Grandi mostre. 4
L’ARTE MODERNA DOPO
L’IMPRESSIONISMO A LONDRA

osare con il colore

Un trionfo, anzi un eccesso cromatico spicca in pittura dopo l’ultima mostra impressionista del 1886. Una tendenza caldeggiata da artisti come Gauguin, Cézanne e Van Gogh, che avrà un’importante influenza, agli inizi del novecento, sulle avanguardie europee.

Valeria Caldelli

«Questo albero lo vedete verde? Dunque, usate i più bei verdi della vostra tavolozza. E questa ombra piuttosto blu? Dipingete anche questa il più blu possibile». Si racconta che Gauguin sollecitasse così il giovane Paul Sérusier, intento a dipingere un bosco mentre si trovava a Pont-Aven, nella regione bretone, insieme a un gruppo di artisti alla ricerca, come lui, di rinnovamento e purezza. Esagerare i colori e semplificare le forme: queste le “istruzioni” del maturo collega che rivendicava all’arte «il diritto di osare fino in fondo». E Sérusier stesso lo incorona sul trono della rinascita scrivendo sul retro del quadro: «Sotto la direzione di Gauguin». Un’opera di piccole dimensioni, quella di Sérusier, appena 22 x 27 centimetri, che lui stesso titolò Paesaggio nel Bois d'Amour, ma che è passato alla storia dell’arte con il titolo Il talismano, amuleto delle nuove avanguardie, riconosciuto stendardo della liberazione totale del colore e manifesto della modernità.

L’anno che correva era il 1888. Appena due anni prima si era tenuta a Parigi l’ultima esposizione impressionista, ma il movimento eroico insorto coraggiosamente contro il sistema accademico si era arenato nelle secche della descrizione del mondo esterno con una tavolozza di colori che imitavano la realtà, mentre i giovani artisti cominciavano a cercare nuovi linguaggi, meno naturalistici e più intuitivi, con cui il mondo esterno poteva essere alterato o addirittura stravolto alla ricerca di grandi idee, verità nascoste e profonde emozioni. Siamo agli albori della modernità, che nasce a Parigi dalle ceneri dell’impressionismo, ma che, complice lo sviluppo delle comunicazioni, si diffonderà in tutta Europa. A questo nuovo fermento artistico e alle sue trasformazioni e contaminazioni la National Gallery di Londra dedica una mostra dettagliata che ci accompagna, passo dopo passo, a esplorare i principali filoni dello sviluppo dell’arte visuale in Europa. After Impressionism. Inventing Modern Art è un viaggio appassionante alla ricerca di quei collegamenti che, dal 1886 al 1914, hanno portato al cubismo e poi all’astrattismo.

Tre i capifila e modelli del rinnovamento, tutti cresciuti sotto il cielo parigino, individuati nella mostra come precursori dei grandi cambiamenti che si affacceranno agli inizi del Novecento. Da una parte Gauguin, che esaltò il colore e rifiutò la trascrizione diretta della realtà e la vita di tutti i giorni per spostarsi nel simbolismo. Dall’altra Cézanne, la cui ricerca sui fondamenti della natura aveva portato alla semplificazione e sfaccettatura delle forme. Infine, Van Gogh, che elaborò uno stile personale, dal gesto pittorico immediato ed emozionale.

Eccole allora le donne bretoni nei loro costumi tradizionali che Gauguin dipinge a toni accesi nella Visione dopo il sermone mentre appare loro Giacobbe che lotta con un angelo misterioso. Ed ecco ancora il tavolo rosso e rotondo apparecchiato con pane, frutta e fiori d’arancio nella pensione di Marie-Jeanne Gloanec che Gauguin frequentava in Bretagna. Festa Gloanec, per i suoi colori forti e stridenti, è un’opera palesemente antinaturalistica che lascia le porte aperte non solo alla Scuola di Pont-Aven e ai Nabis, con Maurice Denis ed Édouard Vuillard tra gli esponenti di spicco, ma agli stessi Fauves, arrivati con Matisse e Derain nei primi anni del Novecento.

