Le fisionomie grottesche delle quattro stagioni (Primavera, Estate, Autunno e Inverno) e dei quattro elementi della cosmologia aristotelica (Aria, Fuoco, Terra e Acqua) - ottenute attraverso combinazioni di una straordinaria varietà di forme viventi o di oggetti - sono solo ritratti allegorici? Forse l’artista stesso, durante la traduzione formale di una sua intuizione, ha compreso il senso più interessante della sua visione, nel rapporto tra percezione retinica e interpretazione successiva, tradotto nelle sue nature morte reversibili, che a seconda del verso in cui vengono osservate mutano l’apparenza dell’immagine, passando da un cesto di frutta e verdura alla figura di un volto o viceversa. Ma attraverso questo espediente Arcimboldo mostra il limite della prima apparenza delle cose. Cosa vediamo quando guardiamo la realtà? Cosa è reale e cosa è immaginazione, se in percentuale il mondo è costituito in maggioranza da ciò che l’uomo non riesce a percepire totalmente, ovvero dall’invisibile e dalla materia oscura? Di fronte alle sue opere vediamo una testa umana, una natura morta, entrambe le cose in momenti diversi, significati poetici, filosofici e naturalistici combinati per segnalare le corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo, oppure il senso enigmatico e nascosto delle cose?
La ricerca di Arcimboldo è figlia del suo tempo, e a distanza di tempo si accorda con le ricerche dei surrealisti e con l’ironia di Duchamp, andando oltre le linearità della cronologia, raccordando i temi della cultura magico-cabalistica del XVI secolo e le ricerche concettuali di molti artisti del Novecento e degli anni che verranno in futuro. La traduzione in forma di un’idea muove giocosamente verso la ricerca del significato nascosto delle cose? Lo sguardo sta lì sospeso nell’attimo, tra la omogenia della singola parte e del tutto. E il senso ludico è in grado di muovere altri effetti come in un sortilegio magico, utile a mostrare chiaramente il segreto delle cose. O al contrario le Teste composte e le nature morte reversibili sono specchio delle elucubrazioni alchemico-pittoriche della seconda stagione del manierismo, nella quale la pittura rinascimentale perse progressivamente il suo potere vitale iniziale?
Immaginiamo che una parola sia un frammento e che due parole siano l’inizio di una storia. In questa prospettiva ogni oggetto che compare in una testa composita è un frammento di una storia che sta prendendo corpo, prima nel dipinto e poi nello sguardo del fruitore, per ulteriori spostamenti dal piano bidimensionale a quello della mente, dalla suggestione evocativa alla dinamizzazione del raccordo immaginativo. Le composizioni di Arcimboldo sono un’ulteriore declinazione di ciò che Leonardo aveva definito come esercizio immaginativo? Leonardo, per stimolare quell’immaginazione capace di facilitare il passaggio dalla visione soggettiva a quella oggettiva («individuale perché estetico, ma spersonalizzato»), consigliava ai pittori di fissare i vecchi muri fatti di pietre diverse e pieni di licheni e muschi: questo esercizio avrebbe ispirato la mente a trarre dalle immagini casuali forme da inserire nei soggetti dei quadri.
L’inquietudine trasmessa da Arcimboldo è vicina al gusto del mostruoso(8) mirabile che ritroviamo nelle “Wunderkammern” o nella raccolta scientifica di Ulisse Aldrovandi, suo contemporaneo, dove le forme animali e vegetali sono da studiare e da ammirare allo stesso tempo, con cognizione di causa, ma anche punti di partenza per collegamenti di senso creativo, di inedite connessioni. L’artista visionario parte dalla descrizione veristica, lenticolare e scientifica, dei pesci, degli animali, dei frutti, e la sua ricombinazione mette in mostra la propensione dell’umanista rinascimentale, che riconduce tutto il mondo esistente come fosse costituito da frammenti ricombinabili da un’intelligenza antropocentrica. Questa ricollocazione degli esseri viventi in immagini del mostruoso umanizzato diviene anche segno della misteriosa inclinazione teratologica, che talvolta la natura manifesta? Al di là di tutte le letture esoteriche, che sono state tentate dagli studiosi e dai confronti con altre opere precedenti e posteriori, mi piace pensare queste invenzioni di Arcimboldo come tentativi umani di empatia con tutti gli altri esseri che esistono in questa vita terrena. Come se questi coacervi di esseri viventi potessero innescare nuove forme della percezione, un’estensione della coscienza, mettendo al mondo una sorta di cyborg, atto a connettersi in forma più evoluta con il mistero della Natura.