La guerra produce su di lui, poco brillante negli studi, incerto sulla strada da intraprendere, l’effetto di un elettroshock. Dopo avere convissuto con la morte in trincea e sul campo di battaglia, sarà sempre innamorato della vita. Non perderà più un minuto, neppure per usare una gomma da cancellare perché non ritornava mai sui suoi disegni.
Si laurea in architettura nel 1921.
Anche Sviatoslav Richter - pur avendo preso il volo tardi - è diventato uno dei massimi pianisti del mondo. Certi frutti squisiti maturano più lentamente.
Gio Ponti stesso racconterà più tardi come è arrivato a fare l’architetto: «Devo rifarmi ancora una volta», scrive, «ad una mia posizione, che è quella di uno che, illudendosi in gioventù […] di volersi 12 dedicare alla pittura, è entrato nell’architettura per vie che riteneva e ritenne per molto tempo provvisorie, che vi entrò sotto i segni che gli derivavano quasi esclusivamente tanto da una cerchia ristretta di amicizie giovanili e scolastiche […], quanto dalla permanenza nel Veneto durante la Prima Guerra che lo dimesticarono con una architettura palladiana»(6). Durante la guerra, infatti, trascorre i periodi di riposo nelle ville abbandonate del Palladio (1508-1580), il suo grande terzo maestro dopo Vitruvio (80 a.C. circa - 15 a.C. circa) e Serlio (1475-1554 circa).
Con la fine del primo conflitto mondiale si conclude, in un decennio, l’avventura artistica delle avanguardie. Nel 1926 esce a Parigi Rappel à l'ordre di Jean Cocteau, dove il “richiamo all’ordine” significa essenzialmente ritorno al mestiere e all’importanza della tecnica, anche nella pittura. Viene pubblicato nel 1928, sempre a Parigi, il Piccolo trattato di tecnica pittorica di Giorgio de Chirico che, infatti, considera la tecnica condizione imprescindibile anche per la poesia, perché fornisce l’alfabeto, la sintassi e la metrica, grazie alle quali nasce, dalla materia e dal colore, la forma. E Ponti, sia quando è architetto, sia quando è pittore, resta figlio della tecnica.
De Chirico rappresenta l’antichità come funzione dell’attualità e viceversa. I suoi edifici sembrano architetture contemporanee: in molti casi le ispirano(7). Arturo Martini trova, come un rabdomante, le regole auree della proporzione nelle sculture etrusche, romaniche, quattrocentesche e le trasferisce nelle sue sculture modernissime. Con lo stesso spirito Ponti studia, nel mestiere evoluto e colto del Palladio, le regole auree dell’architettura.
Tornato a Milano alla fine della guerra, Gio Ponti ritrova gli antichi compagni, Giovanni Muzio ed Emilio Lancia, che gli erano stati maestri più dei maestri accademici. Con loro condivide lo spirito innovativo di Novecento, il movimento artistico nato nel 1922 che ha come riferimento l’antichità classica, la purezza delle forme e l’armonia nella composizione. Fra gli architetti di Novecento vi è Giuseppe de Finetti (1892-1952), il più “europeo”, allievo di Loos e quasi ignorato dalla storiografia ufficiale. Nella sua concezione della città come organismo vivente, complesso, aperto e in relazione con il territorio circostante c’è già la cultura urbanistica della seconda metà del XX secolo.
Nel 1928 nasceranno, nel castello di La Sarraz in Svizzera, su iniziativa di Le Corbusier e Sigfried Giedion, i C.I.A.M. (Congressi internazionali di architettura moderna), organi del Movimento moderno, che si incardina sull’intreccio fra forma e funzione, coscienza storica e valori sociali. Il razionalismo, che ne è l’emanazione italiana, e Novecento sono due movimenti in teoria opposti, nei fatti, due realtà che si attraversano l’un l’altra, ibridandosi. Come Novecento, il movimento razionalista affonda le sue radici nella tradizione classica, diverso, in questo, dalle avanguardie europee, più decisamente “di rottura” rispetto al passato.
L’ideologia del regime fascista riuscirà a compenetrare queste realtà e a servirsene, a seconda della strategia politica del momento.