Grandi mostre. 2
Futurismo a Otterlo

radicali
e bellicosi

COSA È STATO IL FUTURISMO PER LA CULTURA ITALIANA? E PER L’EUROPA DEI PRIMI DECENNI DEL XX SECOLO, TEATRO DELLE SCORRERIE DI MILLE AVANGUARDIE STORICHE? UNA MOSTRA AL KRÖLLER-MÜLLER CI RACCONTA OBIETTIVI, STRATEGIE DI COMUNICAZIONE, EXPLOIT CREATIVI DELLA PRIMA, VERA AVANGUARDIA ITALIANA DEL NOVECENTO.

Claudio Pescio

E così i buoni motivi per andare a Otterlo quest’estate sono due. Il Kröller-Müller Museum (motivo che vale anche per le altre stagioni) e la sua grande mostra su Il futurismo e l’Europa.

Il museo è un magnifico contenitore di capolavori. Anzitutto di Van Gogh (del quale possiede novanta dipinti, più centottanta disegni); e poi postimpressionisti, come Seurat, e altri esponenti delle avanguardie – Van der Leck, Severini, Mondrian –, con anche due perle cinquecentesche di Cranach e Baldung Grien; ed è circondato da un bosco vastissimo con un giardino popolato di sculture di Rodin, Dubuffet, Oldenburg, Serra. La mostra è una estesa, documentata, leggibile cronaca visiva commentata del diffondersi delle idee futuriste nel nostro continente.

Potremmo iniziare da un’altra mostra, quella che i futuristi italiani tennero a Parigi nel 1912 (e successivamente a Londra, Bruxelles, Berlino, L’Aja e Amsterdam). Antipatici come si conviene a chi non soffre di complessi di inferiorità, i nostri connazionali non si presentarono nel segno della reciprocità e del dialogo, anzi, l'idea era: «Siamo qui per spiegarvi il nuovo modo di essere “moderni”, quindi state attenti». Nemmeno Boldini, Modigliani o Picasso si sarebbero mai sognati di fare qualcosa di diverso dal fondersi volentieri in quel riconosciuto crogiolo di creatività che era la capitale francese. Mentre per i futuristi i cubisti, per esempio, erano “accademici”, con quel loro insistere – pur nella geometrizzazione delle forme – sul ritratto, il paesaggio, il mondo che li circondava. I futuristi volevano rappresentare qualcosa che ancora non c’era, il dinamismo di una realtà in perenne movimento, qualcosa di mai fatto o visto. E soprattutto quadri e sculture non bastavano: la rivoluzione non poteva essere solo una serie di innovazioni estetiche, doveva estendersi dalla pittura e scultura alla grafica, alla pubblicità, alla danza, alla moda, ai costumi, all’arredamento, alla musica, alla poesia, al cinema, alla cucina… La scultura doveva farsi polimaterica e astratta, inglobare il movimento fino a muoversi essa stessa. I futuristi non volevano cambiare l’arte, volevano cambiare il mondo.

Tutto questo vediamo svolgersi nelle sale dello spazio espositivo del museo attraverso circa duecento opere.

A segnare le prime tappe sono i vari “manifesti”. A partire dal Manifesto del futurismo pubblicato dal “Figaro” nel 1909, con le sue citazioni famose: «Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto»; «Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie»; «Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un’urna funeraria»… insomma tutto l’armamentario antipassatista per cui sono diventati celeberrimi. E anche le tirate muscolari, belliciste, e quelle sul «disprezzo per la donna» e contro il femminismo. Contraddetto, ci fa notare il curatore, Fabio Benzi, dalla significativa presenza femminile tra le loro file, soprattutto nella seconda fase del movimento, donne che, va detto, rappresentavano simmetricamente l’opposto del modello femminile ultra-tradizionale vigente nell’Italietta del primo Novecento.


Umberto Boccioni, Le forze di una strada (1911), Osaka, Nakanoshima Museum of Art.


Ugo Pozzo, Cosmopolis (1925).


Fritz Lang, Thea von Harbou, Metropolis (1927), fotogramma.

Seguirono i manifesti su pittura, scultura e architettura, fino a Ricostruzione futurista dell’universo di Giacomo Balla e Fortunato Depero (1915).

