La pagina nera 

TREMA LA ROCCA
SUL MAR CHE TRABOCCA

Fabio Isman

Un piccolo paradiso ambientale, con una fortezza cinquecentesca, colpito dall’erosione. È quello della riserva naturale Sentina, sulla costa marchigiana. le scogliere esistenti proteggono solo le strutture ricettive. e la storica rocca? il progetto per creare un frangiflutti per lei c’è, ma sembra bloccato. non merita avviarlo per salvare la torre e la memoria del luogo?

Centottanta specie avicole, stanziali o di passaggio, migratorie o svernanti, censite nel tempo; venti di mammiferi che vi abitano; un patrimonio floreale di quattrocentocinquantasei entità, di cui svariate sparite ormai da decenni; un paio di chilometri di intonsa costa adriatica; e un antico edificio, di cui parleremo, che ora è in pericolo: questa è la riserva naturale Sentina nelle Marche, nel Comune di San Benedetto del Tronto, alla foce del fiume omonimo, vicina a Porto d’Ascoli, e al confine con l’Abruzzo. La più piccola riserva marchigiana, lo è dal 2004, possiede una notevole valenza ambientale; ma è colpita dall’erosione. Negli ultimi vent’anni, le è costata nove dei centottanta ettari. È messo a repentaglio anche lo storico immobile che la contraddistingue.

Nessuna difesa artificiale protegge la costa; paradossalmente, gli scogli si fermano dove inizia la riserva: proteggono il lungomare, gli hotel e gli stabilimenti balneari, come se fossero gli unici ad avere un valore da preservare che l’area protetta non sembrerebbe invece possedere. Il litorale è “mangiato” dai flutti, e il Tronto, a causa dell’impoverimento del proprio letto, causato anche dalle attività estrattive, non gli fornisce più la sabbia utile a rinnovare il suo nutrimento in modo naturale; l’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha inserito il sito tra le aree costiere a rischio di inondazioni. Così, un piccolo paradiso è esposto al pericolo di essere compromesso in misura assolutamente irrimediabile.

Un edificio del 1543, e le sue mutazioni, ne raccontano le vicissitudini. Nasce per volontà di mastro Battista Raffaele, di Como: è scritto in un documento notarile, redatto davanti a due testimoni garanti per la città di Ascoli Piceno; quattro anni di lavoro per un torrione ottagonale, destinato alla difesa dalle incursioni dei pirati e dei briganti. È noto, oggi, come Torre sul porto; ma in origine, era un piccolo fortilizio. A metà del Seicento, si diffonde una pestilenza; e per scongiurare l’approdo sul litorale di merci straniere, la struttura difensiva si amplia. A ridosso del primitivo impianto, infatti, nel 1673 sorge un edificio rettangolare – che in parte ingloba quello preesistente – destinato a svolgere la funzione di presidio doganale con un nucleo permanente di guardie armate per proteggere il porto fluviale e per garantire anche la sorveglianza sanitaria.

La riserva Sentina, unica zona umida rimasta tra il Gargano e il Po, è nota fin dai tempi antichi. In Vaticano, Gregorio XIII (nato Ugo Boncompagni) vuole la Galleria delle carte geografiche; tra il 1580 e il 1585 i suoi quaranta pannelli sono dipinti da alcuni artisti, tra cui Girolamo Muziano, Cesare Nebbia, i fratelli Paul e Mathijs Bril, Antonio Danti, che seguono i dettami del celebre geografo perugino Ignazio Danti. Vi compare già la Sentina, ma non ancora, per esempio, San Benedetto del Tronto, che si espande fuori dalle mura e verso il mare appena nel 1615. In età romana, qui accanto, a Porto d’Ascoli, terminava la via Salaria e l’area paludosa era un ottimo teatro di caccia. «Il luogo perde d’importanza nell’Ottocento», dice Albano Ferri, presidente di una delle tre associazioni che sovrintendono alla riserva: «Il porto si era interrato; era diventato un ricovero per i pescatori; e a fine del secolo, la stessa torre-fortezza è trasformata in una casa colonica». C’erano un forno e una stalla, razzolavano i maiali.


