Grandi mostre. 1 
PLESSI A BRESCIA E A MILANO

NOZZE D'ORO

FABRIZIO PLESSI, DOPO LA MOSTRA VENEZIANA DEL 2020 PER CELEBRARE I SUOI OTTANT’ANNI (INTERROTTA A CAUSA DELLA PANDEMIA), TORNA A SUGGELLARE IL MATRIMONIO CON L’ARTE ATTRAVERSO INSTALLAZIONI E VIDEOPROIEZIONI IMMERSE IN DORATE SCENOGRAFIE.

Sileno Salvagnini

FFabrizio Plessi non poteva scegliere luogo più carico di significati per la sua grande mostra a Brescia se non il Complesso museale di Santa Giulia. Che costituisce una sorta di “genius loci” della città lombarda, comprendendo vestigia antiche risalenti all’epoca romana, come il Capitolium o Tempio capitolino, databile al 70 circa d.C. e dedicato all’imperatore Vespasiano per celebrarne le vittorie, dove da pochi anni, dopo lungo restauro e riallestimento, è stata posta la celebre Vittoria alata, statua bronzea del I secolo d.C. E ancora, edifici di età longobarda, come la chiesa di San Salvatore, ricca di affreschi e stucchi del periodo successivo, costruita da re Desiderio nell’VIII secolo d.C., all’interno della quale furono traslate le spoglie di santa Giulia nel 761 d.C. Un complesso, non a caso, riconosciuto dall’UNESCO «patrimonio dell’Umanità».


UNA LUCE DORATA MUOVE L’ABITO DI SANTA GIULIA COME SE FOSSE SCOSSO DAL VENT0. IL MOSAICO DIGITALE SOPRA LE VESTIGIA, E I RELATIVI RIFLESSI AUREI SULLE PARETI, SIMBOLO DI TRAGICITÀ

Floating santa Giulia (2023), copia digitale della secentesca Santa Giulia crocifissa, Brescia, Museo di Santa Giulia.


Underwater Treasure (2023), Brescia, Museo di Santa Giulia, Domus dell’Ortaglia.

Ma senza andare così lontano nel tempo, anche nel XX secolo Brescia è stata una capitale dell’arte così come lo è ora della cultura insieme a Bergamo. Ha annoverato, infatti, avveduti collezionisti come Pietro Feroldi, creatore di una straordinaria raccolta comprendente Modigliani, de Chirico, Picasso, Morandi, Matisse, confluita poi in gran parte in quella Mattioli. O come Guglielmo Achille Cavellini, che riunì negli anni Quaranta-Cinquanta la miglior arte astratta italiana ed europea, da Emilio Vedova a Renato Birolli, da Giuseppe Santomaso a Hans Hartung. Per non parlare del figlio Piero, realizzatore da metà anni Settanta di gallerie e curatore, qualche mese fa, nello Spazio contemporanea della Fondazione Clerici, di una mostra dedicata alla collezione dei Campiani con autori quali Alighiero Boetti, Mario Merz, Hidetoshi Nagasawa, Giulio Paolini, Nam June Paik.

Che Plessi si inserisse perfettamente in questa linfa vitale era dunque scontato, naturale oserei dire. Il maestro veneziano – ma nato a Reggio Emilia – “sbarca” a Brescia come una sorta di doge, pensando di “sposare” simbolicamente la città non diversamente da come i dogi della Serenissima, seguiti da tutta la popolazione, celebravano il matrimonio col mare nella festa dell’Ascensione («festa della Sensa», in antico veneto), gettando in acqua un anello benedetto e pronunciando la famosa frase: «Desponsamus te, mare, in signo veri perpetuique dominii» (Sposiamo te, o mare, in segno di vero ed eterno dominio). Parafrasando questa locuzione e adattandola a Plessi, si potrebbe affermare: «Desponso te, Brixia, in signo artis perpetuae» (Ti sposo, o Brescia, nel segno dell’arte eterna). Dichiara infatti Plessi: «Sono stato sempre innamorato dell’arte: e a Brescia mi sposo con i monumenti». Ecco spiegate le ragioni della gigantesca vera nuziale aurea di circa sei metri di diametro («Ho dovuto contenermi quanto a dimensioni attenendomi alle disposizioni della Soprintendenza», mi confida peraltro Plessi), con led nella parte interna che suggeriscono un fluire continuo, ammirabile nella navata di San Salvatore.

