IL NABI
STRANIERO

Nell’autunno del 1891, Vallotton intraprende l’incisione su legno, una svolta determinante per la sua arte, la sua carriera e la sua vita privata.

Si rivela così innovatore in questa tecnica, che grazie a essa viene proiettato molto velocemente sulla ribalta del mondo artistico parigino e poi internazionale. Nella primavera del 1890, l’École des Beaux- Arts ha presentato una grande mostra di incisioni giapponesi che Vallotton non ha certo potuto perdere. Accessibili in Francia fin dalla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento, le stampe giapponesi hanno conquistato molto presto gli artisti: affascinati dallo scoprirvi nuove formule di rappresentazione, essi le collezionano, vi si ispirano e le citano nei loro quadri. Spinto verso la xilografia da Maurin e Jasinski, Vallotton vi attinge a sua volta, poiché la tecnica che adotta non è altro che quella degli artisti giapponesi. Essa consiste nel lavorare con la sgorbia o il coltellino su un legno “di filo”, cioè su delle tavole tagliate nel senso longitudinale dell’albero, a differenza del legno “di testa”, segato nel senso trasversale dell’albero. Il primo, più tenero, esclude le finezze di incisione che permette il secondo, forzando così alla sintesi, al tratto più spontaneo. I suoi primi tentativi sono fin d’ora esemplari del modo personalissimo in cui Vallotton si appropria della tecnica.

Rinunciando a ogni forma di resa dei volumi attraverso le sfumature di tono, si accontenta di lavorare sulla linea, l’arabesco e la giustapposizione senza transizione fra superfici nere e bianche. La novità del suo procedimento è messa in luce nel febbraio 1892, quando compare sulla rivista “L’Art et l’idée” un articolo di Octave Uzanne intitolato La Renaissance de la gravure sur bois. Un néoxylographe: M. Félix Vallotton (La rinascita dell’incisione su legno. Un neo-xilografo: Monsieur Félix Vallotton) e illustrato da molte xilografie. Paradossalmente l’articolo lancia in qualità di incisore il giovane svizzero venuto a Parigi un decennio prima con l’ambizione di diventarvi un pittore famoso. Vallotton però non se ne lamenta e lavora, per sua stessa ammissione, con più piacere di prima.


L’Età della carta, disegno riprodotto sulla copertina di “Le Cri de Paris“, 23 gennaio 1898; Losanna, Fondation Félix Vallotton.

Quando la padronanza del mezzo è raggiunta, le sue tavole si liberano progressivamente di tutto il superfluo, mentre la superficie riservata al nero si accresce. Questo vocabolario, qualificato dal critico d’arte tedesco Julius Meier-Graefe come «l’espressione più piccola, per il contenuto più ampio» trova la sua formulazione estrema nel 1898 in Il denaro, una delle dieci tavole della serie Intimità. La popolarità di queste immagini dal sapore di istantanee dipende in ugual misura dal loro stile lapidario come dall’accessibilità del soggetto: incerti della vita quotidiana urbana, attualità politica e sociale turbolenta della Terza Repubblica, fenomeni legati ai mutamenti della società sono contemplati ora con humour, ora denunciati con una verve rivoltosa. Se infatti vuol essere un osservatore distaccato, Vallotton lascia tuttavia filtrare la sua empatia di uomo di sinistra, di simpatizzante anarchico, dalla parte dei poveri, degli oppressi, delle vittime. All’epoca dell’Affare Dreyfus, per esempio, è con una serie di disegni feroci e stilisticamente vicini alle xilografie che egli milita nel campo dei pro-Dreyfus a rischio di vedersi espellere dalla Francia.



La menzogna


Il trionfo

La ragione probante


La bella spilla

Il denaro


La misura estrema

Alle 5


La salute dell’altro

L’irreparabile


Preparativi per una visita


La Jungfrau (1892).

Almeno all’inizio, Vallotton è così assorbito dalla sua attività di incisore che la pittura procede con fatica. I rari quadri che vedono la luce tra l’ottobre 1891 e il novembre 1892 restano perlopiù immuni dai decisivi cambiamenti stilistici intervenuti nelle xilografie. Il salto è compiuto solo alla fine dell’anno con la realizzazione del Bagno in una sera d’estate, tela cruciale, ultimata nel febbraio 1893, dove per la prima volta il linguaggio sintetico elaborato dal Vallotton autore di xilografie si esprime in pittura.

Sul tema della fontana della giovinezza mutuato da Lucas Cranach, la tradizione del paesaggio idillico si combina con la moda moderna delle scene di balneazione; le allusioni all’arte medievale e sacra - raggi d’oro e postura estatica della figura centrale - fiancheggiano un’idea di base giapponesizzante e riferimenti contemporanei. Al Salon des Indépendants del 1893, il quadro fa parlare di sé i giornali: il pubblico scoppia a ridere, la stampa lo sbeffeggia. Sono rari coloro, come il Doganiere Rousseau, Toulouse-Lautrec e il cineasta Maurice Tourneur, che apprezzano l’originalità di quest’opera dalle conseguenze capitali per la produzione futura di Vallotton.


