Giorgio Vasari lo ricorda ospite della sua famiglia ad Arezzo in occasione dell’arrivo lì, da Cortona (nella medesima provincia toscana), della grande pala raffigurante la Madonna col Bambino e santi per la confraternita aretina di San Gerolamo (Arezzo, Museo nazionale di arte medievale e moderna). Era un anno imprecisato tra giugno 1520 e il 1522, Vasari era un bambino di otto anni, il pittore molto anziano, giunto in città per la messa in opera del suo grande dipinto, trasportato sulle spalle dagli uomini della compagnia, era Luca Signorelli «grazioso e pulito», come ricorda il talentuoso e allora piccolo aretino. L’artista, anziano, alla fine di una lunga e intensa carriera – morirà il 16 ottobre 1523 – raccomanda al ragazzino lo studio del disegno oltre a quello delle lettere. Vasari non lo dimenticherà mai e vedrà in lui il traghettatore verso la grande arte del Cinquecento: «Quella persona che col fondamento del disegno e delli ignudi particolarmente, e con la grazia della invenzione e disposizione delle istorie, aprì alla maggior parte delli artefici la via all’ultima perfezzione dell’arte» (1568).
A questo grande maestro innovatore, nato a Cortona nel 1450, la città natale dedica a cinquecento anni dalla morte una mostra di qualità, Signorelli 500. Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia (Cortona, MAEC - Museo dell’Accademia etrusca e della città di Cortona, fino all’8 ottobre), riunendo da musei e collezioni internazionali una trentina di opere ben scelte, molte restaurate, che permettono di ripercorrerne l’intera attività.
Grandi mostre. 5
LUCA SIGNORELLI A CORTONA
Figure animate
da vive passioni
DINAMICA, VIVACE, ORIGINALE. COSÌ ERA LA PITTURA DI LUCA SIGNORELLI, CAPACE DI RESTITUIRE L’INTENSITÀ DRAMMATICA DEI PERSONAGGI RITRATTI NELLA GRANDE STAGIONE DEL RINASCIMENTO. CORTONA – CITTÀ NATALE DELL’ARTISTA – LO OMAGGIA, NEL QUINTO CENTENARIO DELLA MORTE, CON UNA ESPOSIZIONE CHE RIPERCORRE LA SUA CARRIERA.
MAURIZIA TAZARTES
Autore di straordinari cicli di affreschi come quelli della Cappella nova o di San Brizio nella cattedrale di Orvieto e del Chiostro grande nell’abbazia di Monteoliveto (Asciano, Siena), dalla forza fantastica, Signorelli dipinse maestose e complesse tavole d’altare, dai colori forti ma di grande finezza, con dettagli iconografici insoliti, nati dallo studio personale dei testi e i cui contenuti avrebbe poi raffigurato. Giovanni Santi, pittore e padre di Raffaello, lo aveva definito «el cortonese Luca de ingegno et spirto pelegrino», cioè raro, bizzarro, ingegnoso. Berenson ne sottolinea le capacità di grande illustratore. Tom Henry, curatore dell’esposizione cortonese, indica l’importanza del pittore «nell’originalità delle invenzioni, nel colorismo e nella pittura scultorea». Il suo tocco dinamico, originale, era ricercato da prestigiosi committenti come Pandolfo Petrucci, Lorenzo de’ Medici, i papi Sisto IV e Giulio II. E lui ne era fiero e soddisfatto, come si può osservare dal modo in cui si ritrae cinquantenne in un angolo della scena con la Predica e i fatti dell’Anticristo affrescata nel duomo di Orvieto. Radicato nella sua terra, viveva a Cortona nel “terziere” di San Marco, aveva importanti cariche e impegni politici, cui era sempre presente, tranne casi eccezionali. E da Cortona inviava le sue grandi tavole in tutto il territorio circostante, raggiungendo le varie città per la consegna dei suoi lavori e fermandosi per la messa in opera. Gli inizi erano stati nella bottega di Piero della Francesca, poi Urbino, Roma ad affrescare intorno al 1480 le pareti laterali della Sistina con Ghirlandaio, Botticelli, Cosimo Rosselli. E ancora Firenze alla corte del Magnifico, Monteoliveto, Orvieto, poi in varie città delle Marche, Umbria, Toscana. Insomma, una vita intensa di lavoro, che la mostra ripercorre attraverso dipinti e grandi pale d’altare, soffermandosi su diverse fasi della carriera dell’artista.
