DAL 1895 AL 1905:
DALLE OPERE “D’APRÈS NATURE”
ALLA ROTTURA CON RODIN

È il 1895 e tutta Parigi parla della novità dell’anno: la fotografia in movimento dei fratelli Lumière, gli operai che escono dalla fabbrica Lumière, il treno che entra nella stazione; non basta la foto statica, ci si può far fotografare mentre si parla o si ride; tutto cambia, è l’inizio dell’avventura del cinema!

Anche Camille scopre una strada nuova, e ringrazia in una lettera il critico Gustave Geoffroy per averla incoraggiata sulla via degli «schizzi d’après nature» e averla sollecitata a presentare al Salon il gruppo delle «donne che chiacchierano». Si tratta delle Conversatrici che riscuotono un grande successo: quattro donnine colte nel momento delle confidenze intime, nella pausa delle faccende domestiche, un quadretto di vita già schizzato su un foglio da Camille in una lettera al fratello che anticipava il gruppo scultoreo. È la nuova strada che intraprende la scultrice, la ricerca naturalistica, la poesia delle piccole cose, che si oppone alla monumentalità rodiniana; parallelamente alla novità del Balzac di Rodin, che suscita una grande eco nella Parigi di fine secolo, si afferma questa scultura in piccolo che Camille realizza in onice e bronzo, manifestando una grande perizia tecnica.


Per Camille è un ritorno all’infanzia, alla vita a Villeneuve, alle chiacchiere del paese che nutrivano la sua fantasia di bambina; il successo che l’opera incontra presso i critici la stupisce e stupisce anche Rodin, che le invia una lettera di congratulazioni scusandosi per la sua lunga assenza e promettendo assistenza e sostegno per nuove amicizie e commissioni. Segue anche un invito ad accompagnarlo in visita al presidente della Repubblica, ma Camille rifiuta confessando di non avere l’abito adatto, né le scarpe, né il cappello; lei che un tempo ci teneva a essere elegante e si era fatta fotografare con il bicorno del fratello, nominato console a New York. I rapporti tra Rodin e Camille sono discontinui e altalenanti: il maestro si premura di consolare Camille nel suo percorso accidentato di artista, inducendola a non rinunciare alle commesse (dieci busti di Rodin in bronzo) e a non dar retta alle malelingue che lei identifica soprattutto con le amiche di madame Morhardt, ed è proprio al critico Morhardt che Rodin raccomanda Camille, pregandola di non disdegnarne il sostegno.

In effetti Rodin non smette di raccomandare Camille ai critici come Octave Mirbeau, che scrive un lungo articolo elogiativo delle Conversatrici, e Gabriel Mourey che ne apprezza molto la vena narrativa nell’articolo della rivista “Le Studio”. Camille sta ancora lavorando al gruppo dell’Età matura quando scrive a Morhardt di non fare avvicinare Rodin al suo studio per non fargli vedere le sue sculture, dal momento che molti le attribuiscono al maestro. In realtà immagina che Rodin reagirà male di fronte alla sua vita privata resa pubblica! Il successo incontrato con Le conversatrici prosegue con la scultura L’onda – ispirata dalla xilografia L’onda di Hokusai –, commissionata dal collezionista Maurice Fenaille e commentata nel suo lungo articolo Camille Claudel sul “Mercure de France” (1898) da Morhardt: «Le tre piccole bagnanti, spaventate e infreddolite, si danno la mano mentre sopra di loro l’onda si alza e già la sua volta di schiuma sta per ricadere mentre le piccole creature si inginocchiano, le spalle si alzano, le braccia si serrano contro i fianchi e tutto il loro aspetto mostra l’emozione e l’angoscia che provano. Come le Conversatrici, è un evento qualunque, un caso osservato personalmente da Claudel, modellato con quella grandezza e libertà che sono inimitabili e che rivelano la facoltà di rendere il corpo umano. Lei si è sentita forte e libera, capace di riprodurre nella sua forma essenziale il movimento di cui si ricordava: rendendo arte alle cose comuni della vita, Mademoiselle Camille Claudel ha creato un’arte nuova, e l’oro che ha trovato, è l’oro che è suo».


Auguste Rodin, Balzac (1892-1897); Parigi.

A ricordo dell’Onda di Hokusai, osservata insieme a Debussy, quest’opera in marmo, onice e bronzo, rivela la capacità tecnica di Claudel nel lavorare qualsiasi materia. L’onda (1897); Parigi, Musée Rodin.


Gustave Schmidt, Camille con cappello da console (1893 circa). Camille indossa il cappello del fratello un po’ per gioco un po’ per onorare la carriera diplomatica di Paul.

