Alla metà del decennio, i quadri di Grosz tra Nuova oggettività e verismo - da menzionare anche un ritratto del famoso campione tedesco di pugilato Max Schmeling che ci ricorda le passioni sportive di Grosz (e di quegli anni) - risultano documenti ammirevoli di un’epoca e di una cultura; ma comincia a incepparsi la stupefacente sintonia della sua opera con il ritmo del tempo e di una società sottosopra come la Germania tra impero e repubblica, che tuttavia proprio in anni così difficili conosce uno dei passaggi culturali più effervescenti e propositivi del “secolo breve”: Berlino è al centro del mondo, ci vivono e lavorano Albert Einstein, Bertolt Brecht, Mies van der Rohe… Ma tragici sviluppi incombono.
A chiusura della fase più importante e originale della storia artistica di Grosz c’è un ultimo quadro da commentare, I pilastri della società: una sorta di summa del suo lavoro fin lì, che qualcuno ha voluto interpretare come sinistro presagio del destino della Germania, lucidamente immaginato nel 1926. I bagliori rossastri di un palazzo incendiato sovrastano quattro personificazioni - la Religione, la Guerra, la Stupidità politica, la Comunicazione - portatrici di terrore e disgrazie al mondo intero come i cavalieri dell’Apocalisse di biblica tradizione. Qui Grosz riprende figure già rappresentate in una quantità di varianti proponendone un’ultima sintesi: il militarista con in testa solo pensieri di guerra, un aristocratico con monocolo, sulla guancia le cicatrici di vecchi e stupidi duelli a rasoiate tra studenti e una svastica appuntata sulla cravatta; anche il pasciuto socialista ha la testa vuota, piena soltanto di escrementi, un po’ come il giornalista con un vaso da notte per cappello e un ramo di palma insulsamente pacifista, mentre il prete benedice tutto quello che accade sorridendo vacuo a occhi chiusi. Alle loro spalle l’esercito è già all’opera.
Nella pittura di Grosz è però ormai in atto la conversione a un naturalismo con nuovi soggetti a cominciare dai quadri di figura, che possono rivisitare generi della tradizione pittorica come quello del pittore e la modella, ma essere altresì occasione di amare riflessioni: nel ritratto dell’amico pittore Rudolf Schlichter, inginocchiato davanti a un nudo femminile che appena s’intravede, i simboli di tante comuni battaglie politiche - la falce, il martello, il pugno chiuso - sono diventati oggetti posticci da atelier d’artista, come nell’Ottocento romantico erano armi medievali, chitarre e cappelli piumati. Grosz ricorda il proposito di disegnare «maiali, pecore e vitelli» in occasione di una vacanza in campagna del 1924; e comincia a dipingere paesaggi e nature morte ancorché particolari, come la sognante visione del 1931 Ricordo - Il legame, costruita come un montaggio di brandelli di memoria: un fischietto a forma di gallo, due guanti incrociati e un bacio cinematografico sotto il solito cielo tempestoso.