La torre, nella riserva naturale Sentina (Marche), edificata nel 1543 per volere del lombardo mastro Battista Raffaele. Un tempo a quattrocento metri, oggi a meno di quindici dalle onde del mare, è in grave pericolo.


Un’altra immagine della torre, da un lato, dopo il restauro.


Lo stato della torre quando esondò il fiume Tronto nel 1959.

È abbandonata dagli ultimi abitanti soltanto nel 1990, «e appena nel 2010 è restaurato l’edificio più bello e più antico». Adesso, per implementare le funzioni anche educative della riserva, accanto vi sta (purtroppo) sorgendo una nuova aula didattica: forse, ne svilisce un po’ la bellezza e l’isolamento, ma pazienza.

Per l’erosione, la linea della costa marina e le onde spesso lambiscono ormai la costruzione, di un fascino assai raro. «Un progetto per creare un frangiflutti, una scogliera sotto il pelo dell’acqua che non intralci la vista, è stato redatto tra il 2008 e il 2009 dall’Ispra; la Regione Marche ha anche stanziato sette milioni di euro, che non sono sufficienti, ma rappresentano un buon punto di partenza», dice ancora Ferri. Sta di fatto che adesso la Regione vuole un progetto aggiornato, ma tutto è fermo, pare, nel Comune di San Benedetto del Tronto.

Osservando i documenti di un centinaio d’anni fa, è evidente la trasformazione dell’intera riserva. Un casolare è ormai finito già sott’acqua, e due sono in grave pericolo di essere sommersi. La torre-fortezza, che un tempo distava quattrocento metri dalla battigia, è oggi a meno di quindici dalle onde. Nel caso di una tempesta, meglio non pensarci. Custode della memoria del luogo è la madre di Albano Ferri, Solidea Ripani, di ottantatre anni; si ricorda benissimo che, una volta, non era così; l’Adriatico non formava ancora la piccola baia che ora costituisce la gioia di tanti surfisti: «Fino al 1970, la mia famiglia coltivava un campo, che ora è abbondantemente in mezzo al mare». Nell’area vivevano alcune famiglie contadine, e oggi le case e le strade conservano i nomi legati ai vecchi abitanti.

Il territorio è quasi diviso in due parti: in quella vicina al fiume, pochi edifici, molto verde e la famosa torre; nell’altra, prossima al paese, una ventina di case. Vi lavorano due aziende agricole; mentre gli anziani proprietari di piccoli appezzamenti ingannano il tempo coltivando degli orticelli. Nel luogo cresceva anche, spontaneamente, la liquirizia; fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, c’era chi la lavorava. «La costa era tipica anche per certe sue sabbie rosse: ricordo mio nonno, che le spediva altrove, su vagoni ferroviari da San Benedetto», conclude Ferri. Ora, resta soltanto la fortezza, rimaneggiata, del lontano 1543, e un progetto per metterla al sicuro dalle onde: ne vale la pena. Non si può proprio salvare?


Il sito è tra le aree costiere a rischio di inondazioni e corre il pericolo di essere compromesso in misura assolutamente irrimediabile


Solidea Ripani, custode della memoria del luogo, madre di Albano Ferri, presidente di una delle tre associazioni che sovrintendono alla riserva.


La torre prima del restauro avvenuto nel 2010.

ART E DOSSIER N. 411
ART E DOSSIER N. 411
LUGLIO-AGOSTO 2023
In questo numero: CAMERA CON VISTA: Piccole lingue madri di Luca Antoccia; STORIE A STRISCE: Il mondo nel disegno di Sergio Rossi; GRANDI MOSTRE. 1 - Le celebrazioni di Picasso - Sulle tracce di Picasso di Gloria Fossi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Futurismo a Otterlo - Radicali e bellicosi di Claudio Pescio