La carica (1893). Questa xilografia appare esemplare per due ragioni. Il soggetto, la violenza della polizia nei confronti di manifestanti disarmati, è sintomatico delle posizioni libertarie di Vallotton. La composizione, che si svolge dal basso verso l'alto – così come le silhouette piatte e i dettagli minimalisti delle figure – è tipica del linguaggio innovativo del "neoxilografo" Vallotton.

Né la sensazione provocata dal Bagno in una sera d’estate, né le innovazioni accumulate nelle xilografie sfuggono agli artisti della generazione postimpressionista, in particolare ai Nabis (termine ebraico per “profeti”). Questi giovani pittori hanno formato un gruppo nel 1888 dopo aver visto il famoso Talismano (1888, Parigi, Musée d’Orsay), un piccolo dipinto costituito da un assemblaggio di forme coloratissime che Paul Sérusier aveva da poco dipinto a Pont-Aven, seguendo i dettami di Gauguin. Senza rinnegare le loro particolarità, essi hanno aderito alla massima del loro confratello Maurice Denis - «Ricordarsi che un quadro, prima di essere un cavallo di battaglia, una donna nuda o un qualunque aneddoto, è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori assemblati in un certo ordine». I Nabis si considerano i profeti di un’arte liberata dall’imitazione illusionistica della natura, di un’arte interiorizzata che restituisce sotto una forma decorativa appropriata alla superficie piana della tela una visione della realtà filtrata dal pensiero e dalle emozioni. Ora, la realtà dei cittadini che tutti loro sono è anche quella a cui si ispira Vallotton: l’universo quotidiano della città, nell’atmosfera trepidante della strada o in una cornice intima. Nel vederlo condividere le loro aspirazioni estetiche e tematiche, i Nabis invitano Vallotton a unirsi a loro. Tra essi, Ker-Xavier Roussel, Pierre Bonnard e soprattutto Edouard Vuillard formeranno il trio dei suoi amici più stretti. Soprannominato dai suoi nuovi compagni «il nabi straniero », Vallotton conosce allora un periodo particolarmente felice. Dopo dieci anni di solitudine e di miseria, si ritrova affiliato a un gruppo di artisti della sua età, avidi come lui di novità e beneficiario oltretutto di una fama crescente.


Bagno in una sera d'estate (1892-1893); Zurigo, Kunsthaus Zürich.

La sua prima apparizione pubblica al fianco dei Nabis ha luogo nel 1893, alla quarta Esposizione dei pittori impressionisti e simbolisti, nella galleria del mercante d’arte Le Barc de Boutteville. Vallotton vi espone solo delle incisioni. Ma fin dall’anno successivo il peso della pittura cresce nei suoi invii ormai regolari alle esposizioni del gruppo, che si succedono dal 1894 al 1902 dai galleristi favorevoli alle nuove tendenze: Siegfried Bing, Ambroise Vollard, Paul Durand-Ruel, poi i fratelli Bernheim-Jeune. Il rinnovatore dell’incisione su legno continua tuttavia a prevalere sul pittore nei giudizi della stampa. Commercialmente, la situazione non è molto diversa: per molti anni ancora la pittura non rappresenterà che una parte minore delle sue entrate.

Grazie a Vuillard, Vallotton è ingaggiato come illustratore fisso della “Revue blanche”, l’organo per eccellenza dell’avanguardia letteraria e artistica di fine secolo. Il suo primo contributo, una xilografia, vi compare nel febbraio 1894. Seguiranno circa centoventi illustrazioni fino alla scomparsa della rivista, nel 1903. Diventato uno degli illustratori più in vista di Parigi, è tempestato ben presto di richieste dagli editori di periodici e di libri in Francia, in Inghilterra, in Germania e negli Stati Uniti. La sua fama ha già oltrepassato i confini quando viene pubblicata, nel 1898, a Berlino e Parigi, la monografia bilingue che gli viene dedicata da Julius Meier-Graefe. È opportuno sfatare a questo punto una confusione ricorrente dovuta alla parentela stilistica: la maggior parte delle illustrazioni pubblicate sui giornali e sui libri non sono stampe di xilografie, ma riproduzioni fotomeccaniche di disegni a inchiostro di china. È, tra gli altri, il caso delle centinaia di ritratti o «maschere» di celebrità del mondo letterario, artistico e politico, e delle trenta illustrazioni apparse nell’opera di Octave Uzanne Les Rassemblements, benché qualificate come incisioni originali nel frontespizio del libro.

