STUDI E RISCOPERTE 2
IL MOTIVO DELLA “TENDA A SACCO”:
TRA SACRO E PROFANO

come un grembo
materno

In diverse opere del quattro-cinquecento troviamo un motivo iconografico singolare, una cortina di letto chiusa a sacco.
Motivo che rimanda a significati trascendenti ma anche molto terreni.

Luigi Senise

Nella National Gallery di Londra è conservata La Madonna dei garofani, una piccola tavola con la Vergine e il Bambino, attribuita (con alcune riserve) alla mano di Raffaello(1). Tra il margine sinistro del dipinto e la spalla di Maria, la forma sferoidale del verde tendaggio evocherebbe un motivo iconografico, diffuso nella cultura figurativa fiamminga del Quattrocento, che potremmo chiamare “tenda a sacco” (Susan Koslow, la prima studiosa a trattare questo argomento, lo ha definito “curtain-sack”)(2): un elemento – di solito una cortina di un letto – che, per la sua forma simile all’utero femminile, o al grembo materno, sarebbe stato utilizzato da alcuni artisti come simbolo dell’incarnazione. Per questa ragione, verrebbe spesso dipinto nelle opere raffiguranti l’Annunciazione, come per esempio vediamo in quella di Hans Memling (1480-1489), oggi al Metropolitan di New York.

Nel Quattrocento, però, troviamo anche opere dove il significato di questo tipo di tendaggio, adattandosi alla nuova committenza d’estrazione prevalentemente mercantile, perderebbe il proprio carattere trascendente per divenire semplice rimando al fecondo amore coniugale. È quanto osserviamo nel Ritratto dei coniugi Arnolfini di Van Eyck, in cui il “sacco” alluderebbe all’imminente parto della sposa, ritratta dal pittore mentre si accarezza il grembo.

Gli scambi commerciali tra Fiandre e Spagna avrebbero favorito, nella cultura figurativa della penisola iberica, la conoscenza della tenda a sacco: Pedro Berruguete, infatti, la rappresenta sul baldacchino del letto dove Anna ha dato alla luce Maria. Non vi è traccia nei Vangeli sinottici di questo episodio, presente al contrario in quelli apocrifi. Nel Vangelo dello pseudo-Matteo leggiamo di un angelo, che sarebbe apparso al marito di Anna, Gioacchino, rivelandogli come il grembo della sua anziana sposa non fosse più sterile: «Discendi perciò dai monti, ritorna dalla tua sposa e troverai che è in stato interessante. Dio, infatti, ha suscitato in lei un seme, del quale devi ringraziarlo. Il suo seme sarà benedetto, e lei stessa sarà benedetta e sarà costituita madre di una benedizione eterna».

Nel dipinto di Berruguete il sacco, pendente dal baldacchino, rappresenterebbe appunto lo sterile grembo di Anna reso fertile dall’intervento divino, per mezzo di un vivido seme. Attorno al 1474, Pedro Berruguete giunge alla corte di Federico da Montefeltro a Urbino. Non v’è naturalmente certezza che l’artista spagnolo abbia introdotto nel linguaggio pittorico italiano la tenda a sacco, ma risulterebbe evidente comunque come nel primo Cinquecento questo motivo iconografico fosse piuttosto diffuso in Italia.

Domenico Beccafumi dipinge, infatti, un incombente sacco sul sommo del letto in cui Anna ha appena partorito la Vergine. Il pittore senese rivela di conoscerne appieno ogni sfumatura simbolica: mentre il sacco ricorda come la gravidanza della madre sia avvenuta sì per intercessione divina, ma con una gestazione naturale, l’anfora (in primo piano), accanto all’infanta, alluderebbe al grembo di Maria quale incorrotto vaso spirituale.


Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434), Londra, National Gallery.


IL COLORE RUBINO DEL GAROFANO RIMANDEREBBE AL SANGUE DELLA PASSIONE E IL TENDAGGIO, COSÌ CHIUSO, AL CASTO GREMBO DI MARIA


Raffaello (attribuito), Madonna dei garofani (1507), Londra, National Gallery.