Tutto questo agitarsi di dichiarazioni, proclami, invettive creò non poche dispute, anche liti e contestazioni clamorose (in mostra, Le forze di una strada, di Boccioni, 1911, reca ancora al centro il foro praticato nella tela con la punta di un ombrello da un indignato visitatore della versione berlinese della mostra futurista del 1912). Anche per il controverso, contraddittorio e anche ritrattato allineamento di Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore, al fascismo. Cosa che provocò al movimento un lungo isolamento culturale. Ed è qui il nocciolo della questione, ci spiega ancora Benzi, questa instancabile e aggressiva strategia comunicativa serviva a rimarcare l’assoluta novità del futurismo rispetto alle altre avanguardie (con anticipazioni di Dada e dei collage cubisti, e influenze evidenti su Bauhaus e De Stijl), ma anche l’esigenza di sprovincializzare la cultura italiana proprio affacciandosi convintamente (ma senza esplicitarlo troppo) a guardare il resto d’Europa.

Il percorso della mostra evidenzia come, al di là delle intenzioni, delle rivalità nazionalistiche e personali, il risultato fu infatti l’instaurarsi di un dialogo, di scambi, il prodursi di cambiamenti di rotta e riflessioni autocritiche. Esemplare è il gruppo di quattro sedie dalla tipica struttura a zigzag in cui vediamo il futurista Pannaggi copiare Rietveld che a sua volta copia Pannaggi.

La mostra si compone di opere provenienti da collezioni e musei di tutto il mondo. Il confronto a cui si assiste vede i futuristi italiani – Balla, Boccioni, Sant’Elia, Depero, Cappa, Prampolini – faccia a faccia con Delaunay, Picasso, Rietveld, Van Doesburg, Rozanova, GonČarova, Schlemmer. Ed è su questo dialogo che si disegna il percorso del futurismo attraverso gli ampi e ben definiti ambienti della mostra. Vediamo così i progetti di combinazione fra materiali non-artistici di Boccioni o dello stesso Marinetti accostati ad analoghe realizzazioni di Tatlin e Moholy-Nagy.

L’efficacia del discorso svolto in mostra sta proprio nella combinazione tra opere iconiche come il celebre Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni (1913) o Linee di forza del pugno di Boccioni di Balla (1916) con una esemplare varietà di apporti da ambiti e provenienze geografico-culturali diverse. La “città futurista” emerge dai progetti visionari di Mario Chiattone e Antonio Sant’Elia come dai dipinti di Luigi Russolo o dello stesso Boccioni e si riflette nei lavori dei costruttivisti russi o Le Corbusier o nel cinema di Fritz Lang.

L’impegno futurista su grafica e tipografia è rappresentato da libri e riviste marinettiani che trovano un riflesso in Sonia Delaunay e nella grafica russa di Olga Rozanova. Un’importante sezione è dedicata alla moda, o più propriamente ai capi di abbigliamento, dove spiccano i completi e i panciotti di Balla e di Depero e le tute di Thayaht. E particolarmente “moderna” appare la selezione video di documentari, spettacoli, balletti, film.

Era il mondo nuovo che stava prendendo forma, e in mostra possiamo assistere alle trasformazioni di un contesto ambientale che si fa via via più familiare, fino a diventare quello nostro contemporaneo.


Tutto questo agitarsi di dichiarazioni proclami, invettive creò non poche dispute, anche liti e contestazioni clamorose


Filippo Tommaso Marinetti, Corrado Govoni, Francesco Cangiullo, Paolo Buzzi, Parole consonanti vocali numeri in libertà (Milano 1915), Rovereto, Mart.


Luigi Russolo, La rivolta (1911), L'Aja, Kunstmuseum Den Haag .


il primo ambiente della mostra, vi sono visibili Bambina che corre sul balcone, di Giacomo Balla (1912), Milano, Galleria d’arte moderna, e la scultura di Boccioni che vediamo ingrandita qui sotto a sinistra.

Giacomo Balla, Abito futurista (seconda metà degli anni Venti del XX secolo).


Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio (1913, gesso del 1972), Otterlo, Kröller-Müller Museum.

Het futurisme & Europa. De esthetiek van een nieuwe wereld

a cura di Fabio Benzi e Renske Cohen Tervaert
Otterlo (Paesi Bassi), Kröller-Müller Museum
29 aprile - 3 settembre
orario 10-17 dal martedì alla domenica, il lunedì è eccezionalmente
aperto (12-17) dal 1° maggio al 28 agosto, il 16 e il 23 ottobre
www.krollermuller.nl

ART E DOSSIER N. 411
ART E DOSSIER N. 411
LUGLIO-AGOSTO 2023
In questo numero: CAMERA CON VISTA: Piccole lingue madri di Luca Antoccia; STORIE A STRISCE: Il mondo nel disegno di Sergio Rossi; GRANDI MOSTRE. 1 - Le celebrazioni di Picasso - Sulle tracce di Picasso di Gloria Fossi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Futurismo a Otterlo - Radicali e bellicosi di Claudio Pescio