DA TRAIANOAD ADRIANO

Con gli imperatori spagnoli, Traiano e Adriano, lo Stato romano conosce, come spesso si ripete, il momento di massimo splendore.

Una sorta di “staffetta” fra i due: Traiano, l’“optimus princeps”(come lo definì ufficialmente il senato) che, con le sue guerre quasi incessanti, porta l’impero al massimo dell’espansione (quasi sei milioni di chilometri quadrati); Adriano che, soprattutto con i suoi viaggi e sopralluoghi, procede alla necessaria riorganizzazione. Una schematizzazione non priva di fondamento, che però non deve indurci a un eccesso di semplificazione come il seguente: a Traiano il guerriero tiene dietro, in maniera indolore, Adriano il pacifista. 

Vediamo. È vero che fra Traiano e Adriano, che erano anche legati da rapporti di parentela (Traiano era lo zio), il legame era divenuto particolarmente stretto fin da quando, nell’86 d.C., il primo aveva adottato il secondo, che aveva dieci anni: era morto il padre di cui aveva preso per intero il nome, Publio Elio Adriano. Più tardi, c’era stata l’esperienza sul fronte renano, dove i due si trovavano insieme nel momento in cui il saggio imperatore Nerva, dopo un breve regno (96-98 d.C.), era morto lasciando Traiano suo erede. Inoltre, certamente Traiano stesso apprezzava tutte le doti del suo pupillo: capacità di comando nell’amministrazione e nell’esercito, grande cultura, spiccato interesse per le arti figurative e soprattutto per l’architettura.


l’impero romano nel 125 d.C.


Busto di Adriano, del tipo «Chiaramonti 392» (117-118 d.C.), da Villa Adriana; Roma, Musei capitolini.

Adriano, inoltre (anche se non era necessariamente questo un criterio di orientamento), vantava una notevole presenza fisica, evidenziata nei numerosissimi ritratti. Dei circa centocinquanta a noi noti (per fare qualche confronto, di Traiano ne abbiamo centotrenta, di Settimio Severo centotrentacinque), scegliamone uno in marmo lunense databile alla fase iniziale del principato (117-118 d.C.) rinvenuto a Villa Adriana e conservato nei Musei capitolini, dove è confluito dalla Collezione Albani: il tipo è denominato convenzionalmente dagli specialisti «Chiaramonti 392». 

La torsione della testa verso destra sembra conferire al volto un piglio deciso. Il modellato è piuttosto morbido, i passaggi di piano molto tenui; le rughe sono indicate in forma appena avvertibile; la chioma è a ciocche ricciute pettinate in avanti, che si susseguono in più file e che diventano più consistenti intorno alla fronte e alle tempie, formando plastici boccoli. Il naso è piuttosto robusto; sono resi con cura anche i riccioli della barba, e cogliamo l’occasione e per ricordare che questo è il primo imperatore romano che se la lascia crescere, probabilmente ispirandosi al mondo greco che molto amava. Come si può dire per l’iconografia adrianea nel suo insieme, anche qui l’orientamento stilistico è classicheggiante, e al tempo stesso vi è anche attenzione per le specifiche caratteristiche psicofisiche dell’imperatore.


Statua di Adriano come Pontifex maximus (117-138 d.C.), particolare; Roma, Musei capitolini.
Il “princeps”, con il capo coperto da un lembo della toga (“capite velato”), è qui raffigurato nella sua mansione di leader religioso, che si giustappone a quella di capo militare (detentore dell’ “imperium proconsulare maius”, potremmo dire capo di stato maggiore).

