UN MERCATO
IN TRASFORMAZIONE

Paragonate a quelle prodotte in Italia, le opere d’arte dell’area nordeuropea, nel Quattrocento, hanno misure modeste, si rapportano a una dimensione intima, privata. Laddove in Italia, invece, dominano il discorso pubblico, l’universalità del tema, l’idealizzazione del soggetto, la consapevolezza o il desiderio di rappresentare soggetti dal profondo valore storico e morale.

Un ruolo importante, in questa distinzione, è rappresentato dalla committenza, che nel Nord Europa è individuale e acquista opere destinate alla fruizione personale anche quando l’acquirente è un sovrano o un uomo di corte. Sempre più, però, in quell’area si andava creando un mercato locale con ramificazioni e legami con altre città che specializzava, per così dire, la produzione, faceva crescere il potere delle gilde e affidava alle fiere periodiche, oltre che agli atelier, il compito di vendere le opere. Da un lato questo fenomeno individualizzò sempre più il rapporto artista-fruitore, dall’altro dette inizio a una “democratizzazione” dei contenuti che avrebbe condotto alla ultraspecializzazione dei generi pittorici che vedremo affermarsi soprattutto nei due secoli successivi, con una progressiva laicizzazione dei soggetti trattati. Lo storico dell’arte Otto Pächt a proposito della rivoluzione artistica fiamminga che prende forma tra 1406 e 1420 parla della ricerca di una “nuova bellezza” che spostò l’attenzione degli artisti dal mondo metafisico a quello del visibile(22). E il visibile, al contrario del trascendente, reclama credibilità visiva, mimesi, realismo.

Altro effetto di rilievo è la mobilità crescente di opere e artisti, che di fiera in fiera (oltre che ancora, ovviamente, di corte in corte) portavano con sé idee, tecniche, tematiche, tendenze. Le città fiamminghe pullulavano di botteghe artigiane che producevano di tutto: tappezzerie, quadri, codici miniati, suppellettili. Il viaggio non era solo occasione commerciale ma anche di istruzione e formazione, e l’Italia sarebbe rimasta in cima ai desideri di qualunque artista nordico ancora per molto tempo(23).

Sia in Italia che in Fiandra era evidente da tempo la crescita della classe borghese, vero motore del cambiamento in atto nei gusti e nel mercato dell’arte.

Nel Quattrocento molte città in entrambi i paesi pullulavano di artisti di diversa nazionalità. La mobilità era dovuta a una crescita dell’offerta superiore alla domanda di opere d’arte, di conseguenza alla necessità per gli artisti di trovare mercati e committenze nuove. Le stesse associazioni di categoria - le gilde e le corporazioni in genere - avevano allentato i loro vincoli per favorire la flessibilità in un periodo di trasformazione del mercato(24). Isabella di Castiglia fu la prima ad accordare esenzioni fiscali agli artisti che accettavano di stabilirsi in Spagna: ad accorrere furono soprattutto fiamminghi e tedeschi.

Non bisogna pensare più di tanto, però, che si trattasse di un’emancipazione generale degli artisti dalle dipendenze tradizionali. Il vincolo di fedeltà alla corte, la dipendenza dal sovrano erano forti, e l’uso strumentale dell’artista-domestico era spesso parte delle strategie politiche e delle reti di relazioni tra potentati che attraverso lo scambio di opere e di pittori annodavano fra loro i fili su cui transitava la fortuna stessa di molti artisti. La maggior parte di questi proveniva dalle classi lavoratrici, difficile trovare nella categoria appartenenti a famiglie ricche o aristocratiche. Lavoravano per la corte e per le famiglie aristocratiche a essa legate, contribuendo anche alla realizzazione di spettacoli teatrali, banchetti, rappresentazioni sacre, funerali, cerimonie; altro lavoro veniva da conventi, chiese, ospedali. Iniziò in questo periodo a delinearsi la figura del mercante d’arte, in relazione anche alla crescita di numero e di importanza delle fiere che contribuivano alla diffusione di opere, stili, soggetti. Anversa, nelle Fiandre, diventò presto il maggior mercato nordeuropeo per le opere d’arte. Prese avvio l’esportazione di dipinti; soprattutto, per le Fiandre, verso la Spagna e l’Italia(25).


Jan van Eyck, Trittico Giustiniani (1437); Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister.

