I GRANDI CICLI

Conclusa l’esperienza di assimilazione della cultura italiana, linfa vitale che ha nutrito l’artista per tanti anni,

si accampa nell’opera di Burne-Jones un linguaggio sempre più astratto e simbolico. L’Italia diviene paese della memoria, l’artista non vi tornerà più, nemmeno in occasione dell’esecuzione dei mosaici per la chiesa di San Paolo a Roma. 

Lo stile sapiente, ora sovraccarico, ora rarefatto, si rifugia nell’addensamento o nella sottrazione. Pensiamo al paradigma di grazia e ossessione delle immagini degli angeli rappresentati nei Giorni della Creazione o alla spettralità delle Sirene, che aprono sul vuoto di un catatonico enigma. 

Il ciclo della Rosa selvatica e il ciclo di Perseo - il bosco al di qua del mondo e il pozzo alla fine del mondo - sono entrambi metafore di un nodo di linguaggio, e non solo, sia personale sia storico. 

Il primo è squisito schema ricamato, spesso accordato su note cromatiche alte, dove ogni forma è magicamente ridotta al silenzio e all’inerzia, mentre la sola realtà eretta è quella del principe posto al margine esterno della composizione, come se non fosse in grado di penetrare l’intrico che gli si oppone.


Il destino compiuto (1888), Stoccarda, Staatsgalerie.

Le sirene (1895-1898); Sarasota (Florida), Ringling Museum of Art.


I giorni della Creazione: Il primo giorno (1870-1876); Cambridge (Massachusetts), Harvard Art Museums, Fogg Museum.

Alla richiesta del perché non avesse rappresentato il risveglio della principessa, l’artista risponde: «Voglio fermarmi al sonno di lei e non dire più nulla». Bellissimi nudi disegnati in un taccuino del Fitzwilliam Museum di Cambridge manifestano ancora più chiaramente la volontà di secondare un’idea di ripiegamento, cogliere un senso di sottrazione di vita. Immagine confermata dai cavalieri addormentati. I corpi iterati nelle forme degli scudi sospesi hanno il carattere di una sorta di deposito fossile, un tempo legato alla vita, ora pronto a essere assorbito dal suolo che l’ha generato. 

La figura femminile, simbolo ctonio del sonno invernale della natura è topos adombrato anche da Pater nel Mito di Demetra e Persefone e, come Persefone, la bella addormentata è intrisa di sonno, di morte e di fiori e la sua dolcezza «vuole far sì che gli uomini si innamorino della morte». Tennyson, nel poema Day Dream (1844) ha mirabilmente descritto le immagini di arresto, poi attraverso «un tocco, un bacio» ha risvegliato la fanciulla, condotta dal principe fin oltre la linea dell’orizzonte. Ma nei dipinti di Burne- Jones, mirabili per la grazia di alludere più che raccontare, ella resta per sempre sepolta nella prigione di rovi e di rose. Tutto rimane al suo posto, privo di vita, prima della vita. Parabola che afferma l’esistere di una realtà senza mutamenti e può essere letta anche come barriera posta dall’artista di fronte ai profondi rivolgimenti intervenuti nella sua epoca, pronti a minacciare il destino della sua arte. 

In apparente antitesi all’elaborato arabesco della Rosa selvatica, si accampa il clima freddo del ciclo di Perseo, che narra la vicenda catartica dell’eroe con linguaggio fantasmatico, tornando anche ad adottare spunti di calligrafico classicismo. Nella serie del ciclo conservata a Stoccarda, un accordo cromatico su bassi toni blu-verdastri alona il consumarsi silenzioso dell’antico mito su un pianeta remoto.


Il principe entra nel bosco (1870-1873), dal I ciclo della Rosa selvatica; Porto Rico, Museo de Arte de Ponce.


Il sonno della principessa (La pergola di rose) (1871-1873), dal I ciclo della Rosa selvatica; Porto Rico, Museo de Arte de Ponce.


Le Graie (1878-1892), dal ciclo di Perseo; Stoccarda, Staatsgalerie.

Componenti rituali, esoteriche, ritmano il succedersi delle scene come nell’incontro con Le Graie, chiuse nelle circolarità di un gelido sabba anche se le loro forme si ispirano alle statue di Afrodite e Dione del frontone del Partenone, mentre il nodo centrale della storia - l’uccisione di Medusa - è come evitato fra un prima e un dopo, il riconoscimento della Gorgone e la fuga dell’eroe con il capo di lei. Mondo cerimoniale, che risolve i conflitti in solenni rappresentazioni, mentre la passione è corretta dalla meditazione e gli elementi visionari sono trattenuti sotto una patina di levigata impenetrabilità (Il compimento dell’impresa). Nell’ultima scena, che evoca i giardini oxoniani della giovinezza dell’artista, secondo un ideale di ricchezza necessaria, il compiersi del destino di Perseo e di Andromeda è siglato inevitabilmente dalla contemplazione attraverso lo specchio d’acqua, della morte. 

Come si è notato, l’artista si alimenta attraverso un’esperienza mediata, non aggredisce la realtà, ma rende tangibile un sogno, «riflesso di un riflesso di qualcosa di assolutamente immaginario», secondo una sua affermazione. Non a caso, l’idea del riflesso appare spesso nella sua opera, come se lo specchio o ancora di più l’acqua fossero elementi caratterizzanti un’identità. 

Lo specchio di Venere mostra infatti un gruppo di fanciulle accordate secondo un ritmo armonioso, mentre liberano il sogno in direzione di un’autocontemplazione. E l’acqua risulta esperienza poetica, atta a dare a ogni cosa la coscienza di una sua bellezza. 

Dotato della capacità di individuare quanto gli corrisponde di un clima, di un segno, l’artista istituisce sempre un rapporto appassionato con i suoi modelli: rispecchiarsi nelle testimonianze del passato significa scoprire l’unico valore in cui crede: lo stile. Confida in un paziente colloquio con i grandi maestri, Ruskin lo definisce «maestro della verità spirituale dei miti» e anch’egli propende a ritenere la sua arte depositaria di un indefinito mistero. In realtà, sia che esalti la complessa ricchezza delle superfici, sia che scelga l’elusione e l’allusività del simbolo, egli indica lo spazio nel quale si trova a operare la cultura europea alla fine del secolo.


Il riconoscimento della Gorgone (1876-1878), dal ciclo di Perseo; Stoccarda, Staatsgalerie.


Lo specchio di Venere (1878); Lisbona, Museu Calouste Gulbenkian.

BURNE-JONES
BURNE-JONES
Maria Teresa Benedetti
Un dossier dedicato a Edward Burne-Jones (Birmingham, 1833 - Londra 1898). In sommario: L'iniziazione: suggestioni autoctone e modelli italiani; L'arte italiana: una passione costante; I grandi cicli; Percorsi paralleli: pittura e decorazione; A cimento con l'arte sacra: il mosaico romano. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.