LA SVOLTA STILISTICA

Nel 1954, l’anno di Camera d’albergo, Freud rappresenta la Gran Bretagna, con Francis Bacon e Ben Nicholson, alla 27. Biennale d’arte di Venezia.

Nella rivista “Encounter” viene pubblicato il suo Some Thoughts on Painting. La pittura di Freud costituisce già uno degli episodi più rilevanti dell’arte europea del secondo dopoguerra e, nel decennio successivo, manterrà quella svolta stilistica che lo porterà ad abbandonare gli elementi di realismo surreale cosi ben esemplati in Camera d’albergo e a elaborare la sua pittura secondo la linea che dura fino alla morte. Nei ritratti di Donna che sorride, 1958-1959, Un giovane pittore, 1957-1958, Uomo col Mackintosh, 1957-1958, si fa strada prepotentemente quella vena di realismo più corposo, di ascendenza espressionista e non più surrealista: la pennellata è larga, la superficie del colore non è più smaltata e cristallina alla fiamminga, come nei dipinti degli anni 1940-1950, la materia appare più sostanziosa fino a divenire, negli anni a noi vicini, spessa e fisicamente plastica. Un esempio straordinario, nella sua essenzialità, è Ragazza incinta, 1960-1961, un ritratto di donna a mezzo busto, con i seni nudi e il volto sfuggente, di profilo dalla nuca. La carne giallo-rosata-bluastra affonda nel bruno-nero dello sfondo, del guanciale e coperte. 

Poi, in un crescendo che non trova uguali per la pittura europea di quegli anni, il pittore elabora tutta una serie di ritratti e nudi di grande impatto visivo ed emotivo: è il Freud del realismo espressionista. 

Il nome del pittore a cui Freud può essere collegato per questa sua rivoluzione, segno ulteriore dell’ignoranza che la pittura inglese gode presso di noi, è quello di Stanley Spencer (1891-1959).


Donna che sorride (1958-1959).

Spencer era partito da una educazione tardo preraffaellita e poi spinto da certe suggestioni del simbolismo francese aveva guardato, verso gli anni Venti, all’arte italiana del Quattrocento: ma in lui la voce di un realismo plastico era stata ben più presente fin dall’inizio, come nell’Autoritratto del 1914 (ora alla Tate Gallery). Secondo Carolyn Leder, in questo ritratto Spencer mostra di aver scelto come modello il Giovane con cappello rosso di Sandro Botticelli della National Gallery di Londra, e il ritratto di Spencer può essere considerato il precedente diretto della ritrattistica di Freud. 

Spencer è stato un pittore dalla storia complessa, per la compresenza sincronica e parallela nella sua pittura di vene diverse, da quella simbolista a quella realista. Ma è lo Spencer di fine anni Trenta che deve aver sortito particolare effetto agli occhi di Freud, quello dei doppi ritratti nudi del pittore con la modella: Il cosciotto di montone nudo, 1937, della Tate Gallery, e Autoritratto con Patricia Preece, 1936, del Fitzwilliam Museum di Cambridge. 

Sebbene per l’Autoritratto con Patricia Preece Spencer abbia scritto che «non occorse il disegno e la composizione, tutto fu messo giù come lo vidi» (1937), il dipinto è un esempio di “tranche de vie” secondo una procedura che si ritroverà anche in Freud: il quadro, una tela orizzontale, taglia il busto del pittore, di spalle, contro il corpo nudo della modella sdraiata sul letto. Anche qui, al di là della dichiarazione di poetica realista di Spencer, lo spazio è irreale: il letto, nella ricostruzione fisica della stanza, dovrebbe essere appeso a un metro e settanta di altezza o il pittore sprofondare nel pavimento fino alla cintola. Il cosciotto di montone nudo, che all’inizio era stato intitolato Doppio nudo e Stufa, è un antesignano delle varie coppie di nudi sul letto e divano di Freud. Spencer si è autoritratto nudo, accovacciato, dietro la modella sdraiata: in primo piano, sul margine basso della tela un coscio di montone fa bella mostra di vene, grasso e nervi. Le due figure mostrano i genitali naturalmente, come le altre parti del corpo: i seni della donna sono segnati da impietose smagliature orizzontali. Il dipinto suscitò molte riserve per la sua impudica esibizione dei corpi; paradossalmente Spencer era mosso da intenzioni morali, quando scrisse in una nota del 17 aprile 1947: «Volevo, nel settore dei nudi, mostrare l’analogia tra la chiesa e la natura prescritta del culto da una parte, e l’amore umano dall’altra»(13)

Nessuno, tra i critici, pare abbia segnalato congiunzioni tra questi dipinti di Spencer e i nudi di Schad, Otto Dix e la Neue Sachlichkeit in generale che, pure, apparentemente vi potrebbero essere. Ma quello che preme sottolineare è che Freud si inserisce a pieno titolo in questa linea della pittura del Novecento inglese di cui Spencer era stato il maggiore esponente.


Un giovane pittore (1957-1958).

Uomo col Mackintosh (1957-1958).

(13) Per afferrare a pieno la novità dirompente di questi due nudi nella pittura inglese si ricordi che ancora nel 1945, nella monografia su Spencer di Elisabeth Rothenstein, uscita a Londra, le opere non venivano riprodotte. Stanley Spencer RA, a cura di K. Bell, Londra 1980, pp. 149-152, nn. 173, 178.

