Giulia Perin


UNA BIOGRAFIA
ATTRAVERSO LE FONTI

«Questa eterna distinzione del disegno e del colore è puerile perché il colore non è che un’espressione della forma […] La mia vita si limita a voler fissare qualcosa di quello che accade, e bene, quell’ambizione è ancora smisurata! […] un atteggiamento di Julie, un sorriso, un fiore, un frutto, un ramo d’albero, una sola di queste cose mi basta»(1).

Presente a sette delle otto mostre degli impressionisti, al centro della vita artistica e culturale parigina degli ultimi tre decenni del XIX secolo, Berthe Morisot, tra i fondatori dell’impressionismo, è senza dubbio una figura fondamentale per lo sviluppo dell’arte moderna.

Protagonista di straordinari ritratti che le dedica Édouard Manet, è amica di Pierre- Auguste Renoir, Claude Monet, Edgar Degas e del poeta Stéphane Mallarmé, che scriverà una memorabile presentazione per la prima mostra postuma consacratale dalla Galleria Durand-Ruel nel 1896.

Come ricorda Paul Valéry nell’introduzione al catalogo della mostra del 1941, la sua singolarità era di: «vivere la sua pittura e di dipingere la sua vita, come se ciò fosse una funzione naturale e necessaria, legata al suo regime vitale».

Ogni fase della vita di Berthe Morisot, dal cambiamento apparentemente più impercettibile al momento più significativo, è rintracciabile nelle sue opere. «Specificamente pittrice, è attraverso la pittura che Berthe Morisot ha detto ciò che aveva da dire. Il suo messaggio è interamente contenuto nella sua opera pittorica e non bisogna cercarlo altrove»(2).

È con queste parole che suo nipote Denis Rouart inizia la prefazione di Correspondance de Berthe Morisot avec sa famille et ses amis, opera dedicata alla raccolta della sua corrispondenza. Attraverso le lettere non si ricostruirà dunque alla perfezione l’immagine della Morisot ma grazie a esse si potranno aggiungere dettagli interessanti all’analisi dell’artista che prima di tutto può realizzarsi attraverso lo studio dei suoi dipinti.

Nata a Bourges il 14 gennaio del 1841, Berthe è la terza figlia di Marie-Joséphine Cornélie Thomas (1819-1876) e di Edme Tiburce Morisot (1806-1874); ha due sorelle maggiori: Yves (1838-1893) ed Edma (1839-1921) e un fratello minore, Tiburce (1848-1930).


La veduta di Tivoli (1863), copia da Corot.

Nel 1851-1852, la famiglia Morisot, dopo aver vissuto in varie città francesi, si trasferisce definitivamente a Parigi. In questo periodo, Berthe e Yves prendono lezioni di musica. Nel 1857 Madame Morisot iscrive le tre figlie a un corso di pittura presso l’artista Geoffroy-Alphonse Chocarne. Yves ben presto abbandona l’arte figurativa mentre Berthe ed Edma proseguono la loro formazione presso l’allievo di Ingres, Joseph Guichard. Riconoscendo il talento delle giovani, l’artista scriverà alla madre: «Con delle nature come quelle delle vostre figlie, non piccoli talenti per diletto, attraverso il mio insegnamento, esse diventeranno delle pittrici. Vi rendete conto di quello che vuol dire? […] questa sarà una rivoluzione, io direi quasi una catastrofe. Siete del tutto sicura di non maledire mai il giorno in cui l’arte […] sarà la sola padrona del destino di due delle vostre figlie?».

Con Guichard, Berthe ed Edma iniziano nel 1858 l’attività di copiste al Louvre, dove incontrano Félix Bracquemond e Henri Fantin-Latour che qualche tempo dopo presenterà loro Édouard Manet. Stanche delle lezioni di Guichard e attratte dallo studio dal vero, passano sotto la guida di Camille Corot. Oltre al lavoro sul motivo, l’insegnamento di Corot include la copia delle sue opere; di questi esercizi ci rimane soltanto La veduta di Tivoli realizzata da Berthe Morisot nel 1863, che Pissarro salva dalla distruzione per mano della pittrice di tutte le sue opere giovanili.

