GLI INIZI E IL DEFINIRSI
DI UNA PERSONALITÀ

In un brano del suo racconto St. Agnes of Intercession (1849-1850), Dante Gabriel Rossetti descrive il clima della sua infanzia, quando suo padre, un italiano esule carbonaro, nelle sere d’inverno londinesi intratteneva i figli cantando vecchie canzoni e le grandi melodie che esaltavano i mutamenti avvenuti nel mondo dal 1789.

«Io solevo starmene seduto sul tappeto e guardavo tra le sue ginocchia il fuoco… e il fuoco e il mio cuore ardevano insieme, mentre prendevo carta e matita e tentavo in modo infantile di fissare le visioni che sorgevano in me. Poiché la mia speranza, fin da allora, era di diventare pittore».

Il fanciullo dalla fervida immaginazione cresce in una famiglia in cui l’amore per la poesia e i sogni di gloria artistica sono contrappuntati da ristrettezze economiche, necessità di esercitare professioni subordinate.

Stanche figure di esuli bussano alla porta di casa Rossetti in Charlotte Street a volte rafforzando il segnale col misterioso cenno massonico e, accolte quasi unici ospiti, palpitano per un’Italia lontana, che agli occhi dei ragazzi appare mitica.

Gabriel Charles Dante Rossetti è il secondo di quattro figli, in una famiglia che conduce vita ritirata, fuori dalle convenzioni della “middle class” vittoriana: il padre Gabriele (Vasto in Abruzzo 1783, Londra 1854) letterato velleitario e misticheggiante, dantista in cerca di interpretazioni esoteriche, con un passato di avventure politiche e fughe rocambolesche, sbarca il lunario insegnando e scrivendo; la madre Francesca Polidori, anch’essa di famiglia di letterati italiani – il fratello Guglielmo, medico di Byron, si è ucciso per debiti di gioco nel 1821 – è una donna forte, ricca di ambizioni intellettuali, animata da una religiosità molto attiva in ambito anglo-cattolico. I figli, esclusa Maria che diventerà suora, dedicano la loro vita alla letteratura e all’arte; William Michael sarà critico e biografo, ombra e custode di Dante Gabriel, e autentica poetessa è Christina. «Tu eri un poeta istintivo», dirà di lei Virginia Woolf, «e, come tutti gli istintivi, avevi un senso acuto della bellezza visiva di questo mondo – il tuo occhio infatti osservava con una sensuale intensità preraffaellita, che doveva molto sorprendere l’anglo-cattolica Christina. Ma forse alla tua religiosità si deve la fissità e la tristezza della tua musa… la pressione di una fede tremenda cinge e rende compatte le tue piccole canzoni» (1) .

Se Christina mutila una parte di sé, Dante Gabriel paga le contraddizioni della sua natura con uno stato perenne di spaesamento e di angoscia. Walter Pater, in Appreciations (1889), individua come impulso centrale dell’artista «la estrema suscettibilità nei confronti delle misteriose condizioni della vita di ogni giorno […] per lui la vita è crisi a ogni istante […] egli è uno di quelli che, come direbbe Merimée, si appassionano per la passione»(2).

Non è facile chiarire i nodi di una personalità tanto ricca di fascino e di capacità di mediazione culturale dotata di indiscussa autorità presso i contemporanei, eppure così fragile e votata all’autodistruzione, e capire fin dove i suoi squilibri si rivelino fecondi o disgreganti per la sua arte.

Evelyn Waugh nella sua biografia (1928) lo definisce: «un uomo del Sud, sensuale, indolente, riccamente versatile, esiliato nella vita costretta, affannosa, limitante, di una città del Nord; un mistico senza credo, un cattolico senza la disciplina e la consolazione della Chiesa, una vita fra rocce e alti sentieri e, come il sottobosco di una collina meridionale, scura, aromatica, impenetrabile»(3).

A improvvise accensioni, a momenti di attività esplosiva e rabbiosa si alternano laghi di inerzia – la “belle inertie”, cara a tanti da Baudelaire a Moreau – che a volte gli consentono di cogliere il senso segreto della poesia, a volte segnano il sopravvento di un’apatia analoga a quella descritta da Keats nella sua Ode on Indolence (1819), e ritenuta da John Ruskin peccato fatale per la sua arte. Un’arte il cui timbro è determinato sempre da uno stato di trance creativa che mescola, come in sogno, elementi sensuali e spirituali; quasi un’esplorazione dell’inconscio, di sottili stati d’animo fra sonno e veglia.


L’adolescenza di Maria Vergine (1849), particolare; Londra, Tate.


Rosa triplex (1867), particolare; Londra, Tate.


Ritratto della madre e della sorella Christina (1877); Londra, National Portrait Gallery.