Spencer costituì così una prima rottura rispetto al ramo più saldo della figurazione moderna inglese, di cui Augustus John (1878-1961) fu il maggior rappresentante(14). E Freud va ancora oltre. Tuttavia, sviluppando un discorso più analitico sulla pittura di Freud, occorrerà tener sempre d’occhio il dialogo continuo che egli è andato a stabilire con l’amico Francis Bacon; due temperamenti completamente diversi, così narrativo Freud tanto gestuale Bacon, eppure legati in un dialogo pittorico fino alla fine. 

I loro temi sembrano rincorrersi; come non collegare infatti le Figure sdraiate di Bacon del 1959 con le figure sui divani di Freud; oppure quei nudi scaraventati sul pavimento dipinti da Bacon nelle Figure in una stanza, 1959, con le pitture dello stesso soggetto di Freud. 

Cambia radicalmente, è vero, il rapporto con il significato emotivo e sensuale sotteso: ma un dialogo profondo tra i due pittori resta. 

Il primo, Bacon, costretto alla «brutalità delle cose»; il secondo, Freud, al carattere narrativo della vita, allo spessore prosastico della carne. I ritratti di Freud, un genere prediletto dall’artista fin dai primi anni del suo lavoro, a partire dalla fine degli anni Cinquanta assumono una cadenza costante parallela al genere del nudo e di “pittura di interni”. Freud affronta il ritratto nella complessa questione che questo soggetto pone a livello ontologico: rappresentazione del carattere, individuazione dell’identità, annuncio dell’“alterità”, “persona” intesa come maschera. 

Nel corso del Novecento lo statuto del ritratto risulta completamente sconvolto rispetto alla grande tradizione settecentesca, durata fino quasi alla metà del secolo successivo. L’avvento della fotografia e l’uso della medesima, teorizzato da Francis Galton a partire dal 1870, come mezzo per “identificare” non solo la persona ma per determinare, attraverso il confronto e la classificazione, dei “tipi umani generali” a uso prevalentemente criminologico e poliziesco, aveva distrutto la funzione della ritrattistica nella pittura(15)

Ora, la ritrattistica di Freud viene dopo che la fotografia, appunto da Galton e François Alphonse Bertillon, fino alle immagini di Arthur Felling, al secolo Weegee, nell’America del 1940-1950, ha consumato tutte le possibilità del ritratto. 

Freud, paradossalmente, sembra fuggire dalla concezione del ritratto come “definizione psicologica” del carattere: i suoi volti sono ammassi carnosi con un’epidermide cotta dal sole, segnata dalle rughe, dalle chiazze paonazze dei vasi sanguigni, tirata sugli ossi sporgenti della scatola cranica, in dispregio di ogni modello di bello ideale. Siamo lontani, agli antipodi, da quel culto della bellezza classicista tanto coltivato dall’Accademia tardo neoclassica e dalla pittura “pompier”. 

Ma non si tratta neppure, come qualche critico avrebbe alluso, di un’estetica del brutto e dello sporco (anche Arbasino sembra tentato da questo tipo di interpretazione). 

II mondo fisico dei ritratti e dei nudi di Freud corrisponde a quello dell’Ulisse di James Joyce: nei suoi dipinti si potrebbe sentire come Mr. Leopold Bloom sente mangiando i rognoni di castrato alla griglia, «un raffinato aroma di urina lievemente profumata». E tuttavia in questo mondo così fisicamente percepibile il pittore mantiene - come Joyce - la «ineluttabile modalità del visibile [...] il pensiero attraverso i miei occhi»(16)

Nella pittura europea il percorso che ha portato ai ritratti di Freud è, dunque, un percorso molto lungo. Da Rembrandt a Goya, ma anche dal libro di Charles Darwin sull’espressione del sentimento nell’uomo e negli animali alle fotografie del libro Mécanisme de la physionomie humaine, 1862, di G. B. Duchenne de Boulogne, che da Darwin saranno poi utilizzate per illustrare il suo libro, così come poco dopo saranno studiate da Jean-Martin Charcot (1825-1893), maestro di Sigmund Freud all’ospedale della Salpétrière di Parigi(17). E la fotografia ha avuto un ruolo decisivo anche nella pittura di Bacon, che riconosceva apertamente il suo debito verso l’americano Eadweard Muybridge, come in dipinti quali Due figure, 1953, tratti da fotogrammi di The Human Figure in Motion, 1887(18).


Ragazza incinta (1960-1961).

(14) J. Rothenstein, Augustus John, Londra 1946. Augustus John. Studies for Compositions, Cardiff 1978.
(15) Per la complessa questione del ritratto si veda P. Sorlin, Persona: del ritratto in pittura, Mantova 2002; M. Fagioli, L. Pagnotta, Volti e figure. Il ritratto nella storia della fotografia, Firenze 2009.
(16) J. Joyce, Ulisse, Milano 1960, pp. 77, 106.
(17) Ch. Darwin, L’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali, Torino 1878, p. 205, fig. 21. P. Hamilton, R. Hargraves, The Beautiful and the Damned. The Creation of Identity in Nineteenth Century Photography, Londra 2001, pp. 56, 67-68, 70.
(18) «È una cosa complicata. Penso solo al profilo di certi corpi che ho conosciuto e hanno contato per me, che si fondono con quelli di Muybridge. Oppure manipolo i corpi di Muybridge, fino a trasformarli in quelli che ho amato», in F. Bacon, La brutalità delle cose. Conversazioni con David Silvester, Roma 1991, p. 92.

LUCIAN FREUD
LUCIAN FREUD
Marco Fagioli
La presente pubblicazione è dedicata a Lucian Freud (Berlino, 1922 - Londra, 2011). In sommario: Gli anni della formazione in Inghilterra; La svolta stilistica; Oltre l'apparenza. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.