Hans Memling, Annunciazione (1480-1489), New York, Metropolitan Museum of Art;


Domenico Beccafumi, Natività della Vergine Maria (1540-1543), Siena, Pinacoteca nazionale.

Nel corso del tempo, questo genere di cortina varierebbe ulteriormente il proprio portato simbolico: Baldassare Peruzzi la include – con un rimando evidentemente tutto mondano – sul talamo in cui Giove in forma di pioggia d’oro si congiunge con Danae, dando alla vita Pegaso, nel fregio affrescato per villa Farnesina a Roma. Ed è ancora (forse) Baldassarre Peruzzi, che nel Sacrificio di Ifigenia (a lui attribuito), ne colloca tre, palesemente annodati, sul baldacchino del letto accanto al quale giace la figlia di Agamennone: renderebbero manifesto lo stato virginale di Ifigenia, come ricordano, narrando di lei, Euripide e Ovidio.

Medesimo significato rivelerebbero gli stessi artefatti, similmente aggrovigliati, collocati da Juan de Borgoña sopra il letto di Anna, verso i quali Maria, ancora in fasce, rivolge il suo sguardo, riconoscendovi, nei tre lembi annodati, la futura prefigurazione della propria perpetua verginità (prima, durante e dopo il parto).

In quello che probabilmente era un frammento, attribuito a Raffaello, della Pala del beato Nicola da Tolentino(3) o Pala Baronci (opera smembrata e parzialmente perduta del maestro di Urbino) è raffigurato un voluminoso sacco sul sommo del letto in cui le colombe sono resuscitate dal santo, la cui nascita fu dovuta alla devozione dei genitori a san Nicola di Bari, il quale aveva reso fertile un matrimonio altrimenti sterile. Per questo motivo, i coniugi chiamarono il proprio figlio con il nome del santo originario dell’Asia Minore e vescovo di Mira (in Licia, l’odierna Turchia). Questo spiega perché Nicola da Tolentino fosse anche invocato dalle giovani coppie infeconde e forse chiarisce anche la ragione per cui Raffaello abbia correlato il sacco con la figura del santo.

Tornando alla Madonna dei garofani, è noto come l’attribuzione dell’opera a Raffaello sia imperniata sul disegno preparatorio, rilevato dalla riflessometria infrarossa, nello strato sottostante al colore. Presumibilmente, è un dipinto ultimato da un capace aiuto della bottega del maestro urbinate, ma impostato da lui stesso, giacché concepito con l’intento di soddisfare la colta richiesta di un committente esigente, il quale, osservando la tela, avrebbe assimilato il colore rubino del garofano al sangue della Passione e riconosciuto in quel tendaggio così chiuso il casto grembo di Maria. E avrebbe immaginato la Vergine soave e leggera come quella nuvola, al di là della finestra, sospesa nel cielo azzurrino(4).

La tenda a sacco, nei secoli successivi al Cinquecento, viene pressoché dimenticata. Riaffiora nell’Ottocento grazie a William Morris, che ritrae la propria moglie, Jane Burden, nelle vesti della Bella Isotta, all'interno della loro stanza da letto con due tende tirate su a forma di sacchi che pendono dal soffitto e che rimanderebbero alle due figlie che il fondatore del movimento Arts & Crafts ebbe con la consorte: May e Jane Alice. E forse vi è una eco del significato originario del sacco nel casto gesto della donna ritratta mentre serra i propri fianchi con una cinta dorata.


Raffaello (attribuito), San Nicola resuscita due colombe, forse frammento della Pala del beato Nicola da Tolentino o Pala Baronci (1500), realizzata da Raffaello, Detroit, Detroit Institute of Arts.


William Morris, La bella Isotta (1858), Londra, Tate Britain.


Juan de Borgoña, La nascita della Vergine (1509), Toldedo, cattedrale.


ART E DOSSIER N. 410
ART E DOSSIER N. 410
GIUGNO 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: La generosità dello scultore collezionista di Federico D. Giannini; BLOW UP: Ugo Mulas, Uno sguardo a tutto campo di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Lee Lozano a Torino - Rivoluzione per contraddizione di Ilaria Ferraris ; GRANDI MOSTRE. 2 - Fausto Melotti a Lucca - Una ceramica imbrogliona di Sara Draghi