi dalla natia Svizzera ed è lì che si forma come pittore, nell’ambito postimpressionista, nabis e simbolista. Inizia come incisore e illustratore ma è anche romanziere e poi pittore. Viaggia in Europa, in Russia, negli Stati Uniti. La sua opera presenta tratti di assoluta originalità: una stesura dei colori “à plat”, linee stilizzate per atmosfere indefinite che nascondono una forte vibrazione interiore, con figure di un erotismo gelido e sensuale insieme, paesaggi solitari attraversati dal vento o da raggi di luce, interni chiusi dai colori forti.