La montagna Sainte-Victoire, uno dei soggetti più amati da Cézanne, nasce da una tavolozza più sobria, dove i blu si alternano ai verdi e agli ocra e dove gli alberi, le case e le strade vengono trasferite sulla tela attraverso pennellate che formano una serie di superfici sfaccettate da cui è facile evincere l’influenza sul cubismo.

Van Gogh lo incontriamo nel Sud della Francia con la malinconia di un Tramonto a Montmajour e la potenza del ritratto di Madame Ginoux (L’arlesiana), proprietaria del Café della stazione di Arles. Pennellate e colori che influenzeranno non solo i Fauves, ma anche e soprattutto gli espressionisti.


Pablo Picasso, Bevitrice di assenzio (1901), Basilea, Kunstmuseum Basel.


Paul Gauguin, La visione dopo il sermone (Gacobbe che lotta con l'angelo) (1888), Edimburgo, National Galleries of Scotland.


Vincent van Gogh, Tramonto a Montmajour (1888).


VAN GOGH ELABORÒ UNO STILE PERSONALE, DAL GESTO PITTORICO IMMEDIATO ED EMOZIONALE

Théo van Rysselberghe, Ritratto di Alice Sèthe (1888), Saint-Germain-en-Laye, Musée Départemental Maurice Denis.


Lovis Corinth, Nana, nudo femminile (1911), Saint Louis, Saint Louis Art Museum;

Certo, anche la scultura partecipò a questo tumulto artistico come ci racconta il Monumento a Balzac, in cui Rodin rappresenta il celebre scrittore in vestaglia, lo sguardo fiero rivolto verso l’alto. «Un tentativo di dare un’espressione scultorea a una grande forza creativa piuttosto che alla somiglianza con il personaggio», spiegano i curatori della mostra londinese. Se dunque Parigi restò il principale centro di produzione artistica in Europa, altre città cominciarono a emergere e diventarono punti di riferimento per i giovani talenti. «Furono soprattutto Berlino, Vienna, Bruxelles e Barcellona a dimostrare la consapevolezza del rinnovamento che avveniva a Parigi», sottolinea MaryAnne Stevens, co-curatrice della mostra londinese insieme a Christopher Riopelle. «Tutte e quattro, pur in modo diverso, incoraggiarono manifestazioni di rinnovamento artistico. L’Italia, probabilmente perché diventata solo da breve tempo un’unica nazione, non aveva alcuna città in cui fosse presente in quel periodo un’avanguardia impegnata nel processo non naturalistico con specifici spazi di esibizione. Ed è per questo che non è oggetto della nostra mostra».

Proprio a Vienna e Berlino, invece, pittori e scultori formarono organizzazioni indipendenti che si staccarono da quelle tradizionali e crearono proprie sedi espositive. Vienna, nonostante i rigidi codici pubblici di comportamento, diventò un vero e proprio vivaio in campo culturale e “produsse” artisti come Gustav Klimt, Oskar Kokoschka ed Egon Schiele. A Berlino, il norvegese Munch concepì la sua opera più famosa, L’urlo, e tenne la sua prima mostra personale. Tra i maggiori esponenti della Secessione berlinese, sui quali la mostra di Londra pone l’accento, troviamo Lovis Corinth e la sua Nana, nudo femminile – visione dipinta della prostituta parigina raccontata nel romanzo di Émile Zola – e Max Slevogt che, con Danae, ripropone l’antico mito greco secondo cui Zeus prese le sembianze di una pioggia d’oro per fare sesso con la ninfa. In entrambe le opere scompare qualsiasi idealizzazione della donna, il cui corpo carnoso non aveva certo lo scopo di provocare lo sguardo maschile.

A Bruxelles i legami con la Francia furono più forti e le esposizioni di avanguardisti parigini ancora più numerose che altrove. Fu qui che i postimpressionisti – Seurat e Signac per primi – ebbero maggiore popolarità. Lo dimostrano opere come Sera prima dello sciopero (Jan Toorop), in cui appare la disperazione di un minatore, di sua moglie e del loro bambino, e come Ritratto di Alice Sèthe (Théo van Rysselberghe), dove protagonista è la figlia di un importante mercante tessile olandese.

