Grandi mostre. 4 
LA VERSILIA A CAVALLO TRA OTTO E NOVECENTO A FORTE DEI MARMI

SULL'ONDA DI UN MITO

DURANTE I SOGGIORNI A PARIGI VIANI SCOPRÌ LA MODERNITÀ DI TOULOUSELAUTREC, VAN GOGH, PICASSO, SENZA DIMENTICARE LO SGUARDO CRITICO DI DAUMIER E DI GOYA

Marta Santacatterina

Quella allestita nella cittadina balneare di Forte dei Marmi (Lucca) è una mostra che si pone gli obiettivi di recuperare le tracce di un mito che ha avvolto la Versilia, di svelare la quintessenza del territorio e la sua fisionomia originale e autentica. Negli spazi del centralissimo Fortino Leopoldo I – l’unico bastione sopravvissuto di una fortificazione fatta costruire da Pietro Leopoldo I d’Asburgo Lorena alla fine del XVIII secolo – va in scena un racconto per immagini, Accadde in Versilia, e che vede come protagonisti tre pittori d’eccezione: Plinio Nomellini, Lorenzo Viani, Moses Levy. Ciascuno con la sua diversa provenienza, lo stile peculiare, le amicizie e le relazioni intrattenute con celebri esponenti della cultura che gravitavano in quella piccola lingua di terra tra le Alpi apuane e il mare e che dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta del Novecento visse un’irripetibile età d’oro. Per comprendere quel particolare contesto abitato o frequentato da Giacomo Puccini, Alessandro Manzoni, Galileo Chini, Rainer Maria Rilke, Luigi Pirandello, Gabriele D’Annunzio, Carlo Carrà, la curatrice della mostra, Elisabetta Matteucci – che per la realizzazione del progetto è stata affiancata da Claudia Fulgheri e Francesca Panconi –, risale con la memoria a qualche decennio addietro.

Nel luglio del 1822, infatti, sulla spiaggia di Viareggio, due “dragoni” a cavallo rinvennero il cadavere del giovane Percy Bysshe Shelley, salpato pochi giorni prima da Livorno sulla goletta Ariel per dirigersi alla volta di Lerici (La Spezia), dove non arrivò mai poiché naufragò. Il corpo venne cremato su un braciere e la memoria di quell’evento tragico si conservò a lungo, tanto che nel 1894 l’inaugurazione di un busto dedicato al poeta inglese suscitò aspre polemiche religiose tra chi lo considerava un monumento all’ateismo e chi una memoria al «Bardo della libertà». Si può quindi affermare che proprio le scintille di quel rogo abbiano acceso il processo di mitizzazione della Versilia.

«La vicenda artistica di Nomellini prende, dunque, avvio in una Versilia scossa e appassionata», scrive Matteucci in catalogo. «Il carattere fiero, impulsivo ed estremista di pittore politicamente impegnato lo porta a condividere l’idea di promuovere un rinnovamento radicale». L’artista, nato a Livorno nel 1866, era stato allievo di Giovanni Fattori e aveva partecipato ai fermenti anarco-socialisti a Genova, per poi trovare un “buen retiro” a Torre del Lago (Lucca), dove diventò vicino di casa di Puccini, che peraltro lo incaricò di affrescare una sala della sua villa. Tra le circa sessanta opere esposte a Forte dei Marmi – tutte provenienti da collezioni private, salvo un olio su tela prestato da Il Divisionismo - Pinacoteca Fondazione Cassa di risparmio di Tortona (Alessandria) –, quindici sono di Nomellini e si datano a partire dagli ultimi anni del XIX secolo fino al 1930 circa. Grazie alla selezione dei dipinti è possibile ripercorrere le tappe di «un itinerario sentimentale che conduce Nomellini all’idealità di una pittura, soprattutto di paesaggio, fondata essenzialmente su forma, luce e colore », afferma ancora Matteucci. Vi si ritrovano opere che allora venivano definite «neoimpressioniste», da cui poi l’artista sviluppò la pennellata divisa, come si evince chiaramente dalla dissoluzione delle forme che caratterizza i luminosi e suggestivi Ore quiete e L’ora della cena. E dopo essersi stabilito in Versilia, il codice espressivo di Nomellini si affinò raggiungendo un equilibrio tra intimismo lirico, gusto per il decorativismo e un simbolismo allegorico che dà il meglio di sé nei notturni, come quello dipinto attorno al 1919-1920 che si ammira in mostra.

Plinio Nomellini, L’ora della cena (1898).


Lorenzo Viani, Sposalizio (1913-1914).

