Grandi mostre. 3
ALESSANDRO MAGNO A NAPOLI

Il re e le sue sfide
(IM)POSSIBILI

UN AMPIO PROGETTO ESPOSITIVO OMAGGIA ALESSANDRO MAGNO ATTRAVERSO OGGETTI E PITTURE. A PARTIRE DAGLI AFFRESCHI RINVENUTI A BOSCO REALE DEDICATI TOTALMENTE, COME EVIDENZIATO DA UN'ACCURATA RICERCA SCIENTIFICA, AL SOVRANO MACEDONE.

Lauretta Colonnelli

Un giovane con la testa avvolta nella “kausia”, il copricapo dei re macedoni, e il corpo seminascosto dallo scudo decorato con la stella a otto punte. Seduta di fronte, una donna riccamente abbigliata all’orientale, che impersona l’Asia e si regge il mento con la mano. Lo guarda con aria malinconica. Una striscia bluastra separa le due figure, evocando lo stretto dei Dardanelli, il tratto di mare che separa l’Europa dall’Asia. Nel giovane macedone, che conficca nella roccia oltre lo stretto la sua lunga lancia, si riconosce Alessandro Magno, il re che nel 334 a.C. si accingeva a imporre il proprio scettro sui due continenti allora conosciuti, l’uno per legittima discendenza, l’altro per diritto di conquista.

Questa immagine di Alessandro ricalca quella ritenuta fino a oggi l’unica aderente alla realtà: il suo ritratto nel Gran musaico, come fu chiamato il pavimento in tessere musive rinvenuto nel 1831 nella Casa del fauno, una delle più grandi e lussuose di Pompei. Identici gli occhi scuri e grandi, e i capelli bruno-rossicci divisi in mezzo da una scriminatura, e le labbra piegate all’ingiù, e il viso sbarbato. Al ritratto in mosaico si sovrappone ora il ritratto del giovane identificato in Alessandro da Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo negli affreschi eseguiti alla metà del I secolo a.C., e ritrovati tra luglio 1899 e marzo 1902 a Boscoreale, nella villa che fu chiamata di Publio Fannio Sinistore, dal nome dell’ultimo proprietario.

Tra i primi a vederli fu il poeta Salvatore Di Giacomo: «Le antiche pareti rimaste in piedi hanno svelato alla meraviglia e all’ammirazione nostre i più interessanti affreschi i quali, fin ad oggi, si siano rinvenuti in queste esplorazioni pazienti del vasto territorio pompeiano. Gli affreschi – più di cento – si son trovati sparsi qua e là sulle pareti del portico del secondo peristilio. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha incaricato un’apposita Commissione per gli studi sulla nuova casa e sulle sue pitture. Aspettiamo con viva impazienza questo giudizio. La pubblicazione officiale sarà, a quanto si dice, sontuosa».

La commissione citata da Di Giacomo era stata eletta nell’agosto del 1900 dal ministro della Pubblica istruzione Niccolò Gallo. Riunitasi più volte, stabilì all’unanimità la grande importanza degli affreschi ed espresse il parere che tutti dovessero essere acquistati dallo Stato, perché di enorme interesse artistico. Ma le raccomandazioni caddero nel vuoto. Nel 1903 furono messi all’asta e il governo italiano acquistò solo pochi pezzi, tra i quali il frammento con il ritratto di Alessandro, oggi conservato al Museo archeologico nazionale di Napoli. Il resto fu disperso in una ventina di musei di tutto il mondo, dal Louvre di Parigi al Metropolitan di New York.

