UN ARTISTA
MODERNO

Dalla fine degli anni Settanta Kounellis è protagonista di una serie di antologiche in Italia e all’estero, che permettono all’artista di costruire una sorta di mitologia personale, un’epica autobiografica che caratterizza il suo lavoro, spesso in relazione alla storia dell’arte classica.

Nel 1979 vince il V Premio nazionale Pino Pascali ed espone alla Pinacoteca provinciale di Bari, in dialogo con le sculture e i quadri della sezione medievale del museo: si tratta di nove opere, delle quali tre assemblaggi con calchi di gesso di sculture classiche femminili. Per l’occasione Kounellis scrive un breve testo che precisa la sua posizione nel contesto sociale, politico e culturale dell’epoca, che riportiamo integralmente in quanto si tratta di una dichiarazione di poetica.

«In molti anni di lavoro, nessuno ha mai pensato a darmi un premio: in ogni caso non lo avrei mai accettato. Per il premio Pascali, perché questo premio porta il nome di un artista amico con il quale ho condiviso molti sogni sul lavoro e sul futuro di questo paese, ho accettato, malgrado le più che evidenti contraddizioni. In questo particolarmente difficile momento politico, e di conseguenza culturale ed artistico, in un momento dove la critica ufficiale ha sposato le tesi della restaurazione, e fra poco, senza dubbio, dipingerà i nostri lavori con i colori del Novecento, io vorrei riproporre alla vostra attenzione la sensibilità e la problematica internazionalista, critica, immaginaria, visionaria, poetica della mia generazione». Così, in un clima postmoderno dove la citazione diventa la grammatica di una nuova pittura figurativa internazionale, Kounellis reagisce e circoscrive il suo territorio attraverso un richiamo a una classicità poetica, etica e ideale, dove la storia si configura come un deposito di idee per costruire un futuro dove l’artista è, prima di tutto, un intellettuale.

Senza titolo (1991); Berlino, Gropius Bau.


Senza titolo (1993); Venezia, 45. Biennale di Venezia.

«Amo le piramidi d’Egitto, amo Caravaggio, amo Van Gogh, amo il Partenone, amo Rembrandt, amo Kandinskij, amo Klimt, amo Goya, amo l’impeto della Vittoria di Samotracia, amo chiese medievali, amo il personaggio di Ofelia così com’è descritto da Shakespeare e onoro i morti pensando, di me, che sono un artista moderno».

Nel 1980 si apre la grande antologica all’Arc/Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi, dove Kounellis espone quattordici opere, tra sculture e installazioni. I temi dominanti sono il fuoco e i frammenti di gessi, che conferiscono un carattere arcaico e quasi mistico alla mostra, concepita come una sorta di rituale antico. Secondo Thomas McEvilley, il tema del frammento diventa fondamentale nell’opera dell’artista, e fa derivare l’uso di questi materiali da parte di alcuni artisti dell’Arte povera, come Giulio Paolini, all’influenza di Giorgio de Chirico. «Kounellis guarda al frammento in modo diverso», scrive il critico americano, «e non lo vede come oggetto in sé. Ha chiamato il suo lavoro “iconografia dell’iconoclastia”.


Senza titolo (1985); Atene, Galleria Jean Bernier.

È l’iconografia dell’immagine rotta, della totalità perduta, la visione perduta, l’oscurità - ma anche la nuova visione nata nello spazio oscuro, costruita adesso dai fuochi e dai frammenti». Una visione epica che prende forma in una serie di mostre negli anni Ottanta e Novanta, dove i reperti in gesso sono posizionati su mensole di ferro e circondate da perimetri di forme tracciati a carboncino, a volte astratte a volte figurative, come nel caso di un paesaggio urbano di case disegnate sulle pareti della Galleria Christian Stein a Torino nel 1979 con uno stile sobrio, quasi medievale, dominato da una ciminiera che emette del fumo, con due corvi imbalsamati trafitti da frecce.

Un altro tema ricorrente è il viaggio, collegato alla memoria personale dell’artista: «Sono un viaggiatore consumato», si autodefinisce, «conosco le strade tortuose della mia terra europea, i sentieri di montagna e la grande città, con le sue storie da osteria e discussioni appassionate». Oltre alla barca, in questi anni compare sempre più spesso il trenino elettrico, che viene posizionato su una mensola di metallo nel chiostro di Santa Maria Novella a Firenze nel 1977, per poi ricomparire nell’antologica al Museum of Contemporary Art di Chicago nel 1986 e alla Salara di Bologna nel 1995. Il tema del viaggio per mare invece viene sviluppato in diverse direzioni, sia simboliche che fisiche, secondo modalità complesse e articolate. Invitato alla 36. Biennale di Venezia nel 1974, Kounellis allestisce un’opera del 1969 all’interno di un barcone ormeggiato in un canale veneziano, nel 1978 presenta un modellino di nave appoggiato su una pila di sacchi di carbone, davanti a una tela monocroma gialla in occasione della mostra Calzolari, Mario Merz, Kounellis - Per una politica della forma alla Galleria Mario Diacono a Bologna.


Senza titolo (1986); Chicago, Museum of Contemporary Art.
L’antologica di Jannis Kounellis al Museum of Contemporary Art di Chicago nel 1986, curata da Thomas McEvilley, permette al pubblico americano di conoscere e confrontarsi con il lavoro dell’artista, denso di riferimenti alla Rivoluzione industriale da una parte e al mondo classico e mitologico dall’altra. Le grandi installazioni occupano gli spazi del museo con un afflato maestoso e monumentale.