Non c‘è dubbio che la vena naturalistica di Camille sia frutto di quell’attenzione al vero che caratterizzava la sua opera fin dai ritratti giovanili, ma la novità è l’aver tradotto in misura ridotta, quasi pittorica, la forma umana, in aperta polemica con la “grandeur” manifesta nelle opere di Rodin. La realtà quotidiana, già oggetto di attenzione da parte dei pittori impressionisti, diventa materia di osservazione più attenta e viene riletta anche alla luce di quelle novità di gran moda che sono le stampe giapponesi come appunto L’onda di Hokusai e gli “okimonos”, i ninnoli in avorio esposti alla Galleria Bing che rappresentano piccole scene di genere di vita quotidiana.

Se Le conversatrici possono essere considerate la realizzazione in scultura del dialogo, e L’onda del suono, il Pensiero profondo e il Sogno accanto al fuoco sono il regno del silenzio: tutta la carica introspettiva di Camille, la sua sofferenza per la fatica del vivere, il sogno di affermazione con la sua arte trasudano dalla materia scolpita con tutta l’anima. Per lei la scultura è un dialogo con se stessa, col suo mondo fatto di ricordi, di momenti di passione, di scoraggiamento, di gioie e dolori; nella terra effonde la sua anima come Emily Dickinson nella poesia.

I rapporti tra Camille e Rodin sono ancora sporadici; in una lettera di risposta al maestro che voleva il suo parere sulla nuova scultura di Balzac, Camille scrive che la trova splendida e grandiosa ma aggiunge la sua prevenzione nei riguardi di Morhardt, nonostante il bell’articolo che le aveva dedicato sul “Mercure de France”. Rodin le risponde invitandola a non perdere gli amici per un momentaneo malumore e ad avere «dolcezza e pazienza». In realtà Rodin ha compreso l’instabilità mentale della donna, i suoi attacchi di collera, la sua diffidenza nei confronti di chi le è vicino, e le crisi di sfiducia nei confronti del prossimo. Nel caso dell’Età matura e della cancellazione della commessa in bronzo avvenuta nel giugno del 1899, per esempio, Camille si è convinta che Rodin, dopo aver visto il gruppo nel maggio del 1899, si è reso conto che la sua vita privata è stata resa pubblica e si è servito del suo potere per fare annullare tale commessa. Le sue riserve nei confronti dello scultore risalgono tuttavia al 1897, se già da quell’anno lavora al gruppo Perseo e la Gorgone di cui Morhardt registra l’esecuzione in una lettera a Rodin, sottolineandone la commissione per conto della contessa de Maigret, che diverrà la mecenate di Camille.

Una foto del 1899 fatta nello studio al 99 di quai de Bourbon, mostra Camille avvolta in una lunga veste di velluto che non nasconde i suoi trentacinque anni, di fronte al gruppo del Perseo e la Gorgone, una struttura complessa e articolata come quelle di Giambologna, su due piani, quello terreno centrato sul corpo della Medusa incrostato di scaglie, e quello superiore con Perseo che guarda nello scudo-specchio il volto di Medusa dai capelli anguiformi. Paul Claudel nel suo scritto Mia sorella Camille del 1951 individuerà nella figura di Perseo il riferimento a Rodin «che uccide senza guardare» e nella testa di Medusa il volto della follia che ossessionerà Camille. Il modello in gesso, alto due metri e mezzo, sarà ridotto di un quarto in marmo nell’atelier di François Pompon. Camille «stanca fino alla disperazione» scrive a Geoffroy nel luglio 1901 che va a lavorare da Pompon «a questa grande statua che mi causa tanta sofferenza e lacrime», il che conferma l’associazione alla figura di Rodin, colpevole della sua follia.

Il 1900 è l’anno dell’Esposizione universale a Parigi e in primavera Camille scrive al critico e collezionista Maurice Fenaille lamentando che la scultura della ninfa, L’Hamadriade, detta anche Ofelia, per lui realizzata, è stata da lei ritirata dall’Esposizione perché rifiutate anche l’Età matura e il Busto della contessa de Maigret. Il suo risentimento per l’esclusione dalla mostra dell’Età matura si accresce per la visione del padiglione dedicato a Rodin di cui sono esposte ben centotrentasei sculture, compreso il Balzac e la Porta dell’inferno ancora incompleta. Ormai è rottura tra lei e Rodin che non la raccomanderà più ai critici e ai collezionisti, limitandosi a farle avere di nascosto dei soldi, mentre Camille comincerà a considerarlo un ladro di idee e un persecutore.