Nel 1898 Lorenzo Viani, nato a Viareggio (Lucca) sedici anni prima, conobbe Puccini, D’Annunzio e Nomellini; quest’ultimo consigliò al giovane di iscriversi all’Istituto d’arte di Lucca, dove Viani ebbe modo di incontrare il tunisino Moses Levy. Entrambi frequentarono dal 1904 i corsi tenuti dall’ormai anziano Fattori alla Scuola libera del nudo dell’Accademia di belle arti di Firenze. A Viani è quindi dedicato il secondo “capitolo” monografico dell’esposizione con un nucleo di opere che si discostano radicalmente dalle atmosfere idilliache di Nomellini: il viareggino adottò infatti uno stile decisamente più espressionista e lo usò per ritrarre il volto oscuro delle sue terre, abitate da diseredati, pescatori, maestri d’ascia e operai affaccendati attorno alla darsena. I suoi soggiorni a Parigi gli fecero scoprire la modernità di Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Picasso, senza dimenticare lo sguardo critico di Daumier e di Goya. Questi modelli sono evidenti in opere come I provinciali dal fotografo, con la sua atmosfera bruna data dalla tintura di iodio, Nudo di schiena, e il potente Sul molo del 1915, mentre di fronte alla ieratica Moglie di marinaro il pensiero corre a Klimt, anche per l’uso del fondo oro. Da non perdere la cornice del dipinto Il mulino di Giustagnana, intagliata da Viani come se fosse una matrice xilografica, pratica a cui si dedicava regolarmente, oltre ai lavori in cui contestava il conformismo borghese con un linguaggio assai vicino alla satira dell’epoca. Viani peraltro non sfuggì all’attenzione di Margherita Sarfatti, che rimase colpita soprattutto dallo Sposalizio: «La satira è qui sottolineata da uno sfarfallio di tinte vive e brillanti, leggere e briose come l’impertinente trillar di note di uno scherzo musicale», commentò la critica d’arte, nonché anima del movimento Novecento.
Chiude gioiosamente il percorso espositivo un ampio focus su Moses Levy, l’artista che restituì l’immagine della Versilia come luogo di “loisir et plaisir”. Amico di Viani, con il quale espose nel 1915 nell’elegante Gran caffè Margherita di Viareggio, il tunisino elesse quelle terre a sua patria, per poi compiere un periplo del Mediterraneo e quindi fuggire prima a Nizza e poi a Tunisi a causa delle leggi razziali fasciste del 1938. Al termine della seconda guerra mondiale Levy fece però ritorno a Viareggio, dove si spense nel 1968. Le opere esposte che rappresentano la poliedricità del suo stile si spingono solo fino al 1938 e illustrano il suo periodo divisionista, vicino allo stile di Nomellini, nonché la simpatia per il futurismo e in particolare per Depero, l’attenzione per la Metafisica e poi per i linguaggi francesi di inizio Novecento, in primis per Matisse. È tuttavia nei dipinti che ritraggono le spiagge affollate della Versilia che si ritrova non solo quella che è stata definita «rapidissima stenografia levyana», ma anche un perfetto equilibrio tra la luce abbagliante, il morbido beige della sabbia su cui si mimetizzano i corpi nudi dei bimbi, i bianchi sfolgoranti delle vesti femminili e le macchie brillanti e vivaci dei costumi da bagno. E di fronte a Mareggiata pare quasi di sentire il frastuono dei “cavalloni” spumeggianti e le urla dei coraggiosi bagnanti.

Plinio Nomellini, Ore quiete (1898).


Moses Levy, Luce marina (1917-1918).

IN BREVE:

Accadde in Versilia. Il tempo di Plinio Nomellini, Lorenzo Viani e Moses Levy
a cura di Elisabetta Matteucci, con la collaborazione di Claudia Fulgheri e Francesca Panconi
Forte dei Marmi (Lucca), Fortino Leopoldo I
fino al 5 novembre
orario 17-23, mercoledì 10-13 (fino al 10 settembre); mercoledì 10-13, venerdì, sabato e domenica 10-13/16-19.30, lunedì, martedì e giovedì chiuso (dall’11 settembre al 5 novembre)
catalogo Nomos Edizioni
www.visitforte.com

ART E DOSSIER N. 412
ART E DOSSIER N. 412
SETTEMBRE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il MAGA?: Una fabbrica culturale di Federico D. Giannini; CORTOON:Tecnica mista con conchiglia di Luca Antoccia;  GRANDI MOSTRE. 1 - Plessi a Brescia e a Milano- Nozze d’oro di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Iperrealismo a Roma -  A onor del vero di Ilaria Rossi