Preso atto delle caratteristiche attitudinali e fisionomiche, ovviamente l’avvicendamento fra i due conterranei-parenti è comunque storicamente importantissimo. Ma c’è qualche aspetto poco chiaro, a partire dal momento stesso della successione. Traiano, che fra 101 e 106 d.C. aveva conosciuto il momento di massima gloria con le due campagne di conquista della Dacia (corrispondente a gran parte dell’attuale Romania), e che successivamente aveva varato numerosi provvedimenti a favore delle classi più deboli (non era stato quindi, tanto per evitare un’altra generalizzazione, solo un imperatore-soldato), si era lanciato però nel 114 in un’improvvida guerra d’Oriente, pensando di risolvere con le armi un problema che altri (per esempio Augusto) avevano affrontato con l’uso della diplomazia: la costante tensione con i Parti. Adriano aveva partecipato a questa spedizione, così come in precedenza a quella dacica. Dopo alcuni successi iniziali che avevano portato alla conquista di nuovi territori (Armenia, Mesopotamia, Assiria), non solo erano subentrate pesanti sconfitte, ma la vita quotidiana dei soldati era divenuta insostenibile in aree così lontane e ostili, e tutto era stato aggravato dalla malattia dell’imperatore, che aveva iniziato il ritorno a Roma, lasciando ad Adriano il comando della postazione di Antiochia in Siria. Nel 117 Traiano morì a Selinunte di Cilicia: la moglie Plotina, che aveva sempre avuto un saldo rapporto con Adriano, diffuse la notizia che quest’ultimo era stato nominato erede sul letto di morte. L’acclamazione delle legioni (si è visto che Adriano, come Traiano stesso, era un ottimo condottiero) suggellò tutto, ma qualche dubbio resta. 
C’è dell’altro. Che vi fosse stata da parte di Traiano grande stima si è detto; come pure non c’è dubbio che, con la costruzione di grandi monumenti, Adriano abbia poi reso un visibile omaggio al suo predecessore. I più importanti fra quelli a noi pervenuti sono alle estremità opposte del Mediterraneo: un Traianeum (luogo di culto di Traiano divinizzato) a Italica, nella Hispania Baetica, dove entrambi gli imperatori erano nati, e un altro a Pergamo, splendida e importantissima città dell’Asia Minore. Anche a Roma inoltre sembra ormai certo, dopo lunghe discussioni, che esistesse un tempio di Traiano e Plotina adiacente al grande Foro progettato da Apollodoro di Damasco, l’ultimo e il più grande dei Fori imperiali: ne costituiva un significativo completamento, in uno spazio che Adriano, come vedremo, valorizzò ulteriormente con l’aggiunta di un Athenaeum. 
Come atto di devozione alla famiglia, fu anche creato un templum Matidiae, con annesse basiliche dedicate alla stessa suocera Matidia e alla già ricordata moglie di Traiano, Plotina. Ma non mancano, neppure troppo dissimulati, elementi di discontinuità, a partire dall’atteggiamento nei confronti delle guerre di conquista: in Oriente furono abbandonati i territori appena acquisiti, sia pure individuando, come per esempio in Armenia, figure di “re-cliente”; in Britannia la costruzione del Vallum, di cui parleremo, rispondeva all’esigenza di consolidare i confini piuttosto che a quella di cercare di espanderli.

Ritratto di Salonina Matidia (120 d.C. circa); Roma, Musei capitolini.


Ritratto di Pompeia Plotina (110-120 d.C.); Roma, Museo nazionale romano, palazzo Massimo alle Terme.

Ma il dubbio continuità-discontinuità, o per meglio dire l’impressione di significative “prese di distanza”, si basa anche su altri elementi. 

Cade in disgrazia Lusio Quieto, principe mauro di una tribù mai sottomessa a Roma, ma alleato di Traiano, con le sue truppe, in occasione delle guerre daciche, e poi fautore della campagna d’Oriente. 

Ecco, quest’ultimo atteggiamento certo non giocava a favore di un mantenimento di buoni rapporti fra Adriano e lo stesso Lusio, anzi svela che i due, almeno sull’Oriente stesso, avevano sviluppato convincimenti nettamente diversi. Per giunta nel 118, mentre l’imperatore era assente da Roma, il prefetto del pretorio Attiano accusò proprio Lusio di una congiura, insieme con altri personaggi (forse fu “gonfiata” ad arte l’esistenza di un dissenso), e lo fece uccidere. Adriano si disse estraneo e rimosse Attiano, ma l’episodio è grave. 