Soltanto nel 2013 è uscita in Francia la prima approfondita ricerca scientifica sugli affreschi, condotta da Annie Verbanck-Piérard e Alix Barbet: La villa romaine de Boscoreale et ses fresques. Grazie a questa pubblicazione – e agli studi precedenti degli archeologi Felice Bernabei e Mario Torelli – Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo hanno potuto riesaminare il ciclo completo, arrivando alla conclusione che è dedicato interamente ad Alessandro e alle profezie che avrebbero annunciato la sua nascita e la sua grandezza, a partire dal concepimento da parte di Filippo e Olimpiade, avvenuto nel 357 a.C, a Samotracia, luogo di riti misterici rivolti ai Grandi dèi, i Cabiri. Così i due studiosi hanno pensato di presentare le nuove scoperte nella mostra Alessandro Magno e l’Oriente, aperta fino al 28 agosto al Museo archeologico nazionale di Napoli, dove si celebrano l’immagine e la vita del re macedone attraverso statue e vasi, dipinti e anfore, monete e sigilli. Si scopre che la sua spedizione non fu evanescente «come la spuma del mare su una riva sabbiosa», opinione rimasta intatta per secoli. Le più remote contrade dell’Asia – dall’Afghanistan del Nnord, al Turkmenistan, all’Uzbekistan e fino alle propaggini dell’Himalaya occidentale e alla valle dell’Indo – furono popolate da genti greche che presto si coniugarono con i popoli conquistati. Le arti, il commercio e lo stile di vita di quei luoghi subirono nell’età ellenistica un profondo mutamento, scaturito dall’incontro tra la civiltà greca e quella indiana.


Battaglia di Alessandro e Dario (fine del II secolo a.C.), da Pompei, Casa del fauno Napoli, MANN - Museo archeologico nazionale, come tutte le opere riprodotte in questo articolo.


Statuetta di Alessandro su Bucefalo in combattimento (I secolo d.C.), probabile copia romana in miniatura dell’originale greco col gruppo del Granico di Lisippo.


Busto di Seleuco I di Siria, da Ercolano, Villa dei papiri (I secolo a.C.).


NEL GIOVANE MACEDONE CHE CONFICCA NELLA ROCCIA OLTRE LO STRETTO LA SUA LUNGA LANCIA SI RICONOSCE ALESSANDRO MAGNO

frammento di affresco con ghirlanda, da Boscoreale (Napoli), villa di Publio Fannio Sinistore, peristilio (metà del I secolo a.C.);


affresco con filosofo, Alessandro e l’Asia, da Boscoreale, villa di Publio Fannio Sinistore, “oecus” (metà del I secolo a.C.), particolare.

Desta meraviglia vedere in mostra, scolpite nella pietra locale dei paesi conquistati, le figure di Eracle con la clava, di Atlante inginocchiato, di eroti alati e di capitelli ionici, e di Budda, che secondo alcuni aveva mutuato il sorriso composto del divino Apollo. Allo stesso modo sorprende la piccola e splendida danzatrice d’avorio ritrovata nel 1938 in una casa di Pompei, e identificata come l’Afrodite indiana.

Si scopre anche che il committente della villa di Boscoreale fu quasi sicuramente Giulio Cesare, che in Spagna, vedendo una statua di Alessandro, si era messo a piangere. Gliene chiesero il motivo e rispose che l’eroe macedone alla sua età aveva già conquistato mezzo mondo e regnava su infiniti popoli, mentre lui si affannava a combattere in Iberia.

Protettrice della famiglia Iulia era Afrodite, che si riconosce, con Eros in braccio, in uno degli affreschi. Le ambizioni di Cesare a dominare il mondo sembrano realizzarsi con la morte di Pompeo (48 a.C.) e l’unione con Cleopatra, regina d’Egitto. E la villa di Boscoreale, costruita in quegli anni, presenta tutte le caratteristiche dei “deversorii”, le dimore utilizzate dagli ottimati (gli aristocratici) durante i viaggi per ricevere i postulanti, i “clientes” e gli amici. La ridotta estensione del quartiere servile, in grado di ospitare al massimo una dozzina di schiavi, conferma che si tratta di una proprietà terriera poco estesa e destinata soltanto all’autoconsumo. La solennità dell’ingresso, al contrario, suggerisce il confronto con la dimora di Cesare a Roma.