In quello stesso anno il nuovo insegnante delle due sorelle diventa il paesaggista Achille Oudinot.

Nel 1864, Berthe ed Edma sono ammesse per la prima volta al Salon, e l’estate di quell’anno lo passano a Beuzeval in Normandia. Di quei giorni Tiburce ricorda: «A Beuzeval, Berthe si dedica febbrilmente al lavoro; zaino in spalla, picca in mano, carica di tutto l’armamentario del paesaggista, scompariva giornate intere, andando sulla scogliera, passando da un modello ad un altro secondo l’ora e l’inclinazione del sole».


Ritratto della signora Morisot e di sua figlia la signora Pontillon (o La lettura) (1869-1870); Washington, National Gallery of Art.

(1) Berthe Morisot, Carnet noir (1890), Parigi, Musée Marmottan Monet, cit. in Berthe Morisot 1841- 1895, catalogo della mostra (Parigi, Musée Marmottan Monet, 8 marzo - 1° luglio 2012), a cura di M. Mathieu, Parigi 2012, p. 47.

(2) D. Rouart, Correspondance de Berthe Morisot avec sa famille et ses amis, Parigi 1950, p. 11.

Il padre delle ragazze è attento alla loro vocazione artistica e nel 1865 gli fa costruire un atelier nel giardino della loro casa in rue Franklin 16. Le partecipazioni di entrambe al Salon continuano fino al 1868, anno in cui Édouard Manet entra nelle loro vite e, catturato dal fascino di Berthe, non tarda a proporle di posare per una sua opera. È nel Balcone che il viso di Berthe sarà catturato per la prima volta dal pennello del grande maestro.

Nel 1869, la vita della pittrice cambia per sempre, la sorella Edma, compagna di avventure, si sposa e lascia la casa dei genitori.

«Non ti ho mai scritto una volta nella mia vita, mia cara Berthe, non è dunque sconvolgente che abbia una grande tristezza nel momento di separarci per la prima volta […] Sono spesso con te... col pensiero; ti seguo nell’atelier e vorrei fuggire anche solo per un quarto d’ora per respirare l’atmosfera che abbiamo vissuto per anni».

I primi mesi della separazione non sono facili per entrambe, Edma deve adattarsi alla sua nuova vita coniugale senza l’arte e Berthe a dipingere in completa solitudine. «Non piangere per la pittura, non credo che valga la pena di un rimpianto», scrive a Edma appena rientrata a Lorient dal marito, dopo un soggiorno parigino. Alla fine degli anni Sessanta, Berthe ha scelto la pittura come compagna di vita ma ancora non riesce a comprendere se la sua decisione sia giusta o meno. È ansiosa, dubbiosa sulle sue qualità e sola. La madre è accanto a lei ma non cessa di ricordarle quanto sia sbagliato ignorare le abitudini borghesi e non cercare marito. Berthe però è terribilmente moderna, e anche se a volte trema non lascia la sua strada.

Ed ecco che mentre la sorella esce dalla sua vita artistica, più forte e indelebile entra Édouard Manet. Del Balcone visto al Salon, Berthe aveva scritto a Edma: «Sono più strana che brutta; sembra che l’epiteto di femme fatale sia circolato tra i curiosi…». Alle descrizioni del Salon, Edma risponde: «La piccola panoramica che mi dai non manca di un certo merito ai miei occhi; vedo le cose proprio come me le descrivi, probabilmente perché noi abbiamo davvero la stessa maniera di comprendere».


Ritratto della signora Pontillon, nata Edma Morisot (1871); Parigi, Musée d’Orsay.

