Studi e riscoperte. 3
GIACOMO SERPOTTA E
L’ORATORIO DI SANTA CITA

E IL BAROCCO
RESTÒ DI STUCCO

PROVENIENTE DA UNA FAMIGLIA PALERMITANA DI SCULTORI, GIACOMO SERPOTTA SI È DISTINTO PER LE SUE PARTICOLARI ABILITÀ DI STUCCATORE E PER LA SUA CAPACITÀ DI CONIUGARE SCULTURA E ARCHITETTURA IN ARDITE SCENOGRAFIE BAROCCHE. ESEMPIO INSIGNE È L’ORATORIO DEL SANTISSIMO ROSARIO IN SANTA CITA A PALERMO.

Marcella La Monica

Giacomo Serpotta (1656-1732) è uno straordinario scultore in stucco di fama mondiale. Nasce a Palermo all’interno di un nucleo familiare dalle modeste possibilità economiche. Il padre, Gaspare Serpotta, dà origine a un’intera famiglia di scultori, anche se fra tutti naturalmente primeggia in maniera insuperabile Giacomo. Non a caso, il canonico a lui contemporaneo Antonino Mongitore nelle sue Memorie chiama Giacomo Serpotta «insigne stucchiatore». Di analogo parere è l’abate Gioacchino Di Marzo, il quale nel suo imponente saggio dal titolo I Gagini e la scultura in Sicilia, dato alle stampe nel 1880, elogia l’attività artistica dello stesso Giacomo e rintraccia nelle sue opere scultoree l’influsso linguistico di Domenico (1420-1492) e di Antonello Gagini (1478-1536).

Tuttavia, in merito alla formazione di Serpotta, rimandiamo ad alcuni nostri recenti studi, limitandoci a ricordare brevemente i maggiori storici e critici d’arte, ovvero Gioacchino Di Marzo, Filippo Meli, Stefano Bottari, Giovanni Carandente, Carlo Ricci, Giulio Carlo Argan, Rudolf Wittkower, Francesco Abbate e Donald Garstang. Dalle posizioni predominanti si distanzia Anthony Blunt, il quale ritiene nel suo celebre saggio Barocco siciliano, del 1968, che Giacomo Serpotta abbia compiuto un viaggio romano.

Fra le opere di Serpotta, è degno di notevole interesse l’oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita (noto anche come oratorio di Santa Cita), a Palermo. Come narra Gaspare Palermo nella sua preziosa Guida (1858), l’ingresso conduce a una scalinata in pietra grigia di Billiemi alla cui destra si apre una corte, dopo la quale si trova la porta dell’antioratorio arricchito da numerosi «ritratti di alcuni superiori della compagnia».

Appena entrato, il pubblico resta stupefatto e meravigliato da così tanta magnificenza. Giacomo Serpotta, infatti, crea tra il 1685 ed il 1687 circa un multiforme e scenografico complesso iconografico ricchissimo di plasticità scultoree di gusto barocco. Lo stesso Gaspare Palermo ne esalta le opere, ponendo l’attenzione sulla vividezza e delicatezza delle stesse.

Elementi precipui della poetica artistica all’interno di questo edificio sono da individuare nella Retorica di Aristotele e concernono l’immaginazione e la meraviglia. Proprio queste sono, secondo il fondamentale giudizio dello storico dell’arte Giulio Carlo Argan, «l’impulso degli affetti o dei sentimenti» che guidano l’azione. La retorica, ampiamente utilizzata nell’arte barocca, mira a persuadere l’osservatore attraverso il ricorso all’esempio e all’entimema (argomentazione in forma di sillogismo dove una delle due premesse non è certa ma solo probabile), di chiara memoria aristotelica.

Ed è per intenti evidentemente persuasivi che il “lenzuolo” che ricopre in modo grandioso la controfacciata dell’oratorio si può interpretare in questo senso. Nella controfacciata, realizzata dopo il 1688, infatti, è simulato un vasto panneggio, al cui interno è rappresentata la Battaglia di Lepanto del 1571, voluta da papa Pio V, durante la quale interviene in modo salvifico la Madonna.

In basso, Giacomo Serpotta raffigura il vincitore e il vinto, ovvero la Chiesa cattolica che sconfigge la religione musulmana. Ovunque vi è un intrecciarsi di pieghe nel drappo sostenute da puttini nudi che reggono delle armature, dei cartocci, delle foglie d’acanto, creando un’immaginifica e gioiosa atmosfera.

Dal punto di vista esecutivo-linguistico, l’artista eccelle nella sua maestria di scultore, riuscendo a donare vigore, leggiadria, proporzione dei corpi all’interno di un impaginato iconografico nel quale la scultura, l’architettura e la scenografia si fondono con la spazialità.

È opportuno rilevare il fatto che Giacomo Serpotta – che è ormai chiamato «stucchiator et […] architettor» – mostra in quest’opera quella padronanza che gli consente anche di far emergere la scultura sull’architettura. In effetti, la controfacciata è una complicatissima elaborazione fantasiosa di natura plastica, propria di un artista che, ormai, domina le arti con un linguaggio complesso e fastoso. Le pareti sono riccamente adornate di statue e teatrini che si alternano e nei quali si narrano i misteri del rosario.

Attorno ai teatrini, dalla quattrocentesca prospettiva centrale, si avvicendano gruppi di puttini gioiosi, fiori e allegorie che celebrano l’amore ma anche la nudità.

Fra le varie figure, ve ne sono alcune raffiguranti delle donne con il seno scoperto o che addirittura si spremono una mammella. Rappresentano un’esaltazione dell’erotismo ludico e non certo immagini penitenziali. D’altronde, quest’architettura è un luogo cultuale sì mariano ma aperto anche a istanze più mondane. Dappertutto è un emergere di forme sinuose, ricche di magnificenza e teatralità barocca.

È possibile avanzare l’ipotesi che nella decorazione si debba cogliere un riferimento all’archetipo della Grande Madre, individuabile nella Madonna e nelle numerose statue raffiguranti delle figure femminili.

Tra le molteplici sculture vi è la “sirpuzza” che – posta accanto a una figura allegorica – è, contemporaneamente, una sorta di geroglifico e la firma dello scultore (“sirpuzza” è variante dialettale di Serpotta ma anche “serpentello”).

Vi è un vastissimo elogio del Barocco, tant’è che sembra di udire i puttini e le statue che suonano e che cantano, originando una sinfonia, quasi, di natura onirica.

Giacomo Serpotta, infine, scolpisce per lo stesso oratorio tra il 1717 e il 1718 le due statue di Ester e Giuditta, virando verso il Rococò preilluministico e padroneggiando con abilità stupefacente un linguaggio maturo e solido.


Le immagini riprodotte in questo articolo, riguardano l’oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita a Palermo, con le sculture in stucco di Giacomo Serpotta. In apertura, figura allegorica (1685-1687 circa).


L’interno verso l’abside (1685-1718 circa).


Figura allegorica con la “sirpuzza”, a destra, una sorta di geroglifico e firma dello scultore (1685-1687 circa).

IN BREVE:

Oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita
Palermo, via Valverde 3
orario 10-17.30
telefono 091-332779

ART E DOSSIER N. 409
ART E DOSSIER N. 409
MAGGIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Il papà di Pimpa e Cipputi di Sergio Rossi; BLOW UP: Newton, l’elegante provocatore Erwitt, l’ironico osservatore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Pistoletto a Roma - Nella bellezza tutto si rigenera di Ludovico Pratesi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Lucio Fontana a Firenze - Contemplando l’infinito di Lauretta Colonnelli...