Grandi mostre. 1 
LEE LOZANO A TORINO

RIVOLUZIONE PER
CONTRADDIZIONE

LEE LOZANO, ARTISTA VISIVA E CONCETTUALE ATTIVA NEGLI ANNI SESSANTA, HA SPINTO LA PRATICA ARTISTICA FINO AI LIMITI ESTREMI DEL COINVOLGIMENTO PSICOFISICO, IN UN INESTRICABILE CONNUBIO TRA ARTE E VITA. RADICALE ED ECCENTRICA, È ORA PROTAGONISTA DI UNA MONOGRAFICA ALLA PINACOTECA AGNELLI.

Ilaria Ferraris

«Trasformati in un gas. In una carica elettrica. In potenza. Implodi fino a diventare piccola come un fagiolo […]. Diventa di plastica. Diventa di ottone e arrugginisciti. Galleggia, oppure vola, […] elimina i vestiti. Etc. Ora gioca tu. Ridisegna te stessa per adattarti a te stessa. Non comprare cose/servizi per cambiarti. Pensa a te stessa come in un nuovo stato di esistenza»(1).

Esponente di primo piano della scena artistica newyorchese degli anni Sessanta, Lee Lozano (1930-1999) è la protagonista di Strike, un’ampia retrospettiva a cura di Sara Cosulich e Lucrezia Calabrò Visconti, la prima in Italia, suddivisa in sette sale tematiche, in corso fino al 23 luglio alla Pinacoteca Agnelli di Torino.

Una carriera brevissima, poco più di dieci anni, dal 1960 al 1972, ma prolifica e folgorante – dal disegno, alla pittura, all’arte concettuale –, culminata con il completo, volontario abbandono di ogni pratica artistica. Con il rifiuto delle convenzioni e delle dinamiche sociali e di genere della middle-class a cui appartiene, della competizione e dell’ipocrisia del mondo dell’arte, Lozano ricerca continue sperimentazioni e trasformazioni («per me non ci può essere una rivoluzione nell’arte separata da una rivoluzione scientifica, una rivoluzione politica, una rivoluzione nell’istruzione, una rivoluzione sessuale e una rivoluzione personale»(2)). Un lavoro radicale ed eccentrico, in cui arte e vita coincidono, tanto da mettere in gioco tutte le energie fisiche e mentali dell’artista, fino alla disgregazione e all’annullamento della sua identità. Il suo stesso nome, negli anni, diventa un elemento accessorio, che Lozano sceglie e abbandona, in «un lento dis-identificarsi», come spiega Lucrezia Calabrò Visconti.

Della sua vita, al di fuori del cruciale decennio newyorchese, non si sa molto. Lenore Knaster nasce a Newark nel New Jersey nel 1930, e cambia il suo nome in Lee nel 1944(3). Formatasi all’Art Institute di Chicago come pittrice, si sposa con l’architetto di origine messicana Adrian Lozano, con cui viaggia in Europa e da cui divorzia qualche tempo dopo, pur mantenendone il cognome(4). Si trasferisce a New York nel 1961. I lavori dei primi anni della sua carriera (1959-1964) – che occupano le prime sale della mostra alla Pinacoteca Agnelli insieme ad alcuni straordinari autoritratti a matita e a nature morte ancora di impostazione accademica – sono disegni e dipinti caricaturali, fumettistici, spesso esplicitamente pornografici, dal tratto espressionista, in cui parti del corpo umano (falli, bocche dalle labbra rosse, natiche, mani, orifizi) si sovrappongono in modo satirico e grottesco ad attrezzi da lavoro (chiodi, martelli, viti, bulloni), aeroplani, macchinari.

L’intento è polemico: Lozano critica l’immaginario di una società ritenuta fallocentrica e violenta che si perpetua grazie alle strutture di potere del capitalismo basato sulla macchina. Alle immagini satiriche di attrezzi con sembianze falliche (in inglese “screw” è la vite, “to screw” indica volgarmente “avere un rapporto sessuale”) si accompagnano spesso scritte tratte da slogan commerciali e da cartelloni pubblicitari, come nella Pop Art, giochi di parole (“pun”) in cui le parolacce a sfondo sessuale, anche sotto forma di elenco («Cocks! Cunts! Tits! Balls!», in un disegno della Subway Series del 1962), diventano metafore della mercificazione dei corpi. In No Title (1962) un sesso femminile “a gettoni” propone un’Origine del mondo – lo scandaloso quadro di Courbet – in chiave contemporanea.

Con questa produzione caustica, che sfocia nelle tele della serie Tools, “ritratti” di attrezzi evidentemente sessualizzati, Lozano diventa presto un personaggio di rilievo nella New York della Pop Art, del minimalismo e dell’arte concettuale, e ne frequenta i principali esponenti, fra i quali Richard Serra, Sol LeWitt, Robert Morris, Hollis Frampton, Carl Andre, Dan Graham, Vito Acconci, ma senza mai legarsi a nessun movimento e polemizzando con la critica militante.


Hollis Frampton, Lee Lozano (1963).


Un particolare dell'allestimento della mostra Lee Lozano. Strike (Torino, Pinacoteca Agnelli 8 marzo - 23 luglio 2023), con opere dei primi anni Sessanta.