Col successo, la situazione materiale di Vallotton migliora. Può permettersi di accompagnare tre dei suoi colleghi in un viaggio di studio in Olanda e in Belgio, che rafforza la sua ammirazione per i pittori del Nord. I capolavori di Rembrandt lo portano a rivedere la neutralità che si era imposta come ritrattista e molte delle sue successive scene di interni saranno segnate dal ricordo di un Pieter de Hooch o di un Emanuel de Witte. Anche la possibilità di andare ad abitare in un alloggio più accogliente e il lusso di vacanze estive passate lontano dalla sua famiglia gli diventano ben presto accessibili. Il risultato sono alcuni paesaggi allineati ai princìpi nabi, come Chiaro di luna, dove la visione del reale è restituita in modo decorativo e quasi astratto grazie all’associazione di zone à plat e arabeschi.

Nella cerchia dei dirigenti e dei collaboratori della “Revue blanche”, Vallotton avvicina gli esponenti più in vista delle arti e delle lettere. Vi si gusta la sua risposta pronta come pure la sua erudizione, non senza notare che lui distilla questi ingredienti con parsimonia, poiché preferisce tacere piuttosto che parlare senza aver niente da dire. Frequenta i famosi “Martedì” del poeta Stéphane Mallarmé e diventa un amico intimo di Thadée et Misia Natanson. Thadée è il redattore artistico della “Revue blanche” che ha fondato e dirige con i fratelli; Misia, una pianista di origine polacca, ne è la musa. Tra il 1897 e il 1898, Vallotton fa di lei molti ritratti che non hanno più niente in comune col realismo scrupoloso dei suoi ritratti precedenti. Senza tradire la rassomiglianza, la libera interpretazione per à plat decorativi dei tratti, della silhouette e del contesto restituisce nel più puro spirito nabi l’aura di mistero e di fascino che si sprigiona dalla giovane donna.


Chiaro di luna (1894 circa); Parigi, Musée d’Orsay.

Fino al 1895 la pittura resta marginale nella produzione di Vallotton, per mancanza di tempo e forse perché passare da un modo di dipingere in cui si sente un maestro a uno stile sperimentato quasi unicamente in bianco e nero costituisce una sfida. Sfida che accoglie nella primavera del 1893 instaurando un dialogo tematico e formale tra alcuni quadri di piccole dimensioni e incisioni raffiguranti delle bagnanti “en plein air” derivate dal Bagno in una sera d’estate. Il cartone prevale come supporto dei dipinti per le sue proprietà assorbenti, adatte a dare ai colori l’aspetto opaco e saturo privilegiato dai Nabis. Lo strato pittorico è spesso costituito dalla tempera, che ha l’effetto di liberare una luminosità attenuata molto particolare. Alcune opere simili, se non identiche, vedono la luce simultaneamente in bianco e nero e a colori. Tali sono le scene di strade e parchi pubblici dipinte tra il 1895 e il 1897 sulla scia delle illustrazioni per Les Rassemblements. I parallelismi immediati sono minimi trattandosi di dipinti d’interno con donne nude, che predominano nel 1897. Resta il fatto che le figure sprovviste di qualunque modellato, come quelle di Donne nude in un interno, hanno il loro equivalente in alcune xilografie come La pigrizia.

Il progresso simultaneo dell’incisore e del pittore raggiunge il suo apogeo con la realizzazione quasi simultanea delle Intimità, serie di dieci xilografie pubblicate dalla “Revue blanche”, e di una serie di quadri sullo stesso tema: le vicissitudini della vita amorosa. Incisioni e dipinti restituiscono l’atmosfera tesa di un angolo d’appartamento dove un uomo e una donna si ritrovano nelle molteplici situazioni che può generare una relazione di coppia. Configurazione dello spazio e arredo partecipano alla trama, segnata perlopiù dall’ascendente della donna sul suo compagno. La teatralità di queste scenette anticipa qualcosa dei lavori per il teatro scritti più tardi da Vallotton.


Misia alla toletta (1898); Parigi, Musée d’Orsay.


Bagnante rosa (1893); Parigi, Musée d’Orsay.
La pigrizia (1896).

Il Luxembourg (1895).


Donne nude in un interno (1897 circa).

VALLOTTON
VALLOTTON
Marina Ducrey
Félix Vallotton (Losanna 1865 - Parigi 1925) si trasferisce giovanissimo a Parigi dalla natia Svizzera ed è lì che si forma come pittore, nell’ambito postimpressionista, nabis e simbolista. Inizia come incisore e illustratore ma è anche romanziere e poi pittore. Viaggia in Europa, in Russia, negli Stati Uniti. La sua opera presenta tratti di assoluta originalità: una stesura dei colori “à plat”, linee stilizzate per atmosfere indefinite che nascondono una forte vibrazione interiore, con figure di un erotismo gelido e sensuale insieme, paesaggi solitari attraversati dal vento o da raggi di luce, interni chiusi dai colori forti.