Grandi mostre. 7
CARPACCIO A VENEZIA

UN INCANTATORE
DA MILLE E UNA NOTTE

SCENARI TIPICAMENTE VENEZIANI MA SPESSO INTEGRATI DA SPUNTI FANTASTICI, RITRATTI BEN DELINEATI, CURA DEL PARTICOLARE, DEL COLORE E DELLA PROSPETTIVA. TUTTI ELEMENTI PRESENTI NELLE OPERE DI VITTORE CARPACCIO, DEL QUALE, ORA, GRAZIE ALLA MOSTRA A PALAZZO DUCALE, SAPPIAMO UN PO’ DI PIÙ.

Maurizia Tazartes

Il nome della famiglia di mercanti veneziani era Scarpanza ma lui, dopo essersi chiamato all’inizio «Vetor Scarpanzo», si firmava «Carpathio» o «Carpathius». E con quel nome latineggiante nell’agosto del 1511 annunciava con fierezza, in una lettera al marchese di Mantova Francesco Gonzaga, di essere «quello pictore » che lo aveva accompagnato a vedere il suo telero nella Sala del Maggior consiglio a Venezia. Gli offriva anche un dipinto con una Gerusalemme.

Pittore di storie fantastiche, inserite nella realtà veneziana, abile nel ritratto e nel colore, esperto di prospettiva, Vittore Carpaccio (Venezia 1460-1465 / 1525-1526) è stato uno dei migliori maestri veneziani tra Quattro e Cinquecento, lodato da fonti contemporanee e persino da Vasari, che mal digeriva chi non era toscano o fiorentino. A lui è dedicata la grande monografica veneziana del 2023 (Palazzo ducale, fino al 18 giugno), realizzata in collaborazione con la National Gallery di Washington, dove la mostra è stata aperta dal 20 novembre 2022 al 12 febbraio 2023, e curata da Peter Humfrey. Una mostra che arriva dopo quella del 1963 e riunisce quarantacinque dipinti e una serie straordinaria di disegni. Opere che giungono da collezioni e musei italiani e stranieri, da terre come l’Istria e la Dalmazia per cui il pittore aveva lavorato, permettendo di ricostruirne l’intero percorso e chiarendo aspetti sinora oscuri, come la sua formazione. Infatti, sebbene si supponesse un apprendistato di Carpaccio presso la bottega di Gentile e Giovanni Bellini, la mancanza o scarsità di opere certe prima del 1490, data segnata su un telero del ciclo dedicato a sant'Orsola, lasciava nell’incertezza. Così a fornire un tassello importante a questo primo momento è una Madonna col Bambino del Museo Correr, già riferita ad anonimo veneziano. Durante un restauro nel 2010-2011 è riemersa sul parapetto in primo piano la firma «vetor[e] scharpaco opv[s]», che non solo restituisce la tavola al suo autore intorno al 1488-1489, ma conferma la stretta vicinanza di Carpaccio all’entourage dei Bellini, rendendo credibile la formazione nella loro bottega. A questo dipinto ne vengono avvicinati altri, come il già noto Salvator mundi tra quattro santi del 1489-1490 (Carzago di Calvagese, Brescia, Fondazione Luciano Sorlini), firmato sul parapetto «vetor scarpazo», che oltre a quella dei fratelli Bellini denota l’influenza di Antonello da Messina e dei fiamminghi. Ma, come si sa, Carpaccio deve la sua fortuna ai grandi cicli pittorici dipinti per le diverse Scuole, cioè per quei sodalizi, diffusi nella città lagunare dal Medioevo, di carattere religioso ed economico, che riunivano diverse comunità: stranieri affratellati da un’origine comune, confraternite di arti e mestieri, istituti di beneficenza e altro. Ciascuno aveva un proprio statuto (“mariegola”) e una propria sede, dotata spesso di prestigiose decorazioni. Carpaccio eseguì interamente o collaborò ad alcuni dei più importanti cicli pittorici, come le Storie di sant’Orsola, nove teleri un tempo nell’omonima Scuola, conservati oggi nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, firmati e datati 1490-1500. Li aveva dipinti partendo dalla fine, segnando «1490» la scena con l’Arrivo degli ambasciatori a Colonia, seguita dagli altri. Si tratta di un ciclo già maturo, di eccezionale perizia, testimoniato in mostra da una serie di schizzi e disegni preparatori, che ne illustrano il processo creativo, dalla costruzione spaziale generale, alle singole scene, ai dettagli più minuti.