Le voci avanguardiste di Barcellona si alzarono tutte all’interno di Els Quatre Gats, un locale adibito a birreria, ma anche luogo per spettacoli e mostre d’arte, nato in omaggio al cabaret parigino Le Chat Noir. Se dipinti come Il pavone bianco di Hermen Anglada Camarasa e Donna nel palco di Picasso ricordano l’effervescenza dei colori dei simbolisti, i modernisti catalani furono molto più spesso attratti da crude e scure scene di miseria. Lo stesso Picasso, certamente debitore di Cézanne, sembra non essere stato contagiato, se non in rare occasioni, dai colori e dai toni forti e anche piacevoli di Gauguin e dei Nabis. Ne è la prova il suo Periodo blu, legato ai temi della povertà, del dolore e della prostituzione, riassunti nella donna malinconica descritta nella Bevitrice di assenzio.

Comunque, nonostante le numerose innovazioni di ideali, tecnica e metodo, il mondo dell’arte continuò a restare quasi esclusivamente maschile. Poche le donne che vi si affacciavano e nessuna di esse raggiunse mai livelli di successo paragonabili a quelli degli uomini. Émily Charmy, francese, fu una fauve talentuosa; Suzanne Valadon, da modella a pittrice di Montmartre, ci ha lasciato ottimi nudi; Gabriele Münter, austriaca, giovane allieva e compagna di Kandinskij, ebbe la sua parte a Murnau e fu legata all’uso forte del colore; Camille Claudel, dotata scultrice francese, fu autrice di pregevoli opere, come L’implorante, ma la sua carriera artistica fu sopraffatta dalla complessa vicenda sentimentale che la univa a Rodin. Di Broncia Koller-Pinell, austriaca impegnata nella Secessione viennese, la mostra ci presenta La madre dell’artista nella tradizionale posa della ricamatrice, ma dipinta su uno sfondo dorato e seduta su una poltrona dal disegno geometrico, nato anch’esso dalla Secessione. Di Sonia Delaunay, ucraina trapiantata a Parigi, troviamo invece una Giovane donna finlandese, dipinta con i colori fauve. Tuttavia, se Delaunay, insieme al marito Robert, diventerà poi nota per le sue figure astratte, non sarà la Francia a dare i natali a questo nuovo linguaggio artistico, fortemente non naturalista.

«Nonostante il fauvismo e il cubismo abbiano spinto l’arte verso l’astrazione, la completa eliminazione dei soggetti riconoscibili avvenne altrove, con Piet Mondrian in Olanda e Vasilij Kandinskij in Germania», concludono i curatori della mostra alla National Gallery. «Lavorando con pratiche radicate nel simbolismo e con un forte senso dello spirituale, ognuno di loro raggiunse uno degli inevitabili epiloghi dell’arte dopo l’impressionismo».


Max Slevogt, Danae (1895), Monaco, Lenbachhaus.


I GIOVANI ARTISTI COMINCIAVANO A CERCARE NUOVI LINGUAGGI, MENO NATURALISTICI E PIÙ INTUITIVI

After Impressionism. Inventing Modern Art

a cura di MaryAnne Stevens e Christopher Riopelle
Londra, National Gallery
fino al 13 agosto
orario 10-18, venerdì 10-21
catalogo National Gallery Publishing
www.nationalgallery.org.uk

ART E DOSSIER N. 410
ART E DOSSIER N. 410
GIUGNO 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: La generosità dello scultore collezionista di Federico D. Giannini; BLOW UP: Ugo Mulas, Uno sguardo a tutto campo di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Lee Lozano a Torino - Rivoluzione per contraddizione di Ilaria Ferraris ; GRANDI MOSTRE. 2 - Fausto Melotti a Lucca - Una ceramica imbrogliona di Sara Draghi