Perseo e la Gorgone (1899-1902); Parigi, Assurances Generales de France. Non basterà il successo conseguito con Le conversatrici e con L’onda, che mostrano la nuova creatività di Camille all’insegna del naturalismo, né il fugace plauso del maestro; al seguito della rottura definitiva con l’amante, nella mente di Camille (David), il Gigante (Golia) Rodin scompare, con lui crolla la sua identità e a Golia subentra Perseo che tronca con la sua spada la testa di Medusa, pietrificata come l’anima della donna. Da qui si snoda il filo della follia, lo sguardo non si riflette più nell’altro, si ritorce su se stesso, in una spirale che soffoca la sua identità.


La sirena (1905). Nella Sirena Camille rappresenta la giovinezza e la bellezza che, unite al fascino della musica, seducono l’uomo; la luce forma ampie zone di chiaroscuro che nascono dal contrasto di pieni e di vuoti, mentre l’esplosione delle forme simboleggia l’anelito alla liberazione dello Spirito.


Camille Claudel mentre scolpisce Vertumno e Pomona (1903).

Camille mantiene i rapporti con la contessa de Maigret che le permette la realizzazione in marmo di varie opere, un revival delle precedenti: si tratta di Vertumno e Pomona, ispirato a Sakountala, La fortuna, ispirata alla dama del Valzer, L’aurora ispirata alla Piccola castellana, La sirena ispirata alla Giovane con la cesta e La Niobide ferita ispirata alla Meditazione di Rodin. Nel 1905 i rapporti con la contessa de Maigret finiscono per colpa, secondo Camille, di interventi della madre, e si infittiscono le richieste di soldi da parte della scultrice a tutti i committenti, i critici e gli ammiratori della sua arte; la corrispondenza lo testimonia e rivela l’ossessione per la sua sussistenza e, da parte dei suoi conoscenti, una comune comprensione delle ristrettezze in cui vive, ma anche una parallela convinzione dell’impossibilità di aiutarla a causa della sua crisi esistenziale. Un aiuto arriva da Paul che quell’anno torna dalla Cina e pubblica il bel saggio Camille Claudel statuaire in cui descrive il fascino dei gruppi di Camille, che emanano «il soffio dell’ispirazione e accolgono il chiaroscuro creato dal concerto delle luci e delle ombre». Fratello e sorella trascorrono una vacanza insieme nei Pirenei durante l’estate del 1905 e l’anno si conclude con la mostra in dicembre di tredici sculture di Camille nella galleria di Eugène Blot, che diverrà il suo nuovo mecenate. Figlio di un bronzista, dalla fonderia paterna nel quartiere del Marais, Eugène Blot era passato nel 1899 alla creazione di una galleria al 10 di boulevard de la Madeleine, dove esponeva le opere degli impressionisti e non solo, da Cézanne a Gauguin, da Marquet a Bonnard e Vuillard, come pure le sculture di Rodin e Maillol. Blot aveva conosciuto Camille tramite Léon Gauchez nel 1900 e aveva deciso di comprare le sue opere anche per il prezzo basso paragonato a quello delle sculture di Rodin: se una copia di Rodin veniva venduta per più di mille franchi, una di Claudel si poteva avere anche solo per duecentoventicinque.
Le prime opere della scultrice fuse in bronzo nella sua fabbrica furono La supplice, riduzione dall’Età matura, il Pensiero profondo, L’abbandono, Le conversatrici, Il valzer, Perseo e la Gorgone, Sogno accanto al fuoco, il Busto di vecchia; seguirono le sculture eseguite tra il 1904 e il 1905, come La fortuna e La sirena, la prima ispirata, come si è già detto, alla figura femminile del Valzer ma più mossa e articolata, la seconda più raccolta e contenuta nella forte carica della musica. Per quanto riguarda le altre opere, la Testa di gigante, Il salmo e la Piccola castellana erano state già vendute in bronzo al barone Alfonso dei Rothschild, mentre rimaneva L’onda nell’esemplare in onice e bronzo finanziato da Maurice Fenaille. La mostra allestita alla Galleria Blot nel 1905 fu accompagnata da un catalogo presentato da Louis Vauxelles che paragonò Camille a Berthe Morisot parlandone come delle due grandi artiste del momento: «Berthe allieva di Manet, personalità rara e raffinata, Camille, memore della lezione di Rodin per quanto riguarda la grammatica e la sintassi della statuaria, ma altrettanto brava.