La formazione e l’iniziale periodo professionale rimangono problematici. Le prime Madonne col Bambino e angeli, riferite a Signorelli da Berenson come opere degli anni 1470-1475, sono diafane evocazioni di quelle del maestro Piero della Francesca e non hanno convinto la critica. Purtroppo il prestito eccessivamente costoso non ha permesso di presentare in mostra, come era previsto, l’intrigante stendardo processionale con la Presentazione al tempio di una collezione privata americana, commissionato per una chiesa aretina, a lungo discusso nella datazione e nell’attribuzione tra Piero della Francesca e il giovane Signorelli. Tom Henry lo ritiene una delle «primissime» opere dell’esordiente Luca nella bottega del maestro, negli anni 1464-1465, alla quale collega un nucleo di dipinti che potrebbero fare luce sugli inizi del cortonese. Una questione complessa e stimolante. Soltanto dagli anni Ottanta del Quattrocento, dopo la collaborazione del pittore agli affreschi della Sistina a Roma e la bellissima Pala di sant’Onofrio (Pala Vagnucci) con Madonna col Bambino e santi del Museo capitolare della cattedrale di San Lorenzo di Perugia (1483-1484) e gli affreschi della sacrestia della Cura (o di San Giovanni) nel santuario della Santa casa a Loreto (Ancona), arrivano certezze. Ecco allora che, a distanza di neppure dieci anni dagli inizi, emergono capolavori, compatti, elaborati nei dettagli, smaglianti nei colori distanti dalle proposte giovanili. La mostra ne presenta ben undici, dai primi anni Ottanta del Quattrocento al Cinquecento. Opere che, offerte nella città natale, vengono a colmare le lacune dovute al tempo e alla dispersione.
A Cortona, per esempio, Signorelli aveva lavorato trentacinque anni prima del Compianto su Cristo morto del 1501-1502, conservato al Museo diocesano, eppure non rimane quasi nulla, spiega il curatore, orgoglioso della presenza eccezionale di questo gruppo di opere. Dalla National Gallery of Ireland di Dublino arriva uno dei pannelli della Pala Bichi che l’artista aveva realizzato per la chiesa di Sant’Agostino a Siena con Cristo in casa di Simone il fariseo del 1488-1489. Dalla Pinacoteca civica di Volterra giunge l’Annunciazione, firmata e datata 1491, dai magnifici colori e con l’angelo scultoreo memore del gruppo statuario di Verrocchio (Incredulità di san Tommaso) del Museo della chiesa di Orsanmichele (Firenze). Dagli Uffizi arriva la grande tela del Crocifisso con santa Maria Maddalena (1490-1498 circa), ordinata, si ipotizza, da Lorenzo il Magnifico per le monache domenicane: suggestiva con i suoi diversi tagli narrativi e curiosi dettagli naturalistici, come la lucertola nel teschio in primo piano e i fiori e le verzure dal sapore fiammingo.
Nel gruppo di lavori anteriori al 1500 ci sono i tondi Madonna col Bambino, san Giovanni Battista e un pastore (?) dal Musée Jacquemart-André di Parigi e la Madonna col Bambino dagli Uffizi. Inoltre, la tavola centrale con Madonna col Bambino della chiesa di Sant’Agostino a Montepulciano (Siena) del 1493-1497, che si riunisce dopo secoli ai tre pannelli di predella degli Uffizi (Annunciazione, Adorazione dei pastori, Adorazione dei re magi), testimonianza della vivacità narrativa del pittore, con gli scorci prospettici, gli abiti alla moda, i paesaggi.
Il linguaggio di Signorelli si evolve, si arricchisce con la straordinaria esperienza a Orvieto, i contatti con prestigiosi colleghi, e dà i suoi frutti nel primo decennio del Cinquecento, come evidenzia la tavola con Santa Maria Maddalena (1504) del Museo dell’Opera del duomo di Orvieto. E soprattutto la Pala di Matelica (1504-1505), che doveva rappresentare un Compianto su Cristo per l’altare maggiore di Sant’Agostino a Matelica (Macerata), smembrata e dispersa nel Settecento, di cui in mostra si ricongiungono sei delle sette parti identificate, arrivate da Londra, Bologna e Washington. Una ricostruzione importante che potrà essere confrontata con l’unica opera rimasta a Cortona del pittore, il Compianto su Cristo morto del 1501-1502, destinato a un altare della chiesa cittadina di Santa Margherita, visibile oggi al Museo diocesano. Il Compianto cortonese, che doveva fare da modello a quello di Matelica, secondo le richieste della committenza, è un’opera affascinante. Era stata realizzata durante la peste, che infuriava a Cortona in quegli anni di primo Cinquecento, un flagello che aveva portato via un figlio maschio del pittore, nel fiore degli anni e avviato al suo stesso mestiere. Secondo il racconto di Vasari, Signorelli, nonostante il grande dolore, fece spogliare il cadavere del figlio e lo ritrasse con forza d’animo nel Cristo sdraiato ai piedi della croce per poterlo vedere e “avere” malgrado la morte. Un figlio in certo modo restituito alla vita e un’opera spettacolare.
IN BREVE:
ART E DOSSIER N. 412
SETTEMBRE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il MAGA?: Una fabbrica culturale di Federico D. Giannini; CORTOON:Tecnica mista con conchiglia di Luca Antoccia; GRANDI MOSTRE. 1 - Plessi a Brescia e a Milano- Nozze d’oro di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Iperrealismo a Roma - A onor del vero di Ilaria Rossi