Per Jan van Eyck è solo penetrando nell’individualità che si accede alla verità e alla percezione della bellezza, intese come tangibili prove di una verità e una bellezza più alte. Una verità e una bellezza destinate a svanire, colte in quel preciso momento e non in un altro. Nell’arte italiana del Rinascimento, invece, la rappresentazione della figura umana mira a restituire l’immagine di quelle che Todorov definisce «categorie illustrate da individui»(21), idealizzazioni fatte percepire attraverso tratti personali, esseri che vanno oltre il tempo e la contingenza per divenire in qualche modo “eterni”.
Forse per questa ragione - per la loro inedita adesione al soggetto senza filtri di sorta - i ritrattisti fiamminghi divennero subito molto popolari proprio fra i mercanti italiani che erano venuti in contatto con loro frequentando le loro città: gli Arnolfini, i Cenami, gli Albergati, i Montefeltro, gli Aragona di Napoli, i Portinari, i Medici.
Nel ritratto queste caratteristiche di estrema fedeltà al soggetto sono ovviamente molto apprezzate. Anche se non mancano differenze tra un artista e l’altro.
Il modello vincente del ritratto fiammingo prevede un allargarsi dell’inquadratura a comprendere le mani (vera fissazione dei pittori nordici): atteggiate, attive, espressive, ma anche a una descrizione aperta al paesaggio del fondo, occasione per funamboliche esibizioni di talento nei dettagli, per contestualizzare il luogo con l’inserimento di monumenti riconoscibili, per dare profondità alla scena.
Nel Ritratto di giovane di Jan van Eyck (1432) conservato alla National Gallery di Londra, il personaggio è di tre quarti, con una mano su un parapetto che collega il suo spazio vitale al nostro e che reca la scritta «Leal sovvenir», “ricordo leale”, o forse “autentico”, come un’orgogliosa rivendicazione della capacità della pittura di restituirci una realtà anche in sua assenza.
Il ritratto medievale prevedeva che il soggetto fosse generalmente di profilo, l’invenzione di Van Eyck è di raffigurare il soggetto di tre quarti o di faccia, in modo da avere più dettagli da valorizzare e da conferire profondità alla scena. Ogni suo volto appare immerso nella luce e indagato con un’attenzione alle caratteristiche epidermiche e anatomiche che potremmo quasi definire diagnostica.