IL SALON DEL 1893
(IL VALZER E CLOTO)
E IL GRUPPO DELL’ETÀ MATURA

Al Salon del 1893 Camille espone due opere antitetiche, Il valzer e Cloto, ovvero il corpo esaltato nell’ebbrezza giovanile del ballo e la sua decrepitezza progressiva con lo scorrere del tempo.

Ambedue le sculture suscitano grande interesse e commenti discordi: entusiasti per Il valzer, «le carni sono giovani, pulsanti di vita, ma il drappo che le avvolge, volteggiando con loro, palpita come un sudario, non so dove stiano andando, se incontro all’amore oppure alla morte, ma so che dal gruppo si leva una lacerante tristezza», scrive il critico Octave Mirbeau; mentre di Cloto Paul Claudel afferma: «Un orribile fuso, come un’escrescenza nella peluria nascosta nella lanugine della sua capigliatura che decide del destino, un destino che fila la propria matassa, questa vecchia gotica come un ragno aggrovigliato nella sua propria tela». E in risposta al critico Maurice Guillemot, che ha notato in Cloto una certa somiglianza con le opere di Rodin, la stessa Camille scrive: «La mia Cloto è un’opera assolutamente originale, non conosco i disegni di Rodin, traggo sempre le mie opere soltanto dalla mia ispirazione, dal momento che ho tantissime idee».

 
Non è escluso che nella vecchia dal corpo macilento e dal seno cadente Camille abbia voluto simboleggiare la sua rivale, Rose Beuret, l’anziana compagna di Rodin, capace di aggrovigliare l’uomo nelle sue spire come un serpente e apportatrice di sventura per l’infelice aborto di Camille, lei, la Parca che fatalmente presiede alle nascite. C’è troppa rabbia, troppo senso di morte, troppo livore in questa scultura concepita nella notte in cui l’artista si sente di nuovo abbandonata dall’amante, corso a soccorrere la compagna malata. Cloto è la vendetta, la vecchiaia che incombe sulla rivale e la giovinezza che si ribella e colpisce.

L’età matura (1902), seconda versione in bronzo; Parigi, Musée d’Orsay. Nel momento in cui la fiducia in Rodin anche in quanto maestro crolla per l’abbandono dello scultore, si riaffaccia in Claudel la disperazione del bambino che si sente escluso dall’amore dei genitori; la morte che porta via la figura maschile prefigura la morte del padre della scultrice.


Il valzer (1893), particolare; Parigi, Musée Rodin.

Un tema che viene ripreso da Camille a fine anno, quando comunica al fratello a New York di lavorare a un gruppo di tre sculture, la prima versione che chiamerà Il destino o L’età matura. L’opera rappresenta un uomo in bilico tra due donne: una vecchia che lo sostiene e lo trattiene e, dalla parte opposta, una giovane in ginocchio che si attacca a lui per non essere lasciata. Nella figura della supplice Camille ha rappresentato se stessa, disperata per l’abbandono, che paventa la fine dell’amore, che non vuole rinunciare al suo sogno; è la separazione di due destini: Rodin che trasloca fuori Parigi, prima a Bellevue e poi a Meudon, nella Villa dei brillanti, trainato da Rose Beuret, e Camille che si rifugia al numero 11 dell’avenue de la Bourdonnais. Rodin cercherà di farsi perdonare l’abbandono aiutando Camille nel lavoro, presentandola ai critici in auge come Alphonse Gauchet e Maurice Morhardt, facendo anche pressione sul Ministero delle belle arti per ottenere commissioni e finanziamenti. Ironia della sorte, proprio il gruppo dell’Età matura (o del Destino), come lo chiama Camille, sarà in un primo momento commissionato con la variante della copertura del nudo e, per ragioni tecniche, del distacco della figura della Supplice.

