Nel 1958 veniva pubblicato in lingua italiana il Rapport di Debord, testo di fondamentale importanza per capire le intenzioni della nascente organizzazione. Insieme all’elaborazione di un nuovo stile espressivo che riprendeva alcuni concetti hegeliani e degli scritti giovanili di Marx, fondendoli con elementi dadaisti e lettristi (come la rapidissima successione verbale e l’uso “detournato” di parole d’uso comune) inaugurava una fraseologia rivoluzionaria gauchiste (della sinistra francese). Essa sarà poi diffusa largamente in Europa attraverso il bollettino semestrale dell’Internazionale situazionista e toccherà il suo apice negli slogan della lotta studentesca del Sessantotto; ma, come Debord sapeva, sarebbe diventata infine d’uso corrente, e quindi banalizzata, nell’assimilazione da parte della cultura borghese. Debord non proponeva una nuova ideologia, ma quella di abolire, demistificare tutte le ideologie: una prassi rivoluzionaria della «critica alla vita quotidiana» che, riallacciandosi alla sociologia marxista di Lefebvre e alle fonti letterarie surrealiste (Rimbaud, Breton) e utopico-politiche (Fourier, Proudhon) con una ricchezza e complessità di motivi di fondo si dirigeva verso la contestazione globale del capitalismo moderno, privilegiando la realizzazione dell’arte rispetto alle sole istanze del proletariato. Richiamandosi a Lefebvre, Debord sosteneva che il fallimento del movimento surrealista è da ricercarsi nel distacco dalla quotidianità per l’adesione alla forza dell’inconscio; era necessario invece integrare il «meraviglioso» nel quotidiano, immettere l’arte nella vita, non più come attività specialistica e subordinata al concetto di merce.
Secondo Debord, erano emerse nuove forme di autodifesa del capitalismo, tra cui la volontà di generare uno stato di confusione. Così nella cultura i procedimenti rivoluzionari confusionisti trovavano espressione in valori nuovi, e in una produzione anticulturale con i mezzi industriali (romanzo, cinema) che proseguiva e continuava il meccanismo di «rimbecillimento» dei giovani (durissima la critica agli “angry young men” inglesi, ritenuti prodotti di un’epoca di decomposizione dei valori e di cui emergeva solo una triste rassegnazione). La decomposizione ideologica era un tratto caratteristico della crisi della cultura moderna; solo l’attività pubblicitaria e il gioco complesso delle tecniche di vendita, divenuti falsi oggetti di discussione culturale, agivano in questa assenza ideologica.
Per la prima volta dopo il surrealismo, arte e politica venivano affrontate insieme, in un rapporto di dialogo e non di dipendenza l’una dall’altra.
Un’altra delle problematiche attorno a cui verteva il discorso era poi quella del tempo libero. Secondo Debord la classe dominante, nel sistema odierno, riesce a servirsi del tempo libero delle persone (dei lavoratori), grazie allo sviluppo di un vasto settore industriale di sottoprodotti culturali e non solo. Dal concetto di vacanza e di viaggio, ormai svuotati di ogni avventura e di cui rimane un prodotto già impacchettato e pronto all’uso, agli eventi culturali e sociali delle città. Vicino alle tesi di Artaud, Debord evidenziava come le più valide ricerche rivoluzionarie nella cultura abbiano cercato di spezzare l’identificazione psicologica dello spettatore nell’eroe, per trascinare lo spettatore all’intervento attivo, provocando le sue capacità di mutare la vita. La «situazione» è dunque creata per essere vissuta dai suoi partecipanti. Il pubblico deve abbandonare il suo ruolo passivo, fino a divenire parte attiva.
Presto arrivò anche il primo scandalo pubblico, che provocò un’azione giudiziaria contro il situazionista Walter Korun, verificatosi a Bruxelles nell’aprile del 1958 con il lancio dell’Adresse de l’Internationale Situationniste à l’Assemblée Générale de l’Association Internationale des Critiques d’Art. Tutti i critici partecipanti all’assemblea vennero raggiunti, per posta o per telefono, da questo “tract”. L’accusa volta ai critici d’arte era quella di far parte di un sistema stagnante, di difendere i propri ruoli nella cultura in decomposizione senza cercare di porvi rimedio per paura di una sovversione generale. Successivamente a loro si unì il gruppo di artisti tedeschi SPUR. A Monaco vennero lanciati slogan come: «Un fantasma cresce attraverso il mondo: l’Internazionale situazionista. Nella natura non vi è affatto arte! Questi, i fatti fondamentali della tragedia dell’arte del XX secolo: i commercianti d’arte sono ladri; i commercianti di colori, rapinatori; gli storici dell’arte, ingannatori; i compratori di cose d’arte, idioti; i critici d’arte, assassini sessuali; i collezionisti, pervertiti. L’arte è azione; l’arte è morte; l’arte è morta; dunque è uccidere l’arte; l’arte è uccidere; l’arte uccide».
Inoltre, l’unità dell’ambiente che il gruppo poneva come premessa essenziale della nuova concezione di urbanismo, veniva realizzata da Gallizio mediante il rivesti mento di alcune pareti con la pittura a metri, che pendeva, si allungava davanti ai visitatori allucinati, coinvolgendoli in un “environment” ludico dov’era parte integrante l’elemento musicale: dietro a una parte delle tele fissate a una parete, il “tereminofono”, un apparecchio il cui uso musicale era stato riadattato per l’occasione da Walter Olmo e dal professor Giuseppe Cocito di Torino, emetteva suoni di lunghezza d’onda variabili a seconda della diversa distanza dei visitatori. In opposizione a un concetto di arte “alta” e lusso per pochi, i situazionisti cercavano così di avvicinare l’arte al popolo, proponendo una modalità di produzione artistica fortemente influenzata da un istinto creativo quasi primordiale, liberatorio e non specializzato, amatoriale. Solo così l’arte poteva uscire dal suo «castello» e approdare nella vita quotidiana. «In una società senza classi, non vi saranno più pittori, ma situazionisti che tra le altre cose faranno pittura», diceva Debord.
Così nasceva il progetto La caverna dell'antimateria: una delle prime installazioni ambientali composta da grandissime tele, colori e materia pittorica dalla grande violenza visiva, (presentata alla Galleria René Drouin di Parigi nel 1959), in cui tutto ciò tendeva a una dimensione dinamica ed energetica dell’ambiente con uno scambio continuo di sensazioni fisiche e psichiche, grazie alla componente olfattiva (profumi resinosi) e sonora.
SITUAZIONISMO
Ugo Nespolo
Uno dei movimenti di avanguardia più singolari e multiformi del XX secolo è il situazionismo. Meno noto di altri esperimenti creativi del secondo dopoguerra, è stato tuttavia molto più influente di altri sul pensiero contemporaneo. Nato in Italia, in Liguria, nel 1957, da un gruppo di artisti, pensatori e letterati di estrazione anarco-marxista, durò circa un quindicennio tra fratture e segmentazioni, ed ebbe come componente più nota quella del gruppo Co.Br.A. Tra i suoi più attivi propagandisti il filosofo e sociologo francese Guy Debord, il pittore danese Asger Jorn e Giuseppe “Pinot” Gallizio, langhigiano, inventore della “pittura industriale”, che aprì la strada ai monocromi e ai movimenti di superamento dell’Informale. Il situazionismo non presenta “capolavori”: incide direttamente sulle “situazioni”, appunto, esistenziali, influenzando il Sessantotto e molti degli estremismi del tempo in cerca di nuove strade espressive.