Questa tendenza a una dimensione sovranazionale rende oggettivamente illusorio ogni tentativo di ricostruire un quadro dell’arte europea del Quattrocento che sia ispirato a un chiuso nazionalismo identitario. L’aumento della domanda dette vita a un mercato dell’arte parallelo a quello tradizionale che si imperniava sul rapporto committenza-realizzazione. È un mercato in cui l’acquirente, nel momento in cui l’artista concepisce il prodotto, è ignoto. Serve quindi avere un’idea di target, acquisire informazioni circa soggetti, tecniche, stili, dimensioni. E adeguarvi la propria attività. Ciò significa, per l’artista, entrare in un’ottica di investimento in materiali di produzione commisurata alle attese di mercato. Trasformazioni che gradualmente, inevitabilmente contribuiranno a una diversa percezione di se stesso da parte dell’artista, e della figura dell’artista da parte della società. Cambieranno le abitudini, gli stili di vita, l’arredo stesso delle case. E gradualmente questi cambiamenti apriranno la strada a quella che Michael North chiama «secolarizzazione del gusto»(26), al passaggio, nel XVI secolo, da una fruizione devozionale a una “ricreativa” dell’opera d’arte.

Tra i primi a commerciare in opere d’arte, a partire dal secolo XIV, troviamo gli italiani. I soggetti più richiesti erano le crocifissioni, le immagini della Vergine, quella di san Giovanni, destinate alla pietà domestica di abbienti borghesi o patrizi. Francesco Datini, il “mercante di Prato” (1335-1410), fu tra i primi a cogliere l’opportunità di aggiungere questa merce nuova a quelle già più sperimentate nei suoi traffici internazionali.
Un caso particolarmente studiato di evoluzione mercantile associata alle arti è quello di Bruges. La cittadina fiamminga godeva nel Quattrocento di un periodo di particolare benessere. I suoi cittadini a prescindere dall’appartenenza sociale, erano molto interessati agli oggetti d’arte, di ogni genere. Tra i principali acquirenti la corte, i mercanti locali, la folta colonia di commercianti stranieri, ma anche semplici cittadini benestanti. Hans Memling, Hugo van der Goes e Petrus Christus, lo stesso Jan van Eyck avevano tra i loro migliori clienti i mercanti di stoffe italiani, soprattutto fiorentini (Portinari), lucchesi (Arnolfini) e genovesi (Lomellini e Giustiniani), e il luogo deputato per gli acquisti era soprattutto la fiera periodica della cittadina.


Petrus Christus, Ritratti di uomo e donna come donatori (1450-1460 circa); Washington, National Gallery of Art. I donatori in entrambi i casi appartengono alla nobiltà genovese: Giustiniani e Lomellini.

(22) Cfr. O. Pächt, Early Netherlandish Painting from Rogier van der Weyden to Gerard David, New York 1997, p. 9.

(23) Cfr. M. L. Koster, op. cit., p. 81.

(24) Sul tema cfr. T.-H. Borchert, La mobilité des artistes, in Le Siècle de Van Eyck, cit., pp. 33-51.

(25) Cfr. L. Campbell, The Art Market in the Southern Netherlands in the Fifteenth Century, in “The Burlington Magazine”, vol. 118, n. 877, aprile 1976, pp. 188-198; M. North, Les marchés de l’art, in Le Siècle de Van Eyck, cit., pp. 53-63.

(26) M. North, op. cit., p. 57.

PITTURA FIAMMINGA DEL QUATTROCENTO
PITTURA FIAMMINGA DEL QUATTROCENTO
Claudio Pescio
Agli inizi del XV secolo, due diversi 'rinascimenti' prendono forma in Europa: il Rinascimento di riscoperta della classicità, e della scienza prospettica italiano, e il rinnovamento naturalistico fiammingo, fondato sul realismo e sulla luce. Il dossier affronta il periodo di formazione e affermazione di quest'ultimo in area borgognona-franco-fiamminga, dalle prime prove nell'ambito della miniatura fino all'ultimo decennio, attraverso artisti come i Limbourg, Robert Campin, Van Eyck, Van der Weyden, Petrus Christus, Van der Goes, Memling. Si assiste così alla nascita di una pittura ammirata al tempo nell'intero continente, soprattutto in Italia, votata alla riproduzione meticolosa del dato visivo, alla prima definizione dei generi pittorici, al miracolo della luce naturale che dà forma allo spazio.