Negli anni in cui dipingono fianco a fianco, nello stesso studio, Berthe non ritrarrà mai la sorella, ma dal 1869 è una delle sue modelle predilette. Mentre lei si appresta a divenire musa di Manet, Edma prima da sola e poi con i suoi figli sarà protagonista di alcune delle sue più celebri opere. In Veduta del piccolo porto di Lorient Edma è immersa nel paesaggio della città bretone. L’opera, ora alla National Gallery di Washington, segna un’importante maturazione di Berthe come paesaggista. Del 1869-1870 e 1871 sono rispettivamente Ritratto della signora Morisot e di sua figlia la signora Pontillon o La lettura e Ritratto della signora Pontillon, nata Edma Morisot. Nella prima opera, Edma, raffigurata con lo sguardo fisso e pensoso, è con la madre intenta a leggere un libro, nella seconda, immersa in un vaporoso abito nero che evidenzia la sua dolce attesa, è sola, le braccia morbidamente adagiate sul ventre.

In Donna e bambino seduti in un prato e nel celebre La culla, Berthe ritrae la sorella insieme ai bambini. Con i soggetti familiari sperimenta nuove tecniche. All’inizio degli anni Settanta è il momento dell’acquerello, strumento che le dà sicurezza e del quale scrive a Edma: «L’acquerello fa un bellissimo effetto incorniciato; il mercante che è, da quello che sembra, uno dei più celebri di Parigi, mi ha fatto molti complimenti, è stato notato tra tutti gli artisti che erano andati da lui» e ancora, probabilmente riferendosi a Donna e bambino seduti in un prato «sembra che l’acquerello in cui sei in grigio sia il mio capolavoro». L’ingresso di questo delizioso acquerello nella collezione di Degas sarà un altro tassello importante per il raggiungimento della maturità artistica di Berthe.


Donna e bambino seduti in un prato (1871).

Ad aggiungere difficoltà a questa fase transitoria nella vita dell’artista ci sono nel 1870 anche gli eventi dell’assedio di Parigi da parte dei prussiani, durante i quali scrive ad Edma: «Il pensiero di passare una quindicina di giorni lontano da Parigi e vicino a voi mi fa rinascere. Se tu sapessi come è triste Parigi! E come tutto è triste […] sono uscita da questo assedio assolutamente disgustata dai miei simili, anche dai miei più grandi amici. L’egoismo, l’indifferenza, la piccolezza di spirito, ecco cosa si incontra quasi presso ogni persona».

Dopo l’assedio e la Comune socialista del 1871, repressa nel sangue, Parigi cerca di tornare alla normalità e anche la vita della Morisot si ristabilizza. Il 10 luglio del 1872, il mercante d’arte Paul Durand-Ruel (1831-1922) compra un dipinto e tre acquerelli da Berthe Morisot, realizzando il desiderio tante volte espresso dall’artista di far entrare le proprie opere nel mercato dell’arte. Nel 1873, la famiglia Morisot si trasferisce in rue Guichard 7 sempre nel quartiere di Passy, Monsieur Morisot va in pensione e Berthe partecipa per l’ultima volta al Salon. In questo periodo, a causa della lontananza di entrambe le sorelle e dei nipoti, è costretta a servirsi di modelle professioniste.

L’inizio del 1874 è oscurato dalla scomparsa del padre che sopraggiunge il 24 gennaio per una malattia al cuore, della quale soffriva ormai da diversi anni. Nella primavera successiva, Berthe è molto occupata dall’organizzazione insieme a Monet, Pissarro, Sisley, Renoir, Degas, Cézanne e Guillaumin, della prima esposizione degli impressionisti, che ha luogo dal 15 aprile al 15 maggio presso lo studio del fotografo Nadar in boulevard des Capucines 35. Per invitare Berthe a partecipare alla mostra Degas scrive alla madre: «Noi troviamo che il nome e il talento di Mlle Morisot fanno troppo al caso nostro per potere farne a meno».

