INTRODUZIONE

Impressionismo, un bene comune di tutto l'Occidente

Sono molto lieto di potermi occupare a fondo del pittore statunitense Winslow Homer (1836-1910), da me molto amato, fino a enunciare sul suo conto un paradosso di cui mi assumo tutta la responsabilità. Il paradosso è che forse in lui troviamo uno dei migliori e più poderosi esponenti dell’impressionismo, se di questo movimento non si fa un riservato dominio della sola Francia, ma lo si estende a tutto l’Occidente, compresi pure alcuni paesi transoceanici. È questa una tesi su cui mi batto da tempo, nel nome di un’Europa che magari stenta a trovare davvero un’unità politico-economica, ma che da secoli ne possiede una culturale, estesa a tutte le aree geografiche in cui sia giunta la sua influenza. Se consideriamo le tendenze generali che si sono succedute nel corso dei secoli, Romanico, Gotico, Rinascimento, Barocco, su su fino appunto all’impressionismo, e anche oltre, magari di volta in volta c’è stato un paese di punta, ma subito seguito dagli altri, con estensioni che non sono affatto trascurabili. E dunque, togliamoci dalla testa che l’impressionismo autentico, con i crismi legittimi, sia stato solo quello partorito sulla Senna, anche se beninteso a questo e ai suoi vari protagonisti non si può negare un diritto di precedenza, ma senza trascurare tanti altri validi partner, tra cui per esempio anche i nostri macchiaioli. Nel 2013 il parigino Musée d’Orsay, e dunque il tempio dell’impressionismo più consacrato, ha tenuto una mostra coraggiosa dedicata proprio ai nostri artisti toscani, accompagnandola però con un punto interrogativo, chiedendosi cioè se per essi sia possibile parlare di “Impressionnistes Italiens”. Io nell’occasione ho tenuto una conferenza invitando a togliere il punto interrogativo e ad ammettere senz’altro anche i nostri esponenti nella casa comune. In quel mio intervento ho sollevato alcuni quesiti, che valgono da premessa anche nel caso di Homer. Nel corso dei tempi, e soprattutto negli anni recenti, è avvenuto un processo di concentrazione di tutto quel grande fenomeno attorno a Claude Monet, fino a creare, a mio avviso, una deformazione denominabile come “monettismo”, facendo dell’autore delle Ninfee un paradigma ottimale, con alcune conseguenze ritenute inderogabili: che cioè quella “forma mentis” implicasse una emarginazione della figura umana e delle sue varie attività lavorative, compresi pure i momenti di svago e del “tempo libero”. Tutto ciò, in realtà, risponde a una incertezza, o scarsa vocazione da parte di Monet nell’affrontare proprio la figura umana, magari ancora presente, ai suoi inizi, quando su di lui agiva l’influsso del suo quasi omonimo, ma ben diverso, Edouard Manet, poi via via accantonata. Però, facendo un passo indietro, dove collochiamo proprio Manet, e il caso ugualmente forte di Edgar Degas? Sono anche loro impressionisti, ma col punto interrogativo, o viceversa bisogna ammetterli a pieno titolo in quella fortunata compagine? Il che però ci obbliga a raddrizzare il giudizio, quell’“ismo” non porta necessariamente alla svalutazione della figura umana, ma anzi ne celebra l’epica, pur sempre fusa in un contesto ambientale- atmosferico. E al loro seguito, anzi in anticipo per i parecchi anni di precedenza nelle date di nascita, entrano anche i nostri Fattori e Lega e Banti e Borrani.

Si potrebbe dire che è esistita una barriera cronologica, posta attorno al 1840, per cui chi è nato prima risulta ancora costretto a trascinarsi dietro la presenza della sagoma umana, da cui i successori si liberano via via, procedendo liberi e sciolti verso la totale liquefazione propria del monettismo. Ma ho esaminato in uno studio il caso di Gustave Caillebotte(1), che pur essendo nato nel 1848, oltre quella soglia, segue la lezione di Degas-Manet, e non certo del pur amato e assiduamente frequentato Monet.

Aria fresca (1878 circa); Williamstown (Massachusetts), Sterling and Francine Clark Art Institute.

HOMER E GLI IMPRESSIONISTI AMERICANI
HOMER E GLI IMPRESSIONISTI AMERICANI
Renato Barilli
Un dossier dedicato a Winslow Homer (Boston, 1836 - Prout's Neck, 1910) e gli impressionisti americani. In sommario: Impressionismo, un bene comune di tutto l'Occidente; Esordio nell'illustrazione e rapporto con l'arte giapponese; Grande pittore di guerra come i macchiaioli; Le scene tranquille del tempo libero; Un'epica dei campi; Finalmente la scoperta del mare; Altri impressionisti nordamericani autoctoni: Eakins, Merritt Chase. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.