Questa artista che ha conosciuto le peggiori disgrazie, la miseria e che ha lottato da sola, sdegnando le combriccole salottiere, è una delle più autentiche scultrici di questo tempo. Emana dalla sua opera una potenza tragica, un’energia tormentata e una finezza nervosa». Un altro articolo a firma di Andrée Myra, nel “Petit Quotidien” dell’11 dicembre, ammira «la distinzione assoluta dello scalpello, la precisione del disegno, la dolcezza degli abbracci, l’energia ora virile, ora femminile delle pose: l’anima aggiunta alla materia». Charles Morice nel “Mercure de France” del 15 dicembre si rivolge agli amatori chiedendosi come mai non si affrettino ad arricchire le loro collezioni con le opere di Claudel ancora a buon prezzo. Maurice Hamel, critico d’arte della “Revue de Paris” (giugno 1905), a proposito del Vertumno e Pomona scrive: «È una consolazione trovare lontano dal chiasso un’opera toccante, eseguita con amore, Il Vertumno e Pomona di Camille Claudel! Come è emozionante e bella questa Pomona! La sua mano dolce poggiata sul suo seno, lei si lascia andare a un movimento così vero di abbandono amoroso! La sua testa affascinante e divinamente acconciata, si inchina come un frutto troppo pesante per raggiungere le labbra avide di Vertumno, il bel grido soffocato dal profondo amore! Nel lavoro del marmo si sente non lo scalpello del tecnico, ma la mano dell’artista, è un puro capolavoro!».
Camille abita dal 1899 in quai Bourbon, in un atelier al piano terra dove ha attaccato alla porta le quattordici stazioni della croce, simbolo del suo personale percorso di passione; riceve la visita di Henry Asselin, intenzionato a farle un’intervista da trasmettere in seguito alla radio, che ricorda di essere stato colpito da «una donna con i capelli coperti da un foulard che scuoteva alla finestra uno straccio per la polvere e cantava la canzone del momento, Frou Frou» (allusiva alla gonna che a quel tempo veniva sostituita dai pantaloni per andare in bicicletta). Il giornalista rimane impressionato dalla sua trascuratezza, dall’invecchiamento precoce, dalla decadenza fisica attribuibile alla stanchezza, alla delusione, al distacco dal mondo, ma rileva che «lo sguardo tuttavia non aveva perso quel fulgore inquietante, persino irritante, espressione di una franchezza profonda assoluta, che non si preoccupava mai né della forma né delle sfumature. Una donna coraggiosa che aveva mantenuto la sua allegria e il suo senso dell’umorismo».
Il senso dell’humour è evidente nelle lettere che Camille inviava a Eugène Blot raccontando del suo ingresso in tribunale a causa dei debiti, delle visite dell’ufficiale giudiziario, lamentandosi che i biglietti da mille franchi passassero sovente nei paraggi di quai Bourbon senza fermarsi. In effetti, nonostante il successo della mostra alla Galleria Blot, Camille non riusciva a vendere le sue sculture; Rodin cercava di aiutarla proponendo a un’allieva scozzese di prendere delle lezioni da lei, che però le rifiutava, mentre il maestro continuava a sostenerla segretamente tramite l’amico Joanny Peytel che le versava mensilmente cinquecento franchi. Ormai si era rassegnato ad abbandonarla al suo destino da quando Camille aveva rigettato l’invito a esporre a Praga insieme a lui, sospettando un complotto contro di lei. Si cominciava a delineare quella mania di persecuzione che caratterizzerà il futuro della scultrice.

CLAUDEL
CLAUDEL
Marilena Mosco
Camille Claudel (Fère-en-Tardenois 1864 – Montfavet 1943), nota soprattuttoper la sua relazione con Auguste Rodin e per la sua tormentata vicenda esistenziale,merita invece di essere riconsiderata per le sue innegabili doti di scultrice.Nasce da una famiglia benestante, suo fratello Paul sarà un importante scrittoree uomo politico. Inizia a scolpire e modellare la creta da bambina. Quando ditrasferisce con la famiglia a Parigi inizia una formazione artistica professionaleed è nella capitale francese che conosce Rodin, lei neanche ventenne, lui ultraquarantennee maestro affermato. Ne diventa allieva, modella e amante. Lasua scultura presenta tratti di grande forza e intensità, anche nel trattamentodella materia, ma ne traspare anche un’evidente fragilità psichica. La relazionecon Rodin termina negli anni Ottanta dell’Ottocento e il suo equilibrio crolla. Lafamiglia nel 1913 la costringe al manicomio, da cui cerca in ogni modo, ma inutilmente,di sottrarsi. Resta in manicomio trent’anni; muore nel 1943, forse per imaltrattamenti, o di fame. Fu sepolta in una fossa comune.