ANCHE LO SPORT NAUTICO
COME UN LAVORO

Ma si è già detto che i fratelli Caillebotte, in quanto agiati borghesi, si possono concedere di vivere in graziose residenze nell’Île de France, per esempio a Yerres, e là amano darsi agli sport nautici.

Siamo a un possibile incontro con Monet, il giovane neofita si scopre anche lui innamorato di fiumi, stagni, placide o appena mosse visioni di acque stagnanti? Non è così, a ciascuno il suo. Se entrambi gli artisti amano salire su canotti e barche da diporto, i rispettivi intenti si divaricano, Monet anche in queste occasioni si affretta a nascondere lo strumento artificiale di cui fa uso, il suo desiderio è di affrontare con lo sguardo le acque, accarezzarle sul pelo, coglierne i brividi di superficie. Anche Caillebotte non esita a impegnarsi su uno scenario acquatico, ma a bordo di un vistoso mezzo di trasporto, si veda per esempio Canottiere col cappello a cilindro, forse è lui stesso, o il fratello, o un qualche amico, fatto sta che il vogatore domina la scena, allarga le braccia in un gesto ampio, inclusivo, colto con un incalzante primo piano che spinge inesorabilmente ai lati qualche tratto residuo di specchio d’acqua.


Vogatori (1877).


Sandolini sullo Yerres (1877); Washington, National Gallery of Art.

Canottiere con cappello a cilindro, (1877-1878).


Sandolini sullo Yerres (1878); Rennes, Musée des Beaux-Arts.

Il cilindro che svetta in verticale sembra quasi l’equivalente di una ciminiera, quasi che l’imbarcazione primitiva pretendesse di andare a vapore. In un altro dipinto, a dominare sono sempre i canottieri (Vogatori), curvi sugli scalmi, quasi a imitazione dei gesti compiuti dai Piallatori di parquet, a testimonianza che tra il lavoro operaio e quello del tempo libero non si dà una effettiva differenza, entrambi sono scanditi dal ritmo pesante, affaticato del lavoro, comunque e dovunque compaia, esigendo di approdare a un’esatta documentazione. Beninteso i nostri villeggianti non spendono tutto il loro tempo nelle vogate, amano pure farsi Giardinieri e curare l’orto. Siamo dunque finalmente a una immersione nell’accogliente grembo della natura, a raggiungere l’epopea di erbe e frasche al vento di cui, al solito, Monet è stato continuo e intrepido tessitore? No, non è così neppure in questo caso, succede infatti che i cespi degli ortaggi su cui i nostri diligenti coloni versano acqua da annaffiatoi siano seminati in file e a intervalli regolari, pertanto non siamo alla visione di una natura disordinata e selvaggia, avvertiamo piuttosto un clima artificiale che sembra anticipare le serre dei nostri giorni dove si effettuano colture forzate, innaturali.


I giardinieri (1877).
Non è che Caillebotte si lasci racchiudere sempre e solo negli interni parigini, non mancano le frequentazioni della campagna, ma anche in quelle occasioni si impone un senso di lavoro accurato e meticoloso, come rivelano queste colture disposte in ordine ben calcolato, e irrorato da precisi getti d’acqua.

Del resto, a protezione di quei filari regolari di delicate pianticelle interviene pure una serie di campane di vetro, ovvero l’artificio fa la sua comparsa, magari solo in punta di piedi, a strappare una scena georgica dal suo carattere troppo “naturale”, ancora una volta è un remare contro il monettismo. Del resto, ritornando alle partite di canottaggio, talvolta le fragili imbarcazioni si inoltrano davvero in una distesa acquatica colma di riflessi e scintilli, però a dominare la scena ci sono le pale dei remi, come dire che il nostro Gustave si porta sempre dietro un qualche pezzetto di artificio umano a imporre la sua dura regia.

Beninteso i nostri villeggianti non mancano di prestare cortesemente un po’ di attenzione ai vicini di case e di ville, ecco dunque dei deliziosi Ritratti di campagna, dove Caillebotte dà sviluppo, ancora una volta, a una tendenza in piena contravvenzione del monettismo, con le sue difficoltà ad affrontare la figura umana, o a trattarla con molta cautela. Gustave ama, invece, non solo affrontare la figura, ma oltretutto nel nome di una moltiplicazione quantitativa, e dunque nel dipinto menzionato, di queste dame sue vicine ce ne vengono concesse ben quattro tutte in una volta, strategicamente disposte nello spazio, e in tal caso dobbiamo davvero vedere in lui un inconsapevole continuatore delle visioni muliebri del nostro Silvestro Lega. Nei soggiorni a Yerres valgono però in primo luogo gli incontri con l’acqua, ma sempre accolta come termine esterno e secondario così da far posto alle imprese umane, cui spetta la precedenza. Ecco per esempio (Bagnanti) un giovanotto che occupa decisamente il primo piano, ma bilanciandosi su una rozza asse quasi fosse un trampolino, in attesa di spiccare il volo per un tuffo ardito che certamente infrangerà la compatta monotonia dello specchio fluviale aprendovi un solco, e c’è pure al suo fianco un altro candidato a un prossimo tuffo, posto in attesa, pronto ad accogliere il guanto della sfida e a replicare l’atto, ancora una volta nel nome di una variante quantitativa. Qui non risuona nessuna sirena d’allarme, ma al contrario la nostra componente umana è invitata a darsi da fare, a sentirsi a proprio agio, a dominare la scena.


Ritratti di campagna (1875).
Anche all’aperto e in piena campagna si può ristabilire un’attenzione precisa alla figura umana, sotto forma di quattro signore collocate strategicamente nello spazio a occuparlo con pose invertite, e intente a minuziosi lavori di cucito. È un momento che possiamo considerare molto vicino alle opere dei nostri Macchiaioli, come Silvestro Lega.

Bagnante che si prepara a tuffarsi, riva dello Yerres (1878 circa).


Bagnanti, riva dello Yerres (1878).

CAILLEBOTTE
CAILLEBOTTE
Renato Barilli
Un dossier dedicato a Gustave Caillebotte (Parigi, 1848 - Gennevilliers, 1894). In sommario: Introduzione; Il tema del lavoro e le scene di interni; Anche lo sport nautico come un lavoro; Ritorno alla città: Parigi in strada, dalla finestra o dal balcone; Dentro le stanze segrete; Ritorno alla campagna, sempre tra natura e artificio; Le nature morte. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.