LA SOCIETÀDELLO SPETTACOLO

Il testo così intitolato racchiude in sé le istanze e i concetti di ciò che fu l’Internazionale situazionista.

Pubblicato nel 1967 da Guy Debord, esso sarà nell’anno successivo di grande importanza per coloro che ricercavano nei fatti del Sessantotto una connotazione teorica e non solo, in quanto nonostante la cripticità di alcuni punti, questo libro si rivelerà una lucida analisi della società a venire. Debord era una mente acuta, strategica e di grande cultura e in questo libro egli riprende i suoi grandi mentori tra i quali Cervantes, Machiavelli, Lukács e Marx. Egli parte proprio dalla rilettura dei concetti marxiani di merce e di feticismo della merce per la costruzione delle sue tesi. La merce, come asseriva Marx, soddisfa un bisogno e si sviluppa sotto un duplice aspetto: quello qualitativo e quello quantitativo. Il primo rappresenta il valore d’uso della merce e perciò il suo consumo materiale, mentre la quantità il suo valore di scambio che ne rappresenta il potere di circolazione. Nella società capitalistica il valore d’uso perde sempre più importanza rispetto al valore di scambio, e la merce acquisisce così un potere mistico diventando «piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici ». Come nelle antiche popolazioni l’oggetto di culto religioso creato dagli uomini assumeva man mano un carattere indipendente sino ad assurgere a un ruolo di potere a cui dovevano assoggettarsi, così avviene oggi con la merce. A questo punto Debord riprende il concetto di feticcio della merce utilizzato da György Lukács in Storia e coscienza di classe dalla rilettura che egli fece dell’opera di Marx, insieme ai concetti di contemplazione e alienazione.

La contemplazione deriva direttamente dalla divisione del lavoro, che causa la perdita del legame sociale tra gli uomini. Sia in Lukács che in Debord la critica alla contemplazione è fortissima: solo nell’attività l’uomo realizza se stesso, nel caso contrario non può esserci che alienazione. Debord afferma che il «non intervento», la contemplazione, è l’esatto contrario del vivere. «Non può esserci libertà al di fuori dell’attività, e nel quadro dello spettacolo ogni attività è negata». 

Il soggetto maggiormente esposto alla reificazione, concetto che Lukács lega a quello di contemplazione, è il proletariato. La concezione di quest’ultimo, sia per Lukács che per Debord, è diversa da quella György Lukács. Il filosofo marxista ungherese è stato tra i modelli sui quali Guy Debord ha costruito la propria impostazione ideologica di Marx, per il quale questo soggetto non è rivoluzionario in quanto classe sociale maggiormente insoddisfatta, ma perché il posto che occupa nella produzione, il fatto che sia compatto e si concentri in pochi luoghi (le fabbriche), conferisce allo stesso la possibilità di sovvertire il sistema. Invece per Debord il proletariato è intrinsecamente rivoluzionario e, se non lo dimostra, è solo perché non ha ancora acquisito la propria auto-coscienza. 

Nel suo testo Debord sostituisce al concetto di merce quello di spettacolo, che non deve essere solo inteso nel mero senso della produzione televisiva e dei mezzi di comunicazione e di intrattenimento, in quanto in generale esso costituisce «settore economico avanzato che foggia direttamente una moltitudine crescente di oggetti-immagine» ed «è la principale produzione della società attuale».


Guy Debord, La société du spectacle (1967), prima edizione.

titoli di testa del film realizzato dallo stesso Debord nel 1973.


György Lukács. Il filosofo marxista ungherese è stato tra i modelli sui quali Guy Debord ha costruito la propria impostazione ideologica.

Lo spettacolo è tutta la realtà che ci circonda. Per Debord la società dello spettacolo è il sistema capitalistico giunto a un grado di compiutezza e di diffusione totale, un sistema che si è affermato ovunque e che non presenta più alternative possibili; esso si presenta «come un’enorme positività indiscutibile e inaccessibile. Egli non dice niente più di questo, che “ciò che appare è buono, ciò che è buono appare”». 

La vita concreta scompare e, più che essere, tende ad apparire, a smaterializzarsi in una pura rappresentazione di immagini, alienando sempre più le persone che sempre meno comprendono i loro reali desideri e i loro reali bisogni. I falsi bisogni vengono indotti dallo spettacolo attraverso le immagini e il desiderio di soddisfarli trasforma il lavoratore in consumatore. «Lo spettacolo è il momento in cui la merce è pervenuta all’occupazione totale della vita sociale». Così, Debord, riprendendo una frase di Marx dal Capitale e “détournandola”, cioè modificandola, perviene alla seguente definizione: «Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini». 

Il proletariato, per affermarsi, deve unire indissolubilmente l’azione pratica alla teoria, avere una coscienza di classe e avere anche una coscienza storica.


Guy Debord, Dépassement de l’art, directive n.1 (1963);


Réalisation de la philosophie, directive n. 2 (1963).

SITUAZIONISMO
SITUAZIONISMO
Ugo Nespolo
Uno dei movimenti di avanguardia più singolari e multiformi del XX secolo è il situazionismo. Meno noto di altri esperimenti creativi del secondo dopoguerra, è stato tuttavia molto più influente di altri sul pensiero contemporaneo. Nato in Italia, in Liguria, nel 1957, da un gruppo di artisti, pensatori e letterati di estrazione anarco-marxista, durò circa un quindicennio tra fratture e segmentazioni, ed ebbe come componente più nota quella del gruppo Co.Br.A. Tra i suoi più attivi propagandisti il filosofo e sociologo francese Guy Debord, il pittore danese Asger Jorn e Giuseppe “Pinot” Gallizio, langhigiano, inventore della “pittura industriale”, che aprì la strada ai monocromi e ai movimenti di superamento dell’Informale. Il situazionismo non presenta “capolavori”: incide direttamente sulle “situazioni”, appunto, esistenziali, influenzando il Sessantotto e molti degli estremismi del tempo in cerca di nuove strade espressive.