L’artista che ha ormai rinunciato a partecipare al Salon ufficiale e che espone presso Nadar quattro oli, un pastello e tre acquerelli, è l’unica donna a prendere parte a questa prima esposizione e sarà organizzatrice e finanziatrice di molte delle successive. Questa adesione di Berthe al gruppo degli impressionisti non è condivisa dal vecchio maestro Guichard, che scrive alla madre: «Come pittore, amico e medico, ecco le mie indicazioni: andare al Louvre due volte alla settimana, stazionare davanti Correggio per domandargli perdono di aver voluto far dire all’olio ciò che è esclusivamente di dominio dell’acqua […] bisogna assolutamente che lei rompa con questa nuova scuola detta del futuro».


Giovane donna vicino a una finestra (o Estate) (1878); Montpellier, Musée Fabre.

Se per Guichard la leggerezza del tocco della Morisot che dona anche ai dipinti a olio la fluidità, la freschezza e la trasparenza degli acquerelli è un errore, molti critici coevi la apprezzano. Jean Prouvaire in “Le Rappel” scrive: «Lontano dalle scene, Mlle Berthe Morisot ci conduce nei prati bagnati dalla rugiada marina. Nei suoi acquerelli come nei suoi dipinti ad olio ama i grandi prati, dove si siede, libro alla mano, qualche donna accanto a un bambino. Berthe confronta l’artificio affascinante della Parigina con il fascino della natura».

Secondo un articolo di Etienne Carjat in “Le Patriote français”: «Mlle Morisot si rivela per delle qualità di primo ordine. Il tono, in lei, è di un’accuratezza, delicatezza, finezza squisiti». Solo pochi mesi prima della mostra da Nadar, Berthe scriveva: «Sto leggendo Darwin, è difficilmente un argomento da donna, ancora meno per una donna non sposata; quello che vedo chiaramente è che la mia situazione è inaccettabile da ogni punto di vista».

È consapevole del fatto che superati i trent’anni d’età i benefici dell’essere single sono sempre meno degli svantaggi, ma sa anche che la scelta di essere una pittrice professionista difficilmente può convivere con il ruolo di moglie e madre. La sua certezza di rimanere sola inizia a farsi sempre più debole quando si stringono i rapporti con il fratello di Manet, Eugène. 


Pasie che cuce nel giardino (1881-1882); Pau, Musée des Beaux-Arts.

Di lui, Henri de Régnier, poeta e frequentatore di casa Morisot, scriverà anni dopo nell’articolo Faces et Profils: Berthe Morisot: «Eugène Manet, il marito di Berthe Morisot, non è come il fratello Édouard. È un uomo cortese e colto, ma visibilmente agitato. Come sua moglie, è riservato e volontariamente schivo».

Le famiglie Morisot e Manet passano insieme a Fécamp l’estate del 1874. È durante una sessione di lavoro su delle barche in costruzione che Eugène, anche lui pittore, abbandona le riserve che aveva mantenuto fino ad allora, e fa conoscere più chiaramente a Berthe i sentimenti che prova per lei; i due annunciano poco dopo il loro fidanzamento ai parenti. Non si hanno notizie certe su come Édouard accolga il matrimonio, l’unica certezza è che da questo giorno in poi Berthe Morisot non poserà più per lui. Nella primavera del 1875, i neosposi soggiornano e Gennevilliers e da qui si spostano in Inghilterra per il loro viaggio di nozze.

A Londra, Berthe lavora da una barca sul Tamigi, come testimonia una lettera alla sorella Edma: «È veramente bello questo Tamigi; penso spesso al piacere che avresti a vedere questa foresta di alberi giallastri che lascia intravedere il duomo di Saint-Paul, il tutto immerso in un vapore giallastro».


Eugène Manet e sua figlia nel giardino (1883).

Esattamente un anno dopo si inaugura la seconda esposizione degli impressionisti presso la Galleria Durand-Ruel in rue Le Peletier 11.