Al 1494-1495 risale l’esecuzione del Miracolo dell’indemoniato al ponte di Rialto (Venezia, Gallerie dell’Accademia), esorcizzato dal patriarca di Grado Francesco Querini. Il telero, appartenente ai nove dei Miracoli della croce, realizzati da cinque artisti, tra cui Carpaccio, dal 1494-1495 al 1501, per l’albergo della Scuola grande di San Giovanni Evangelista (oggi alle Gallerie dell’Accademia), è molto suggestivo con il ponte di Rialto ancora in legno, in parte mobile, per far passare le imbarcazioni più grandi, il vivace traffico mattutino, le gondole, le case fiabesche della Venezia del tempo.

Dal 1502 al 1504 il pittore si dedica alle Storie dei santi Giorgio, Girolamo e Trifone per la comunità dalmata della Scuola di San Giorgio degli Schiavoni (ancora in loco), ricordate in mostra dai disegni preparatori. E dal 1502 al 1507 realizza le Storie della Vergine per la Scuola degli albanesi, oggi divise in varie collezioni, ma di cui sono esposte le scene con la Nascita della Vergine del 1502-1503 circa, giunta dall’Accademia Carrara di Bergamo, l’Annunciazione, la Presentazione di Maria al tempio, la Visitazione, la Morte prestate da diverse sedi.


Vergine leggente (1510 circa), Washington, National Gallery of Art.


Nascita della Vergine (1502-1503 circa), Bergamo, Accademia Carrara.


Studi per un giovane in armi (1500-1505 circa), New York, Metropolitan Museum of Art.


UNO DEI MIGLIORI MAESTRI VENEZIANI TRA QUATTRO E CINQUECENTO, LODATO DA FONTI CONTEMPORANEE E PERSINO DA VASARI, CHE MAL DIGERIVA CHI NON ERA TOSCANO O FIORENTINO

Caccia in valle (1492-1494 circa), recto, Los Angeles, J. Paul Getty Museum.

Due dame (1492-1494 circa), Venezia, Museo Correr.

L’ultimo ciclo, Carpaccio lo dedica tra il 1511 e il 1520 alla confraternita di Santo Stefano con le storie della vita del santo, di cui è presentata la Consacrazione di Stefano e degli altri diaconi del 1511 (Berlino, Gemäldegalerie). Nel 1507, un altro incarico importante, la collaborazione alla serie di grandi quadri che decoravano la Sala del Gran consiglio di Palazzo ducale (distrutti da un incendio nel 1577).

Le Storie, dipinte a olio su grandi tele, ripercorrono vita, miracoli, martÌri dei santi titolari della Scuola, raccontati da antiche fonti, come la Legenda aurea di Jacopo da Varazze, la Teseida di Boccaccio, le Metamorfosi di Ovidio, integrate con nuovi episodi spesso fantastici. Perché affascinano? Perché, costruite e dipinte con la minuzia di un fiammingo e, pur svolgendosi in diverse parti del mondo, da Oriente a Occidente, portano sempre dentro lo scenario veneziano, che ancora oggi si riconosce. Una città un po’ inventata, con alcuni edifici veri, altri no, ma con l’aria vera della laguna, la sua gente, i suoi costumi, la sua vita, i volti reali di uomini e donne. Per esempio, nel Sant’Agostino nello studio, un telero del 1502 realizzato dall'artista per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, si vede una fisionomia ben caratterizzata, con tutta probabilità quella di Angelo Leonino, legato apostolico a Venezia. In quella stanza, un vero “cabinet des merveilles”, c’è di tutto, libri, oggetti antichi, strumenti astrologici, spartiti musicali, statue, e un cagnolino. Infatti, come e più di un fiammingo, Carpaccio mostra e descrive oggetti, straordinarie nature morte e raffinati arredi, letti, cuscini, candelabri. Una tecnica pittorica eccezionale.