Un altro significativo dissenso si riscontra nel campo dell’architettura e delle arti: è quello con Apollodoro di Damasco, figura dominante dell’età traianea, architetto per l’imperatore di un ponte sul Danubio costruito fra la prima e la seconda campagna dacica (all’ingegneria militare, e in particolare all’arte dell’assedio, aveva dedicato un trattato, che ci è sia pure parzialmente pervenuto), poi autore a Roma, oltre che del progetto del Foro traiano e degli annessi “mercati“, anche di un celebre impianto termale, e infine a Ostia del grandioso impianto portuale nel sito detto oggi Fiumicino. Aveva avviato anche (così è stato autorevolmente sostenuto da Dieter Heilmeyer e da Adriano La Regina) la realizzazione del nuovo Pantheon, a pianta centrale e con cupola emisferica, che come sappiamo e come vedremo sarà completato da Adriano, e questo avrebbe potuto prefigurare una perdurante collaborazione; ma nel 121 l’imperatore, che era anch’egli architetto, iniziò fra Foro romano e Anfiteatro flavio la costruzione del tempio di Venere e Roma, e Apollodoro criticò il progetto.


Apollodoro di Damasco (II secolo d.C.); Monaco di Baviera, Glyptothek.


Apollodoro di Damasco, Macchina d’assedio, in Poliorketika, codice trascritto alla metà dell’XI secolo; Parigi, Bibliothèque Nationale de France, Grec 2442, f. 81v.

Secondo una notizia di Dione Cassio che La Regina bolla come “storiella”, pagò addirittura con la morte questo affronto. Forse in effetti non andò così, ma certo da quel momento del grande siriano non si hanno più notizie. Anche lo storico Svetonio, amico di Plinio il Giovane e perciò in ottimi rapporti con Traiano, nonché membro del “consilium principis”, ebbe problemi: fu congedato nel 122, per motivi non chiari. Fu però forse quello che ne uscì meglio, anzi intensificò la sua attività di scrittore. 

Tutto questo non impedisce di apprezzare la fondamentale attività di riordino dello Stato da parte di questo grande imperatore, con una serie di riforme amministrative, con la redazione di un nuovo codice affidata a un notevole giurista, Salvio Giuliano, e anche con la ripresa della pratica degli “alimenta”che era stata istituita da Traiano a sostegno delle famiglie povere e soprattutto dei fanciulli, ma soprattutto con la capillare opera svolta nelle province, ripetutamente visitate in lunghi viaggi che, complessivamente, tennero il “princeps” lontano da Roma per circa una metà della durata del suo mandato. 

Il Pantheon è la prima grande opera a cui Adriano si dedica a Roma fin dal 118: nello stesso anno cominciano i lavori anche per Villa Adriana. Fuori d’Italia, il primo grande, anzi smisurato cantiere è il Vallo in Britannia. Opere arcinote, che ci inducono a intraprendere un percorso che cercherà, in qualche modo, di tener dietro a quelli dell’imperatore: per comodità espositiva, non li seguiremo passo passo, ma parleremo prima di Roma e dell’Italia, poi delle già ricordate province, nel cui ambito si colloca una vicenda fondamentale della vita di Adriano, il rapporto con Antinoo. Sarà doveroso anche parlare del grande Hadrianeum fatto costruire a Roma da Antonino Pio, i cui resti si vedono nell’attuale piazza di Pietra: con il suo apparato di sculture, costituisce il “bilancio illustrato”, tracciato dal successore, di una straordinaria esperienza di vita e di esercizio del potere.


Esterno del Pantheon (118-125 d.C.); Roma.

L'ETÀ DI ADRIANO
L'ETÀ DI ADRIANO
Sergio Rinaldi Tufi