«Hanno appena aperto presso Durand- Ruel un’esposizione che dicono essere di pittura. Il passante inoffensivo, attirato dalle bandiere che decorano la facciata, entra e ai suoi occhi spaventati si offre uno spettacolo crudele. Cinque o sei alienati, tra cui una donna». E ancora: «C’è anche una donna nel gruppo, come in tutte le bande famose; si chiama Berthe Morisot ed è curiosa da osservare. In lei, la grazia femminile si mantiene in mezzo agli straripamenti di uno spirito in delirio».

Questo commento feroce per mano di Albert Wolf su “Le Figaro” del 5 aprile non è l’unica critica che ricevono gli impressionisti non accettati nella dimensione ufficiale dell’arte contemporanea.

Gli attacchi ricevuti non bastano comunque a fermare il gruppo di pittori “Indépendants”, come si facevano chiamare, e nella primavera del 1877 ecco la terza esposizione. Anche in quest’occasione Berthe Morisot è presente; Renoir e Caillebotte la invitano così: «Madame, noi ci affrettiamo ad annunciarvi che abbiamo appena affittato un appartamento in rue Le Peletier, per la nostra esposizione. Siamo felici di pensare che voi vorrete prenderne parte come d’abitudine. Vi terremo al corrente di tutto quello che si farà».

Ma ecco che a quasi dieci anni di riconosciuta carriera come pittrice, un nuovo evento aggiunge un’ulteriore sfumatura alla sua vita di donna. Il 14 novembre 1878, nasce a Parigi Eugénie Julie Manet, la prima e unica figlia di Berthe Morisot ed Eugéne Manet, che l’artista descrive con queste parole a Edma: «Mia figlia è una Manet fino alla punta delle unghie; è già come i suoi zii, nulla di me».


La raccolta delle arance (1889); Grasse, Musée d’Art et d’Histoire de Provence.

Se quella del 1879 è l’unica esposizione impressionista a cui Berthe non partecipa, perché ancora debole per il parto, nel 1880 non manca alla quinta mostra del gruppo e tra le opere che espone c’è anche Giovane donna vicino a una finestra o Estate in pendant con Donna con il manicotto o Inverno in relazione alla quale Édouard Manet scrive alla cognata: «Esco dall’esposizione […] state avendo successo e vi spinga sapere che Ephrussi ha comprato Donna con il manicotto». Quest’importante notizia in un periodo in cui gli impressionisti devono ancora affermarsi nel mercato dell’arte si accompagna a critiche positive, prima tra tutte quella dello stesso Charles Ephrussi sulla “Gazette des Beaux-Arts” del 1° maggio: «Berthe Morisot è francese per signorilità, eleganza, allegria e spensieratezza; ha una predilezione per la pittura allegra e turbolenta; sminuzza sulla sua tavolozza petali di fiori per poi disporli sulla tela in pennellate spiritose, soffiate, buttate giù un po’ a caso, che si armonizzano, si combinano e finiscono col produrre un qualcosa di raffinato, intenso ed affascinante».

Philippe Burty scrive su “La République française” del 10 aprile: «Berthe Morisot maneggia la tavolozza e il pennello con una delicatezza veramente sorprendente. Dal diciottesimo secolo, da Fragonard, non si sono mai stesi con un’audacia più spirituale dei toni più chiari».

In questi anni, la famiglia e le persone che fanno parte della sua quotidianità tornano a essere i principali protagonisti delle sue produzioni. Dalla bambinaia Pasie ritratta mentre cuce immersa nel verde del giardino in Pasie che cuce nel giardino datato 1881-1882 al marito e alla figlia immortalati in diverse tele, tra cui Eugène Manet e sua figlia nel giardino del 1883. Questo straordinario dipinto vede le due figure sedute una di fronte all’altra realizzate con tratto rapido e leggero in pieno stile impressionista. Il verde dello sfondo li avvolge e culla, rendendoli parte integrante dell’atmosfera luminosa.


