Nella tela della Galleria Borghese aleggia un’atmosfera ispirata al genio poetico di Ludovico Ariosto. Il paesaggio lussureggiante e la città che fa da sfondo alle spalle di Melissa paiono emersi da un sogno del pittore.
Sembra che tutto sia allo stesso tempo impalpabile e trasparente, in una dimensione d’incantamento, in uno stato evocativo, che permane giusto il tempo di un’estemporanea intuizione o visione. Dossi ci rende partecipi della sua notevole componente fantastica, della sua attenzione verso il mondo intellettivo del mito, del mistero, dell’esoterico. La maga prende forma dalla proiezione immaginativa dell’artista, portata dal suono ritmico di un componimento poetico. Il personaggio rappresentato - pur richiamando la figura letteraria di Melissa, l’incantatrice benevola dell’Orlando furioso - diviene il prototipo della donna in grado di trasformare, nel nome del bene, una realtà avversa tramite la conoscenza e l’attuazione di formule magiche. La maga, posta entro un cerchio rituale con scritte enigmatiche, tiene con la mano destra una tavola, sopra la quale appaiono formule e un disegno, ovvero un groviglio di linee rosse che dipartono da un triangolo. Il suo sguardo appare così magicamente raccolto nei pensieri mentre attua gesti da iniziata.
Con la mano sinistra tiene una torcia accesa. La indirizza verso il basso, dove è situata una coppa colma di una sostanza ignea. La maga è seduta e tiene il piede destro sopra un libro chiuso, posto al centro del cerchio; indirizza il suo sguardo in alto, a sinistra, verso piccole figure antropomorfe, legate al tronco di un albero, intorno al quale si è abbarbicata un’edera.
Le figurine avvinte all’albero, il cane e i due uccelli, rimandano alla metamorfosi causata dalla stregoneria della malvagia Alcina, messa in atto a discapito dei cavalieri cristiani e saraceni. Melissa, che nel poema di Ariosto è associata a torce fiammeggianti e a segni astrologici, sta attuando il contro-incantesimo, per riportare i soldati alla loro precedente consistenza.
Tre di loro appaiono già trasformati in uomini e si vedono alle spalle della maga. Tutto allora, come l’atto creativo del pittore, diviene suggestiva metafora universale, pronta a trasmutarsi al tocco prodigioso del pennello, proprio come fosse la torcia magica di Melissa, facendo trionfare i puri mezzi della pittura, per giungere in fine all’opera con un equilibrato senso dei contenuti e delle forme.
Nonostante la bolla di papa Innocenzo VIII contro le streghe emanata nel 1484 e nonostante il Malleus Maleficarum (1486) - ovvero il manuale contro le eresie stregonesche, che per due secoli costituisce la fonte più autorevole per tutte le successive opere di demonologia -, i culti alternativi del popolo rurale e della plebe urbana, le discipline occulte e la magia naturale continuano ad attirare molti seguaci e a dare esca a processi e roghi per almeno duecento anni. Albrecht Dürer realizza opere grafiche che danno voce ai tentativi eversivi della magia e delle credenze occulte nell’ambito tedesco. In Quattro donne nude (1497) l’artista raffigura un quartetto di donne nude, che forma idealmente un cerchio sul pavimento, entro il quale è posto un teschio umano.