Ma senza andare così lontano nel tempo, anche nel XX secolo Brescia è stata una capitale dell’arte così come lo è ora della cultura insieme a Bergamo. Ha annoverato, infatti, avveduti collezionisti come Pietro Feroldi, creatore di una straordinaria raccolta comprendente Modigliani, de Chirico, Picasso, Morandi, Matisse, confluita poi in gran parte in quella Mattioli. O come Guglielmo Achille Cavellini, che riunì negli anni Quaranta-Cinquanta la miglior arte astratta italiana ed europea, da Emilio Vedova a Renato Birolli, da Giuseppe Santomaso a Hans Hartung. Per non parlare del figlio Piero, realizzatore da metà anni Settanta di gallerie e curatore, qualche mese fa, nello Spazio contemporanea della Fondazione Clerici, di una mostra dedicata alla collezione dei Campiani con autori quali Alighiero Boetti, Mario Merz, Hidetoshi Nagasawa, Giulio Paolini, Nam June Paik.
Che Plessi si inserisse perfettamente in questa linfa vitale era dunque scontato, naturale oserei dire. Il maestro veneziano – ma nato a Reggio Emilia – “sbarca” a Brescia come una sorta di doge, pensando di “sposare” simbolicamente la città non diversamente da come i dogi della Serenissima, seguiti da tutta la popolazione, celebravano il matrimonio col mare nella festa dell’Ascensione («festa della Sensa», in antico veneto), gettando in acqua un anello benedetto e pronunciando la famosa frase: «Desponsamus te, mare, in signo veri perpetuique dominii» (Sposiamo te, o mare, in segno di vero ed eterno dominio). Parafrasando questa locuzione e adattandola a Plessi, si potrebbe affermare: «Desponso te, Brixia, in signo artis perpetuae» (Ti sposo, o Brescia, nel segno dell’arte eterna). Dichiara infatti Plessi: «Sono stato sempre innamorato dell’arte: e a Brescia mi sposo con i monumenti». Ecco spiegate le ragioni della gigantesca vera nuziale aurea di circa sei metri di diametro («Ho dovuto contenermi quanto a dimensioni attenendomi alle disposizioni della Soprintendenza», mi confida peraltro Plessi), con led nella parte interna che suggeriscono un fluire continuo, ammirabile nella navata di San Salvatore.