Contadina nizzarda, Célestine (1889); Lione, Musée des Beaux-Arts.

Alla fine dell’inverno del 1881-1882, Berthe, Eugène e Julie, partendo da Nizza, intraprendono un viaggio in Italia, che ha come tappe Genova, Pisa e Firenze. In Toscana la bambina contrae una bronchite che costringe la famiglia a far rientro a Nizza, dove Berthe e Julie rimangono per un lungo periodo, per permettere alla piccola una completa ripresa. Dal breve soggiorno italiano Berthe porta con sé una grande fascinazione per l’arte della penisola, scrive alla sorella Edma: «Questo paese è delizioso […] mi stanco a voler rendere gli aranci, non duri, ma come quelli di Botticelli che ho visto a Firenze ed è un sogno che non realizzerò». In La raccolta delle arance, un pastello del 1889, Sylvie Patry sottolinea: «L’inflessione decorativa, la monumentalità della figura, e la cura data alla costruzione e al disegno evocano Botticelli»(3).Reminiscenze dell’arte italiana quattrocentesca tornano anche nel ritratto del 1889 della Contadina nizzarda, Célestine, oggi conservato a Lione.

Mentre Berthe e Julie passano del tempo a Nizza, Eugène torna a Parigi per selezionare le opere della moglie per la settima esposizione impressionista.

L’11 marzo 1882 le scrive: «Mia cara amica, vi telegrafo per farvi sapere sommariamente quello che ho fatto per la vostra esposizione. Arrivato a Parigi sono andato direttamente alla Salle de Panoramas. Ho trovato tutto il brillante sciame degli Impressionisti al lavoro in un’immensa sala ad appendere tele. Sono stato molto ben accolto da tutti, anche per farvi esporre. Sono partito subito per Bougival […] ho preso le tele di Nizza terminate».

Tra le tele di Nizza citate da Eugène c’è sicuramente Villa tra gli alberi d’arancio, Nizza del 1882 che dopo essere stata presentata alla settima mostra impressionista, sarà esposta in altre due occasioni, all’ottava e ultima mostra del gruppo nel 1886 e nell’unica personale in vita di Berthe nel 1892 alla Galerie Boussod Valadon & Cie. Questa veduta di Nizza sarà poi appesa, poco dopo la morte di Berthe, nella camera di Julie che ricorda nel suo Journal: «Villa tra gli alberi d’arancio fatta nei dintorni di Nizza la prima volta che ci siamo andati: in mezzo agli aranci di un verde ingiallito dove brillano i frutti dorati si innalza una villa rosa con un tetto di tegole che si staglia su un cielo così blu, il cielo del sud» .

Lo studio della natura e dei suoi effetti di luce è approfondito dagli impressionisti in diverse località vicino a Parigi, come Bougival. Qui Berthe si interessa soprattutto alla rappresentazione dei covoni, attraverso la quale può studiare l’equilibrio cromatico tra la massa gialla del fieno e la vegetazione circostante, come emerge da I covoni di fieno a Bougival del 1883 accostabile al Covone a Giverny del 1886 di Claude Monet.


Villa tra gli alberi d’arancio, Nizza (1882).

I covoni di fieno a Bougival (1883); Parigi, Musée Marmottan Monet.
Un gesto di piena adesione all’impressionismo è rappresentato anche dalla scelta di Morisot di una delle tematiche affrontate dal più grande rappresentante del movimento, Claude Monet. La pittrice dedica al tema dei covoni una rilevante parte dei suoi paesaggi, incentrati sull’analisi degli effetti di luce e del rapporto tra i colori. Il soggetto naturalista si piega al dominante interesse per la ricerca pittorica.


Claude Monet, Covone a Giverny (1886); San Pietroburgo, Ermitage.