Il Gran musaico, appeso fino a qualche anno fa nelle sale dei mosaici del Museo archeologico nazionale di Napoli, a destra dello scalone, non è ora visibile. Giace rovesciato nei laboratori per un restauro che dovrebbe sostituirne il supporto di cemento con uno più leggero. Si può solo ammirare, in mostra, la ricostruzione virtuale proiettata sul pavimento di una sala. Una tradizione attribuisce il dipinto originale, da cui il mosaico fu copiato, al celeberrimo Apelle, pittore ufficiale di Alessandro, in base a un aneddoto in cui l’artista, arrabbiato perché non riusciva a rendere la bava sanguinolenta sulla bocca di un cavallo, avrebbe scagliato contro la bocca la spugna imbevuta di colore rosso, producendo proprio quell’effetto a macchia tanto cercato, e riconosciuto nel mosaico pompeiano. Il dipinto è ricordato nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, che parla di un’opera «seconda a nessun’altra», raffigurante «una battaglia fra Alessandro Magno e Dario».

Ancora oggi si discute se la battaglia sia quella di Isso (333 a.C.) o quella di Gaugamela (331 a.C.), che decretò la fine dell’impero persiano. Alessandro ha i capelli corti e le basette che si raccolgono sotto il mento, monta un cavallo scalpitante e scaglia la lancia contro il nemico. Dario è dritto su un carro trainato da quattro cavalli neri, e il cocchiere li sferza per spingerli alla fuga. «Un quarto personaggio, collocato come i tre precedenti in primo piano, tiene per le briglie un cavallo e sembra volerlo offrire al capo che è sul carro, quasi a suggerirgli un mezzo più sicuro per salvarsi, data l’evidente difficoltà per il carro di farsi strada attraverso i morti, i feriti e le armi di cui il campo di battaglia è pieno. In totale ci sono ventotto combattenti e sedici cavalli, tutti all’incirca di un terzo più piccoli della taglia di un uomo normale», annotò Alexandre Dumas padre, che vide il mosaico nel 1835 e ne scrisse nel Corricolo.

L’opera, oltre tre metri per sei, quasi venti metri quadrati di superficie, è composta da milioni di microscopiche tesserine in pietra (un centimetro quadrato ne contiene una trentina), di varie forme e colori, ognuna tagliata in modo da evocare la pennellata di un dipinto. Tutte insieme danno un effetto instabile, quasi un brulichio trascolorante. Le tinte sabbiose del cielo alludono al polverone che spesso nelle battaglie impediva di distinguere amici e nemici.

Intorno al 1840 il mosaico fu staccato dal pavimento, chiuso in una cassa, caricato su un carro ferroviario trainato da cinque coppie di buoi e trasferito da Pompei a Napoli. Il viaggio durò nove giorni e per due volte la cassa cadde dal carro. Ma l’opera arrivò indenne fino all’allora Real museo borbonico, e fu un evento straordinario del quale si parlò in tutta l’Europa.


Figura femminile indiana (prima metà del I secolo d.C.), da Pompei, Casa della statuetta indiana, Napoli, MANN - Museo archeologico nazionale di Napoli.


Anfora apula con Alessandro e Dario (seconda metà del IV secolo a.C.).

Alessandro Magno e l’Oriente

a cura di Filippo Coarelli e Eugenio Lo Sardo
Napoli, MANN - Museo archeologico nazionale di Napoli
fino al 28 agosto
orario 9-19.30, chiuso il martedì
www.mann-napoli.it
catalogo Electa

ART E DOSSIER N. 411
ART E DOSSIER N. 411
LUGLIO-AGOSTO 2023
In questo numero: CAMERA CON VISTA: Piccole lingue madri di Luca Antoccia; STORIE A STRISCE: Il mondo nel disegno di Sergio Rossi; GRANDI MOSTRE. 1 - Le celebrazioni di Picasso - Sulle tracce di Picasso di Gloria Fossi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Futurismo a Otterlo - Radicali e bellicosi di Claudio Pescio