Il termine “magi” è una traduzione artificiosa per evitare che potessero essere considerati maghi, nel senso negativo di ciarlatani e imbroglioni, come per esempio Elimas (Atti degli apostoli, 13). Nel Vangelo di Matteo, quindi, i magi sono considerati le prime autorità religiose che riconoscono l’origine divina di Cristo e l’adorano, donando anche la mirra, ovvero una pianta da cui si realizzavano unguenti a scopo medicinale e religioso.
La parola “Christós” è la traduzione greca del termine ebraico “mašíakh” (“unto”), dal quale proviene l’italiano “messia”, e significa colui che è consacrato con un simbolico unguento, un crisma, per essere re, guaritore e messia di origine divina. Nel 1486, durante il suo processo a Roma, Pico della Mirandola sostiene che nulla meglio della magia e della cabala può dimostrare la natura divina di Cristo, che governa gli spiriti astrali e utilizza la parola “mirifica”, per compiere atti miracolosi.
Agli occhi di una società razionalista(9) o di una comunità scientifica le resurrezioni di Lazzaro e del figlio della vedova di Nain non sarebbero lette alla stessa stregua di quelle dei negromanti demonizzati o ridicolizzati dalla Chiesa cattolica? E se gli esponenti della Chiesa vedessero ora guarigioni inspiegabili, e qualcuno che resuscita i morti, trasforma l’acqua in vino e che moltiplica pani e pesci, o qualcun altro che cammina sulle acque o ridona la vista ai ciechi cosa direbbero? Probabilmente asserirebbero che sono impostori, illusionisti, e che tutti i miracoli narrati nella Bibbia sono da interpretare come allegorie, metafore, simboli della fede, segni dell’onnipotenza di Dio. Ma ancora ai nostri tempi continuano a canonizzare nuovi beati e santi, in base ai presunti miracoli che hanno compiuto.
Nel II secolo il filosofo platonico Celso polemizza contro i cristiani nella sua opera Discorso veritiero (Alethès lógos), scritta tra il 177 e il 180. Origene riporta alcuni passaggi nel suo Contra Celsum (248), per confutarli. Celso considera Gesù un mago che ha utilizzato trucchi esoterici e arti occulte(10): «Spinto dalla miseria andò in Egitto a lavorare a mercede, e avendo quindi appreso alcune di quelle discipline occulte per cui gli Egizi son celebri, tornò dai suoi tutto fiero per le arti apprese, e si proclamò da solo Dio a motivo di esse» (Alethès lógos, I, 28). Per i filosofi o per i governanti pagani i miracoli di Gesù e dei santi sono considerati trucchi o atti magici.
Nella Cena in Emmaus (1507), ora alla Gemäldegalerie di Berlino, Marco Marziale pare rimarcare una vocazione del figlio di Dio per le conoscenze occulte e per le forze sovrannaturali: simboli esoterici sono ben visibili sulle ali dei cappelli e sui mantelli di Cristo e dei suoi due discepoli, segni che non sono ancora stati decodificati a livello scientifico. Sono cifre alchemiche criptate, o rimandi all’alfabeto magico della lingua preadamitica, o steganografie (scritture che hanno il compito di nascondere un messaggio a chi non è iniziato, senza destare sospetti)(11) o sigilli per tenere a distanza demoni? Probabilmente sono da leggere, secondo quanto viene detto nel Vangelo di Luca, in funzione del racconto legato alle profezie e alla capacità di comprendere anche gli aspetti della Resurrezione non rivelati palesemente. Nel contesto dell’episodio evangelico i simboli dovrebbero riferirsi a coloro che sanno vedere oltre il velo dell’apparenza. Sono strettamente collegati all’evento miracoloso del ritorno in vita, alla vittoria sulla morte. Forse evocano la ritualistica e i sigilli di Salomone, considerato re mago, in grado di comunicare con Dio e con spiriti illuminati, ottenendo così l’aiuto e la potenza necessari per vincere le forze avverse e i nemici più temibili. Gesù è della sua stirpe, e in grado di compiere miracoli prodigiosi tramite la potenza del Padre. I sigilli sono legati alla cabala ermetica e alla magia enochiana: il loro utilizzo evoca spiriti, angeli, forze sovrannaturali. La tradizione narra che profeti e uomini che sapevano andare oltre il loro tempo hanno scritto i grimori (libri di magia), partendo dalla magia salomonica, per accedere a una sapienza in grado di comprendere i misteri della natura e dei cieli. Nel quadro, il committente regge una bacchetta e, visti il contesto e il clima di natura magica, il suo rimarcare con l’indigitazione il valore simbolico dell’oggetto fa pensare che voglia rimandare alla “verga dei prodigi”, della stessa natura di quella utilizzata da Mosè e Aronne per compiere miracoli.