Autoritratto (1885); Parigi, Musée Marmottan Monet. L’opera esula dal tono domestico diffuso nel descrivere se stessa e i suoi familiari e si pone come immagine diretta a sottolineare l’autorevole figura di una pittrice consapevole della qualità e importanza del suo ruolo. Il desiderio di inserirsi nella storia dell’arte si può ricondurre alla visita alla Galleria dei ritratti degli Uffizi effettuata durante il soggiorno fiorentino del 1881. Come confessa in un carnet, Berthe è divertita dal fatto che l’apparente freddezza di un ritratto ufficiale mascheri, nel suo come in quelli della tradizione, la necessità di rappresentare un ruolo sociale definito.


Berthe Morisot e sua figlia davanti a una finestra (1887).


Il ciliegio (1891); Parigi, Musée Marmottan Monet.

Il 1883 è l’anno della morte di Édouard Manet, «non dimenticherò mai gli antichi giorni di amicizia e di intimità con lui, quando posavo per lui e il suo spirito così affascinante mi teneva sveglia durante quelle lunghe ore», scrive Berthe.

Uno dei fili che la legavano alla sua giovinezza, ai suoi esordi nel mondo dell’arte è scomparso. Berthe perde un amico e maestro. I tempi delle incertezze e delle debolezze sono apparentemente svaniti, Berthe Morisot ora è una pittrice affermata e lo ribadisce con il bellissimo Autoritratto del 1885, conservato al Musée Marmottan Monet di Parigi. Tavolozza alla mano e sguardo fiero e diretto agli occhi del pubblico, Berthe inserisce la sua immagine nella galleria dell’arte contemporanea. In un altro autoritratto (Berthe Morisot e sua figlia davanti a una finestra), l’ultimo, del 1887, è con Julie. Lei seduta su un divano, la giovane figlia dalla sagoma solo abbozzata le è accanto.

È interessante notare che in un bozzetto preparatorio di quest’opera, Berthe è intenta a disegnare sotto lo sguardo di Julie. Attraverso le due varianti dello stesso soggetto, l’artista sembra affermare che il suo ruolo di madre e quello di pittrice sono indissociabili facce della stessa persona.

Spirito irrequieto come la madre, Julie si agita troppo durante le pose per la monumentale opera Il ciliegio, a tal punto da far scegliere a Berthe per la versione definitiva del dipinto una modella professionista, Jeanne Fourmanoir, protagonista di altre opere del periodo come Ragazza con il gatto.


Ragazza con il gatto (1892).

Osservando la brillantezza e la vivacità della composizione non ci si può aspettare che sia stata realizzata nel periodo tra la malattia e la morte di Eugène, attraverso lunghe meditazioni e dopo diversi studi. L’apparente spontaneità è frutto di un’attenta canalizzazione della forza verso l’espressione, al costo di un profondo sforzo perennemente dissimulato.

Il 13 aprile 1893 Eugène muore e Berthe scrive nei suoi diari: «Amo discendere fino in fondo al dolore perché mi sembra che dopo si debba risalire; ma ecco che sono tre notti che passo a piangere. Grazia! grazia! […] il ricordo è vera vita che non si corrompe; quello che è sprofondato, quello che si è cancellato, non valeva la pena di essere vissuto; dunque non è stato».

Ora che Eugène è scomparso, Berthe e Julie sono rimaste sole e il loro legame continua a stringersi. Madre e figlia lasciano la casa di rue de Villejust e si trasferiscono in un appartamento in rue Weber 10. Berthe Morisot continua a esporre e a ospitare il giovedì sera i suoi amici più stretti, come Renoir, che nel 1894 ritrae le due donne in un bellissimo dipinto oggi in collezione privata Ritratto di Berthe Morisot e di sua figlia Julie Manet. Berthe è di profilo, i capelli bianchi, le braccia conserte e l’aria affaticata. Julie accanto a lei, ora è una giovane donna, le guance rosse e gli occhi sognanti.