Ma forse, il fascino maggiore delle Storie sta nelle grandi scenografie urbane o di interno, ben spartite e squadrate secondo precise leggi prospettiche, ispirate agli apparati teatrali del tempo o alle cerimonie della Repubblica. In esse si muovono personaggi eleganti e ben calzati, con manti dai raffinati tessuti e berretti dalle mille fogge.

Fine incantatore da “mille e una notte” Carpaccio, nutrito dalle magie di maestri come Mantegna, Pisanello, Squarcione, Perugino e persino Piero della Francesca, era anche un abile pittore di dipinti sacri e profani, di pale d’altare, che la mostra presenta con generosità. I due intriganti capolavori con le Due dame del veneziano Museo Correr e la Caccia in valle del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, entrambi del 1492-1494, che un tempo formavano le ante di una porta a soffietto, sono oggi riuniti: secondo la critica moderna potrebbero raccontare la storia di due gentildonne in attesa dei loro sposi, in contrasto con chi nel passato vi individuava due cortigiane in attesa degli amanti. La presenza simbolica del giglio, del mirto e di un cane parlerebbero di purezza e fedeltà, l’arancia farebbe pensare a Venere. Ancora misteriosa l’identità del protagonista del Giovane cavaliere (nonostante le decine di proposte attributive) del Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, firmato e datato 1510, uno dei primi ritratti a figura intera del Cinquecento, immerso in una natura floreale ricca di simboli.

Una rara iconografia per una pala d’altare, infine, è quella del Sangue del Redentore, dei Civici musei di Udine, firmato e datato 1496: Cristo, al centro di una pedana, contro un fondale di stoffa damascata (bellissima), circondato da angeli con gli strumenti della Passione indica il calice con l’ostia in cui viene raccolto il sangue che sgorga dalle sue cinque ferite. Insomma, opera per opera, Carpaccio esce rivisto, aggiornato, arricchito e forse un po’ meno misterioso.


CARPACCIO, NUTRITO DALLE MAGIE DI MAESTRI COME MANTEGNA, PISANELLO, SQUARCIONE, PERUGINO E PERSINO PIERO DELLA FRANCESCA, ERA UN ABILE PITTORE DI DIPINTI SACRI E PROFANI


San Giorgio che uccide il drago e quattro scene del suo martirio (1516), Venezia, abbazia di San Giorgio Maggiore.


Madonna col Bambino (1488-1489 circa), Venezia, Museo Correr.


Consacrazione di Stefano e degli altri diaconi (1511), Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Gemäldegalerie.

Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni

a cura di Peter Humfrey con Andrea Bellieni
e Gretchen Hirschauer
Venezia, Palazzo ducale, Appartamento del doge
fino al 18 giugno
promossa dalla Fondazione Musei civici di Venezia
in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington
catalogo Marsilio Editori e National Gallery of Art
www.visitmuve.it

ART E DOSSIER N. 409
ART E DOSSIER N. 409
MAGGIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Il papà di Pimpa e Cipputi di Sergio Rossi; BLOW UP: Newton, l’elegante provocatore Erwitt, l’ironico osservatore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Pistoletto a Roma - Nella bellezza tutto si rigenera di Ludovico Pratesi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Lucio Fontana a Firenze - Contemplando l’infinito di Lauretta Colonnelli...