I RITRATTI
DELLA FASE FINALE

Ma ammettiamolo, dopo il 1880, nei circa due decenniche gli restano ancora da vivere e operare,

il nostro artista ha bruciato quasi tutte le sue cartucce. Lontane sono le mirabili e innovative sperimentazioni dei due decenni precedenti, egli si adatta più che altro a una pratica insistita del ritratto, facendo posare personaggi illustri e donne legate alla sua vita sentimentale, non di rado anche a scopo di lucro, includendo nell’elenco anche figure femminili incontrate per caso ma ricche di fascino. Passiamo in rassegna alcuni di questi esiti, per i quali comunque egli non rinuncia certo a fare ricorso ai suoi tipici epiteti che per lui sono ormai come un marchio di garanzia, e anche un accesso alla rinomanza finalmente acquista. Ecco per esempio un “arrangement”, termine per lui quasi irrinunciabile, in onore di un critico, Théodore Duret, che sta seguendo l’affermarsi dell’ondata impressionista, verso cui, a dire il vero, Whistler mantenne una certa ritrosia, come di un compagno di via della prima ora, ma poi allontanatosi per battere strade in proprio. Naturalmente non mancano le anch’esse consuete qualifiche cromatiche che ci parlano per quel ritratto, detto in francese, di un “couleur chair”, ma subito compensato, per non cedere troppo alla sensualità, da un austero “noir” (1883- 1884, New York, Metropolitan Museum of Art). In genere, in tutta questa produzione domina l’asse verticale che quasi prende sotto la sua tutela le persone ritratte e le allunga alquanto oltre il naturale, conferendo loro un supplemento di eleganza. Notevole una Armonia in rosso, luce di lampada (1884-1885, Glasgow, Hunterian Art Gallery), in quanto è il ritratto dell’unica donna che James abbia mai sposato, Beatrice Godwin, già vedova dell’architetto Philip Godwin, a cui l’artista aveva chiesto di progettargli una dimora a Londra, il che aveva originato una profonda amicizia tra i due interrotta solo dalla scomparsa di Godwin, inducendo poi Whistler a sposare Beatrice, da lui familiarmente soprannominata Trixie. Quando questa scomparve per grave malattia, lasciò il nostro artista nella tristezza e nello scoramento, anche perché egli non aveva mai voluto avere accanto a sé i due figli naturali avuti dalle relazioni con Louisa Hanson, di breve durata, e poi con un’altra compagna frequentata per più tempo, Maud Franklin. Certo questa sua trascuratezza nei confronti dei figli ci lascia sconcertati, ma a quei tempi era prassi abbastanza comune, in nome di un maschilismo imperante, di cui il primo a darne prova era stato, un secolo prima, perfino il grande filosofo francese Henri Rousseau. Ritornando ai dipinti dedicati a persone famose e no, abbiamo un Arrangiamento in nero e oro, dedicato al conte Robert de Montesquiou (1891-1892, New York, Frick Collection), il favoloso ispiratore del romanzo À rebours di Karl-Joris Huysmans, maestro di eccentricità e raffinatezza, di dandysmo in tutto degno dell’insegnamento baudelairiano. Per essere pari a tanto personaggio il pittore ha spremuto le meningi, ne ha ricavato un allungamento da animale di razza, svettante da un capo all’altro della tela, a occuparne un perfetto asse mediano, col nero riversato a piene mani per dare risalto al volto, nonché alla breve porzione di candido sparato emergente dalla scollatura, e anche a un guanto, unica propaggine del corpo altrimenti inghiottito per intero nelle tenebre.


Armonia in rosso, luce di lampada (1884-1885); Glasgow, University of Glasgow, Hunterian Art Gallery.

Arrangiamento in nero e oro: conte Robert de Montesquiou (1891-1892);
New York, Frick Collection.
Tipico ritratto della fase finale dell’artista, dagli anni Ottanta in poi, in cui posano personaggi maschili e non soltanto figure femminili, ma ne viene confermata la collocazione in verticale che li pone diritti come fusi, mentre un nero corvino ne cinge e sottolinea la forma allungata. Whistler sa di avere pericolosi concorrenti in questo esercizio, come il nostro Boldini e il suo connazionale Sargent.


Arrangiamento in color carnee nero: ritratto
di Théodore Duret(1883-1884);
New York, MetropolitanMuseum of Art.