Questa è una delle ultime immagini delle due donne Morisot Manet insieme, prima della scomparsa di Berthe che avverrà pochi mesi dopo, nel 1895.

Anche se stanca e piegata dai dispiaceri dell’esistenza, la Morisot non abbandona mai il pennello fino agli ultimi giorni.


Pierre-Auguste Renoir, Ritratto di Berthe Morisot e di sua figlia Julie Manet (1894).

Straordinarie le opere tarde, come Albero e lago o Tramonto sul lago del Bois de Boulogne e Sottobosco in autunno, paesaggi in cui il suo stile cambia, abbandona l’impressionismo e si muove verso nuove sperimentazioni, che purtroppo il tempo non le ha dato modo di approfondire. I colori sono intensi, forti e magnetici. La natura sembra contenere un carico emotivo ormai troppo pesante da nascondere. La sua ultima opera è il ritratto di una bambina. In occasione della prima mostra postuma dedicatale nel 1896, a un anno dalla sua morte, Julie dirà di questo dipinto: «La piccola Marcelle, là c’è l’ultimo colpo di pennello che mamma ha donato, ecco la sua ultima opera».

Come sottolineato da Jean-Dominique Rey nel catalogo della mostra del 2002, difficilmente si troverà una definizione migliore per l’opera di Berthe Morisot della frase del poeta Hugo von Hofmannsthal: «La profondità, bisogna nasconderla. Dove? Sulla superficie».

Anche se tutto nelle sue opere sembra infatti immediato e leggero, dietro all’apparente facilità c’è un’arte che si innova, si inventa e si mette continuamente in discussione. Berthe Morisot è «la magicienne»(4) dell’impressionismo senza la quale il più celebre movimento dell’Ottocento non sarebbe stato lo stesso. Jacques-Émile Blanche scriverà in un articolo su “Entretiens politiques et littéraires” del 1892: «Ha saputo mantenere il sapore dell’incompleto e dell’incompiuto in maniera splendida, nelle tele molto spinte, abbandonate per impazienza, riprese con rabbia e sempre fresche come il primo giorno. Nel suo tocco c’è della passione e qualche cosa di affaticato, della foga e come della languida pigrizia: sembra che sia tracciato con una canna immersa nel fascino».


Albero e lago (o Tramonto sul lago del Bois de Boulogne) (1894).

Sottobosco in autunno (1894); Parigi, Musée Marmottan Monet.


La piccola Marcelle (1895); Parigi, Musée Marmottan Monet.

(3) Berthe Morisot 1841-1895, catalogo della mostra (Lille, Palais des Beaux-Arts, 10 marzo - 9 giugno 2002; Martigny, Fondation Pierre Gianadda, 20 giugno - 19 novembre 2002), a cura di S. Patry, H. Wilhelm, S. Patin, Parigi 2002, p. 362.

(4) S. Mallarmé, Préface au catalogue de l’exposition Berthe Morisot en 1896, in Mallarmé-Morisot. Correspondance 1876-1895, Losanna 2009, p. 135.

MORISOT
MORISOT
Maria Teresa Benedetti - Giulia Perin
Berthe Morisot (Bourges 1841 - Parigi 1895) apparteneva a una famiglia agiata: era la pronipote di Fragonard e la sua casa era frequentata da artisti e scrittori. Il suo precoce accostarsi alla pittura quindi fu agevolato da una situazione favorevole, seppure in un mondo che difficilmente era disposto ad aprire a una donna le porte della professione artistica. I maestri non le mancarono, ma Berthe rimase tuttavia colpita soprattutto da Manet, ricambiata. In breve diventò una protagonista delle attività del gruppo impressionista. Ammirata e rispettata realizzò opere dai colori leggeri e luminosi, dal tratto sicuro, che solo i pregiudizi sociali del tempo cercarono di relegare a un contesto “femminile” e domestico.