 
Con questo gruppo si realizza la vendetta di Camille che denuncia pubblicamente l’abbandono di Rodin e la sua sudditanza nei riguardi dell’anziana amante di sempre. Armand Silvestre, critico ispettore delle Belle arti che ha proposto la commissione dell’opera, ne sottolinea il valore e riferisce al ministero il desiderio dell’autrice di realizzarlo in marmo. Di fronte al diniego per l’eccessiva spesa, Camille ripiega sulla fusione in bronzo ma il pagamento per la fusione non verrà mai effettuato. Questo diniego, nel dicembre del 1898, provocherà un’adirata risposta della scultrice al direttore delle Belle arti: «Egregio Signore, quattro anni fa mi ha fatto l’onore di commissionarmi un gruppo L’Età matura per il quale mi ha dato 100 franchi: restano 1500 che speravo di ricevere al termine del lavoro. Dopo un primo rifiuto da parte sua, mio padre le ha scritto una lettera a cui non si è degnato di rispondere. È molto probabile che se la mia richiesta fosse stata appoggiata da uno dei suoi amici, come ad esempio Rodin o Monsieur Morhardt o qualcun altro, lei non avrebbe esitato a saldarmi quanto mi deve […] piaccia o no a Rodin o Morhardt devo essere pagata, altrimenti saranno loro a risponderne».
Finalmente, nel 1899, L’età matura viene esposta al Salon. La fusione in bronzo non verrà però mai eseguita dallo Stato perché la pratica viene improvvisamente bloccata (per un probabile intervento di Rodin) e da allora la salute mentale di Camille comincia a divenire instabile, inizia quella mania di persecuzione di cui soffrirà nei confronti dell’amante, ritenuto anche responsabile del ritiro dall’Esposizione universale dell’Età matura. Sarà un militare appassionato d’arte, il capitano Louis Tissier, che salverà il gesso dalla distruzione facendolo fondere in bronzo e la sua famiglia lo conserverà fino al 1982, quando sarà venduto al Musée d’Orsay di Parigi dove si trova tuttora.

Dal punto di vista compositivo, L’età matura ricorda molto la struttura in diagonale del Valzer e mette in rilievo, come suggerisce il titolo datole dal critico Morhardt - Le vie del destino -, i diversi piani, da quello stabile della Parca Atropos, che trascina l’uomo, al piano scivoloso della supplice: l’uomo guarda solo per terra e tende il braccio verso la giovane, con le dita aperte ma senza toccarla, mentre lei gli tende le mani disperata, e c’è un vuoto tra le mani, il vuoto di un amore che rimane sospeso. Paul Claudel scriverà: «Questa giovinetta nuda è mia sorella, la sorella Camille supplice, umiliata, in ginocchio, lei superba, orgogliosa, è così che si è rappresentata, in ginocchio, e nuda!». E nel suo diario, il 19 ottobre del 1943, riporterà: «Mia sorella!! Che esistenza tragica! A trent’anni, quando si è resa conto che Rodin non voleva sposarla, tutto è crollato e la sua ragione non ha resistito. È il dramma dell’Età matura!». Il drappo che avvolge la vecchia e svolazza via rimanda a quello del Valzer ed è un motivo tipico dell’Art Nouveau, che ricorda il famoso velo che avvolgeva la danzatrice Loïe Fuller nel 1892 alle Folies Bergère, e che porterà alla morte Isadora Duncan - strangolata dalla sua lunga sciarpa impigliatasi nei raggi di una ruota dell’auto su cui stava viaggiando -, mentre l’uomo che guarda a terra senza speranza ricorda una delle figure scolpite da Rodin nei Borghesi di Calais. La figura della supplice prefigura il destino di Camille, l’abbandono nel manicomio e la sua costante richiesta di aiuto, mentre l’uomo che guarda a terra, senza il coraggio di voltarsi verso di lei, allude ovviamente a Rodin, incapace di scegliere, trascinato dallo scorrere del tempo, mentre lei, Camille, rimane la derelitta, destinata a invecchiare come la vecchia dell’Età matura.

CLAUDEL
CLAUDEL
Marilena Mosco
Camille Claudel (Fère-en-Tardenois 1864 – Montfavet 1943), nota soprattuttoper la sua relazione con Auguste Rodin e per la sua tormentata vicenda esistenziale,merita invece di essere riconsiderata per le sue innegabili doti di scultrice.Nasce da una famiglia benestante, suo fratello Paul sarà un importante scrittoree uomo politico. Inizia a scolpire e modellare la creta da bambina. Quando ditrasferisce con la famiglia a Parigi inizia una formazione artistica professionaleed è nella capitale francese che conosce Rodin, lei neanche ventenne, lui ultraquarantennee maestro affermato. Ne diventa allieva, modella e amante. Lasua scultura presenta tratti di grande forza e intensità, anche nel trattamentodella materia, ma ne traspare anche un’evidente fragilità psichica. La relazionecon Rodin termina negli anni Ottanta dell’Ottocento e il suo equilibrio crolla. Lafamiglia nel 1913 la costringe al manicomio, da cui cerca in ogni modo, ma inutilmente,di sottrarsi. Resta in manicomio trent’anni; muore nel 1943, forse per imaltrattamenti, o di fame. Fu sepolta in una fossa comune.