Va molto più avanti per estenuata eleganza il ritratto dedicato a George W. Vanderbilt (1897-1903, Washington, National Gallery), dove quasi a permetterci di valutare e apprezzare la magrezza spettrale, affusolata, stilizzata del personaggio viene posto nelle sue mani un esile bastone, proteso in orizzontale, a rigare, a graffire come imprimendo una stilettata lo sfondo altrimenti compatto nella sua oscurità.
Ma non sempre l’artista si affidava a una verticalità preziosa, rastremata, come di levriero di razza. Altre volte adottava uno schema quasi opposto, di volto tondeggiante, come avviene per esempio nel Ritratto di Richard A. Canfield (1901-1903, collezione privata), che era un suo amico di dubbia fama, ma detto per contrapposto il Reverendo, per il suo faccione pienotto e pacifico, di persona ben sicura di sé. Vivace anche il ritratto di cui insignisce un suo grande ammiratore e protettore, Charles Freer, cui si deve una prima importante collezione di dipinti del nostro artista, poi confluita nella fondamentale Smithsonian Institution di Washington, dove infatti ancora oggi si può ammirare questo dipinto, animato dall’inclinazione della testa con cui la persona ci si presenta, quasi occupando lo spazio della tela, una volta tanto, non in verticale ma in diagonale, e girandosi verso di noi, quasi rispondendo all’invito di un fotografo che ne voglia richiamare l’attenzione. Ma forse sono i soggetti femminili quelli che hanno ancora il maggior potere di sollecitare l’artista e di stimolarne le residue doti creative. Lo sollecitava la vista di Lillie, una giovane di periferia, che però si segnalava per la capigliatura rossa, quasi un ricordo dell’indimenticabile Jo sempre riaffiorante dal suo passato. In questo caso, oltre alla dominante colorazione fulva, a rendere originale il dipinto contribuisce pure la sua iscrizione entro un formato ovale che le dà forza e concentrazione. Posa per lui anche la sorella della moglie Trixie, il cui volto oblungo emerge dalle tenebre, debolmente rischiarate da una collana di giade che in qualche modo riprendono il motivo delle lucine e fosforescenze con cui Whistler amava contrappuntare i suoi cieli e marine (1896-1900, Glasgow, Hunterian Art Gallery). Diciamolo pure, se la conduzione generale dei vari ritratti talora risulta alquanto sfocata e generica, ne emerge pur sempre qualche dettaglio di moda che lo rianima e lo accende, come succede in una ulteriore apparizione di Lillie, sempre col berretto civettuolo e la diffusa atmosfera fulva a caratterizzarla, ma con l’aggiunta di un Piccolo guanto rosso (1896-1902, Washington, Smithsonian Institution, Freer Gallery of Art). Qualche volta riemergono alcune delle sopite virtù dei tempi migliori, come avviene per Phryne, non per nulla detta la Superba, con tanto di punto esclamativo (1898-1901, Washington, Smithsonian Institution, Freer Gallery of Art) in cui l’artista ritrova l’energia di darci un ritratto in piedi, a tutto campo, per giunta con qualche cenno di ambientazione, quasi interamente scomparsa negli altri dipinti di quella fase estrema.

Henry Wolf, Dopo il Ritratto di Whistler di Richard A. Canfield (metà del XIX - inizio del XX secolo), Washington, Smithsonian Institution, Freer Gallery of Art. Essendo introvabile il ritratto originale eseguito da Whistler di questo personaggio, pubblichiamo una copia di Henry Wolf. Trattandosi di una figura meno nobile rispetto ad altre, in questo caso Whistler rinuncia a una stilizzazione verticale preferendo piuttosto una sorta di arrotondamento, cogliendo anche un leggero strabismo dell’uomo, quasi un anticipo di soluzioni alla Modigliani.

Ritratto di Charles Freer (1902-1903);
Washington, Smithsonian Institution, Freer Gallery of Art.


Il piccolo guanto rosso (1896-1902);
Washington, Smithsonian Institution, Freer Gallery of Art.

Qui anche la figura mitica inalbera una sorta di fulvo berretto frigio. Il suo nudo pallido, quasi lunare si staglia contro un drappo di morbida tinta carnacina. Infatti ad accompagnare questa prova tarda ricompare una stimolante accoppiata di Porpora e oro, mentre alle spalle, col compito di produrre un felice contrasto, si stende un altro drappo a tinte calde. E c’è pure, lateralmente, una quinta, a movimentare la scena, a ritrovare le ingegnose ambientazioni spaziali dei tempi migliori. Forse possiamo prendere congedo dal nostro artista contemplando uno dei suoi migliori ritratti femminili di questa fase ultima. Posa per lui Dorothy Seton, non per nulla definita per antonomasia Una figlia di Eva (1903, Glasgow, University of Glasgow, Hunterian Art Gallery), volto morbido, rotondeggiante, improntato a un soave, accogliente sorriso, ma spicca soprattutto la candida mano che inalbera il solito dettaglio prezioso, tale da attirare su di sé ogni attenzione visiva, un pomo non meglio identificato, che comunque imprime all’intera scena una sintetica misura sferoidale.

Porpora e oro: Phryne, la Superba! (1898-1901); Washington, Smithsonian Institution, Freer Gallery of Art.


Studio in rosa e marrone (1884 circa);
Muskegon (Stati Uniti), Muskegon Museum of Art. È una delle ultime volte in cui l’artista ritorna alla sua sapiente diffusione di note cromatiche che avvolgono e dominano, come una penetrante sinfonia, le figure ritratte. Come per favorire la penetrazione del colore, la presenza umana si raccoglie su ste stessa, si raccorcia offrendosi a mezzo busto, con le braccia intrecciate, quasi nel ricordo dei ritratti sublimi dei nostri artisti rinascimentali.


Dorothy Seton: una figlia di Eva (1903);
Glasgow, University of Glasgow, Hunterian Art Gallery.

WHISTLER
WHISTLER
Renato Barilli
James Abbot McNeill Whistler (Lowell, Mass., 1834 - Londra 1903) è figlio di un ingegnere, pioniere della costruzione di linee ferroviarie negli Stati Uniti che, su richiesta dello zar Nicola I, si trasferisce a San Pietroburgo nel 1842. È quindi in Russia che James, ancora bambino, si appassiona al disegno e alla pittura. Si trasferisce poi a Londra e poi di nuovo negli Stati Uniti. Nel 1855 lascia per sempre la sua patria e sceglie la bohème parigina. Entra nel mondo dei caffè, degli artisti e dei poeti. Il suo carattere difficile, i toni spavaldi, lo stile libero da accademismi e centrato sul colore gli attirano consensi e critiche; si lega a Courbet, Monet, Lautrec, a Oscar Wilde. Sostiene un'arte che vive solo dei propri valori estetici, libera da intenti morali o pedagogici come dall'imitazione della natura. I suoi quadri sono come impressioni musicali, armonie cromatiche, improvvise esplosioni di luce.