IL PESO
E LA MISURA

Dalla fine degli anni Ottanta l’universo di Kounellis si formalizza, si struttura come alfabeto linguistico in grado di assumere modalità fondate su alcuni concetti base, dalla funzione pressoché archetipale.

Dalla presentazione di opere di impatto immediato e quasi sorgivo degli anni Sessanta passiamo a sculture e installazioni dove il concetto della misura risulta fondamentale per un lavoro che tende verso una sorta di nuova classicità di ispirazione modernista. Questo appare con evidenza nella sala personale alla 43. Biennale di Venezia nel 1988, fondata sul rispetto di unità di misura nella disposizione delle lastre di metallo, su ognuna delle quali sono appoggiati tre sacchi di carbone, schiacciati da una putrella di ferro. «La caratteristica di questo pezzo è l’altezza, che si riferisce alla collocazione delle immagini del Trecento in Umbria e in Toscana: l’immagine di questa iconoclastia è il senso espositivo di questo lavoro. Bisogna anche dire che la superficie delle lastre è della misura di 200 x 190 cm, che è approssimativamente la misura di un doppio letto», afferma l’artista. La misura del presente e il peso della storia, necessari per costruire il futuro: come diceva il poeta francese Paul Valéry, «l’idea del passato non assume un senso e non costituisce un valore se non per l’uomo che si trovi in sé stesso una passione per l’avvenire».

La storia, per Kounellis, è un deposito di idee e suggestioni, ma anche un continuum che unisce passato e presente, antico e moderno, memoria personale e collettiva, in un’epica individuale che si fa linguaggio.

Nello stesso anno, alla galleria francese Sparta-Petit di Chagny, stende a terra un tappeto di bicchierini di liquore, sul quale appoggiano alcune sagome di ferro dalle forme arrotondate, che ricordano delle isole ma anche le opere dell’artista francese Jean Arp. Nel 1989, all’Espai Poblenou di Barcellona, Kounellis introduce il quarto di bue macellato, un altro elemento importante del suo alfabeto: una sequenza di carni appese a ganci da macellaio davanti a lastre di ferro, illuminate da lampade a petrolio sostenute da tondini di ferro curvati. «La ritmica sospensione dei quarti di bue, alternata a lampade sulle lastre, indentificava il perimetro interno della cavità espositiva, ricavandone e suscitando all’osservazione molteplici risonanze: in primis la disposizione dei “cavalli” (1969) e dei “fuochi” (1969) e poi l’iconografia di Guernica (1937) di Picasso di cui l’installazione Senza titolo (1989) si può considerare implicitamente un omaggio», afferma Bruno Corà. Ma se il riferimento a Picasso è legato alla lampada sospesa, il quarto di bue si inserisce in una linea di smembramenti di carni dipinti su tela che unisce Rembrandt a Soutine.


Senza titolo (1988); Venezia, 43. Biennale di Venezia.

Senza titolo (1989); Barcellona, Fundació Espai Poblenou.


Senza titolo (1989); Barcellona, Fundació Espai Poblenou.

I materiali organici entrano in gioco negli anni Novanta: oltre ai quarti di bue, ripresentati nell’atelier di Balthus a Villa Medici a Roma nel 1998 e nel 2006 al teatro Attis ad Atene e alla Fondazione Pomodoro a Milano, Kounellis inserisce il sangue in uno dei vasi collocati al centro dell’installazione realizzata nel Salone dei Camuccini al Museo di Capodimonte a Napoli nel 1989. Si tratta di uno degli interventi site-specific più poetici e interessanti di questa fase: una serie di orci in terracotta di misure e forme diverse, riempiti di acqua di mare, è posizionata al centro dello spazio, mentre alle pareti sfilano lastre di ferro con sacchi di carbone appesi con ganci da macellaio. «Il fitto tessuto di orci di diversa altezza colore e capacità», racconta Corà, «realizzato dopo giorni e giorni di calibrata giustapposizione, accoglie l’acqua del mare di Napoli come umore unificante e visione apparentemente cheta. Ma uno dei vasi Kounellis l’ha voluto pieno di sangue. Ferita viva e delimitata entro quel “corpo”, taglio netto e raccolto come entro il costato di Cristo». Sempre a Napoli, nel 1996, l’artista firma un altro intervento pubblico significativo, quando sospende al soffitto dei due emicicli coperti di piazza del Plebiscito centottantacinque armadi, mettendo letteralmente la città in piazza. Una ripresa dell’installazione realizzata nel 1993 all’albergo delle Povere a Palermo, ricordata oggi da una installazione permanente della stessa tipologia, in una sala del Museo Riso nel capoluogo siciliano.


Senza titolo (1991); Roma, studio dell’artista.
Un catino pieno d’acqua con due pesci rossi che nuotano insieme alla lama di un coltello, che taglia in due questo ambiente intimo e familiare, quasi a voler indicare che i maggiori pericoli si annidano tra le pareti domestiche. Questo è il messaggio dell’opera Senza titolo, realizzata da Jannis Kounellis nel 1991 e qui fotografata nel suo studio a Roma.


Invito alla mostra della Fundació Espai Poblenou, Barcellona 1989.
All’Espai Poblenou Kounellis presenta per la prima volta alcune opere dove compaiono quarti di buoi macellati, che vengono poi riproposti in altre occasioni. Le carni, appese a ganci in metallo, fanno riferimento ad analoghi soggetti presenti nella pittura antica, quasi un omaggio brutale ai capolavori di Rembrandt e Soutine, oltre che alle bancarelle di macelleria dipinte dai pittori olandesi e fiamminghi tra Cinquecento e Seicento.

KOUNELLIS
KOUNELLIS
Ludovico Pratesi
Jannis Kounellis (Pireo 1936-Roma 2017) si trasferisce dalla Grecia a Roma non ancora ventenne. Alla fine degli anni Sessanta lega il suo lavoro creativo e il suo nome all’Arte povera, con l’uso di materiali presi dalla quotidianità e un coinvolgimento del pubblico in allestimenti sempre più allusivi allo scontro fra vita reale e contesto socioeconomico. Le sue installazioni si concentrano sempre più sulla critica al sistema globale di produzione/fruizione dell'arte; si popolano di animali - vivi, macellati, imbalsamati -, di materiali come pietre, mattoni, ferro, carbone, legno. Partecipa alla Biennale di Venezia per la prima volta nel 1972. A partire dagli anni Ottanta realizzerà grandi installazioni in Messico, in Argentina, a Roma, a Firenze, a Palermo.