L’uso dell’oro risale a un’esposizione ideata da Plessi nel 2020 per i suoi ottant’anni, che si sarebbe dovuta tenere a Venezia, nelle sale di Ca’ Pesaro - Galleria internazionale d’arte moderna, ma che non fu realizzata a causa del Covid-19, intitolata appunto L’età dell’oro. Anche in quell’occasione ad affascinarlo era stata la nozione stessa di incorruttibilità del prezioso materiale, tramite il quale l’artista desiderava proiettare la propria lunga carriera verso l’ignoto, in una ciclicità temporale senza passato, presente o futuro. Seguendo il percorso della mostra bresciana, accanto alla secentesca Santa Giulia crocifissa in marmo, incontriamo una copia digitale intitolata Floating santa Giulia, con una luce dorata che ne muove l’abito come se fosse scosso dal vento. In una sala del museo che ospita cippi, capitelli e colonne troviamo Colonne colanti, metafora ancora una volta della vacuità dei simboli terreni del potere davanti al tempo in quanto esse si consumano e a mano a mano spariscono in una pozza dorata.

Un’installazione del tutto sconvolgente è Underwater Treasure, creata nell’immensa sala contenente gli scavi e i mosaici della Domus dell’Ortaglia. Sconvolgente perché il grande mosaico digitale che ne sormonta le vestigia e i relativi riflessi aurei sulle pareti, in lento ma continuo movimento, è sì simbolo di tragicità per quello che non c’è più; ma anche, se non soprattutto, per il senso di sospensione temporale che evoca: poiché anche l’installazione di Plessi è destinata ineluttabilmente – ricorda Luca Massimo Barbero in occasione della conferenza stampa della mostra – a dover essere preda della storia. Mi verrebbe da dire con gli spazialisti di Fontana: «L’arte è eterna, ma non può essere immortale». Rimarrà eterna come gesto, ma morrà come materia: anche con l’elemento che più si avvicina all’immortalità, l’oro, quando la Terra stessa sarà ritornata nel proprio grembo spaziale.

L’ultima delle cinque installazioni è Capita aurea: tre opere digitali, che riproducono tre teste in bronzo dorato di imperatori romani nell’aula occidentale del Capitolium. A impressionare Plessi, infatti, sono state proprio opere di questo tipo, rinvenute nei pressi del Tempio capitolino, tre delle quali ritenute dagli archeologi verosimilmente raffiguranti Settimio Severo (146-211 d.C.), Marco Aurelio Probo (232-282 d.C.) e Claudio II il Gotico (213-270 d.C.). Vedendole, l’artista concepisce appunto altrettante installazioni dove un flusso d’oro di circa tre metri sgorgante dalle singole teste si conclude in una pozza incolore: a poco a poco esse, infatti, si decompongono e svaniscono con impressionante effetto. Chiaro rimando alla «Vanitas! Vanitatum Vanitas» (Vanità! Vanità delle vanità), biblica e goethiana, con cui si allude alla fugacità di ogni cosa terrena. Da sottolineare, infine, la serie di appunti, progetti e disegni raccolti nella Sala dell’affresco del Museo di Santa Giulia, cui Plessi dà il titolo La mia testa è un foglio A3: a evidenziare il fatto che è anche un grande disegnatore, essendosi formato in un’accademia storica come quella di Venezia, dove il disegno è sempre stato alla base di ogni formazione artistica.

L’idea dell’oro è sottesa anche all’altra, importante mostra milanese di Plessi, Mariverticali, a Palazzo reale, che riprende un tema immaginato fin dal 2010, con gigantesche barche inclinate, al cui interno l’artista aveva allora posizionato degli schermi proiettanti flussi di acqua. L’anno dopo quelle stesse barche sarebbero state esposte alla 54. Biennale di Venezia e poi portate in diverse città, fra cui Dubai. Senonché a Milano il mare non è più d’acqua come nelle installazioni realizzate nel 2010, ma ancora una volta d’oro. Come mi disse Plessi nel 2020 quando concepì questa modifica: «Perché il mio lavoro storico non può essere ravvivato e attualizzato attraverso un cambio di materia? Le mie acque diventeranno infatti d’oro, i miei fuochi si trasformeranno in oro, le mie lave muteranno in oro. Che diventerà la metafora del mio sogno…». Un sogno che sfiderà il tempo.

IN BREVE:

Plessi sposa Brixia
a cura di Ilaria Bignotti
Brescia, Museo di Santa Giulia e Parco archeologico
fino al 7 gennaio 2024
orario 10-19, chiuso il lunedì non festivo
catalogo Skira
www.bresciamusei.com

Fabrizio Plessi. Mariverticali
a cura di Bruno Corà, Alberto Fiz e Marco Tonelli
Milano, Palazzo reale, Sala delle cariatidi
fino al 10 settembre
orario 10-19.30, giovedì 10-22.30, chiuso il lunedì
www.palazzorealemilano.it

ART E DOSSIER N. 412
ART E DOSSIER N. 412
SETTEMBRE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il MAGA?: Una fabbrica culturale di Federico D. Giannini; CORTOON:Tecnica mista con conchiglia di Luca Antoccia;  GRANDI MOSTRE. 1 - Plessi a Brescia e a Milano- Nozze d’oro di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Iperrealismo a Roma -  A onor del vero di Ilaria Rossi