Un frammento di una imbarcazione in legno, posizionato contro una finestra, compare al Gropius-Bau di Berlino nel 1991, mentre ai Bottini dell’olio di Livorno nel 2001 pezzi di imbarcazioni sono incastrati all’interno di vasche metalliche rettangolari riempite d’olio. Nel 1994 allestisce una mostra antologica all’interno del cargo Ionion, ormeggiato al porto del Pireo, quasi a voler festeggiare una sorta di riconciliazione con la madre patria, abbandonata nel lontano 1956.

Il motivo delle vele invece appare per la prima volta nel 1979, in occasione della collettiva Fabro, Kounellis, Merz, Paolini alla Galleria Salvatore Ala di Milano con una struttura che ricorda l’albero di una barca con due vele, davanti a una parete con tracce di fuliggine. Alla 45. Biennale nel 1993 presenta un’installazione composta da nove vele della marina veneziana che occupano una sala del Padiglione Italia, (115) mentre per la mostra Li Marinari alla Galleria Franca Mancini di Pesaro nel 2007 le vele vengono ingabbiate dentro lastroni di ferro.

Un altro tema degli anni Sessanta sviluppato in questi anni è il muro di pietre, che viene declinato negli anni Ottanta anche attraverso altri materiali. Nel 1980 l’artista chiude una porta della Galleria Pieroni a Roma con frammenti di calchi in gesso e, due anni dopo, alla Staatliche Kunsthalle di Baden Baden, la porta viene chiusa da una serie di massi di porfido e alcuni calchi in gesso, mentre nella galleria di Jean Bernier ad Atene nel 1985 Kounellis riveste due pareti della galleria con pietre grezze, in parte dipinte di nero.


Senza titolo (1983); Rimini, Musei comunali.

L’idea della chiusura è un gesto assoluto e categorico, un progetto legato all’idea di ridefinizione dello spazio espositivo attraverso interventi di grandi dimensioni, legati a un’idea di monumentalità arcaica e primitiva basata sull’accumulazione di materiali diversi, «una sorta di depositi di materiali archeologici dove giacciono i frammenti da studiare per cercare una strada verso una nuova misura», suggerisce McEvilley. Tutto comincia dalla parziale chiusura di due grandi finestre del Gropius-Bau di Berlino nel 1982 in occasione della mostra collettiva Zeitgeist. «In quest’opera si possono notare», scrive Rudi Fuchs, «mezzi nascosti tra il legno e le pietre che costituiscono la struttura (una struttura a metà fra l’edificio e la rovina con una strana suggestione di rivisitazione) frammenti dell’iconografia del XX secolo: non soltanto frammenti in gesso ma anche pezzi avvolti in una coperta - e poi un cappello, il ferro (forse quello di Duchamp), una lampada, il mandolino del Cubismo, ed elementi della propria iconografia, come il materasso». Un mondo in frantumi che diventa protagonista assoluto della mostra al Capc di Bordeaux nel 1985, dove l’artista ridisegna lo spazio espositivo attraverso una serie di interventi di accumulazione ottenuti con materiali naturali, dal ferro al legno, dalla pietra al fuoco. «Non è più la mostra in senso ottocentesco, cioè il mostrare non è tutto perché tu prendi lo spazio come cavità teatrale e dunque come discorso […] tutto quello che formalizza un lavoro viene ad essere messo in gioco. C’è la volontà di essere messo in gioco», dichiara l’artista. Il frammento è un dispositivo simbolico, una “pars pro toto”. «Bisogna capire la differenza tra l’integralità e un frammento. Naturalmente il frammento non è una finalità, né può essere estetica. Di fronte alla concretezza della totalità rimane un dramma, un grandissimo dramma, perché si possiede una parte, e non la totalità».

Senza titolo (1985); Bordeaux, CAPC - Musée d’Art Contemporain.
Gli spazi di archeologia industriale dell’Entrepôt Lainé, ex deposito di cibo che ospita la sede del CAPC a Bordeaux, vengono ridisegnati da Jannis Kounellis in occasione della sua antologica nel 1985. L’artista non si limita a collocare le proprie opere nel museo ma ne reinterpreta la stessa struttura, ideale palinsesto di un percorso espositivo totale e immersivo.


Senza titolo (1985); Bordeaux, CAPC - Musée d’Art Contemporain.

KOUNELLIS
KOUNELLIS
Ludovico Pratesi
Jannis Kounellis (Pireo 1936-Roma 2017) si trasferisce dalla Grecia a Roma non ancora ventenne. Alla fine degli anni Sessanta lega il suo lavoro creativo e il suo nome all’Arte povera, con l’uso di materiali presi dalla quotidianità e un coinvolgimento del pubblico in allestimenti sempre più allusivi allo scontro fra vita reale e contesto socioeconomico. Le sue installazioni si concentrano sempre più sulla critica al sistema globale di produzione/fruizione dell'arte; si popolano di animali - vivi, macellati, imbalsamati -, di materiali come pietre, mattoni, ferro, carbone, legno. Partecipa alla Biennale di Venezia per la prima volta nel 1972. A partire dagli anni Ottanta realizzerà grandi installazioni in Messico, in Argentina, a Roma, a Firenze, a Palermo.