Anche lo scrittore Émile Zola, ritratto da Manet nel 1868, condivide la necessità dell’arte di descrivere la contemporaneità così come appare. Nello stesso anno commenta il dipinto di Manet Giovane donna nel 1866 (Donna con il pappagallo): «Io consiglio solamente agli uomini abili, che vestono le loro donne con i vestiti copiati dalle incisioni di moda, di andare a vedere l’abito rosa che indossa questa giovane; non si distingue, è vero, la grana della stoffa, o non sapremmo contare i buchi dell’ago; ma si drappeggia ammirevolmente su un corpo vivo [...] appartiene alla famiglia di quei panni flessuosi e riccamente dipinti che i maestri hanno gettato sulle spalle dei loro personaggi. Oggi i pittori si riforniscono dallo stilista come le dame»(2). Sia Baudelaire nel già citato Il pittore della vita moderna sia Théophile Gautier nel saggio De la mode del 1858 identificano negli abiti e nei trucchi artifici che concorrono a perfezionare la bellezza naturale. Manet nella Donna con ventaglio (Ritratto di Nina de Callias) sembra seguire le indicazioni dei colleghi scrittori quando contorna di nero gli occhi e tinge di rosso le labbra della modella. I motivi decorativi sulla parete alle spalle di Nina sono gli stessi dello sfondo del ritratto di Stéphane Mallarmé, si tratta dello studio di Manet. È proprio Mallarmé un’altra figura chiave per le relazioni tra il mondo dell’arte e quello della moda.
Tra il 6 settembre e il 20 dicembre del 1874 pubblica otto numeri dell’elegante rivista bisettimanale “La Dernière Mode” che delizia le donne parigine con consigli di moda e lettura, programmi dei teatri, notizie sulle esposizioni e liste di destinazioni per i viaggi. Nel primo numero c’è un editoriale dedicato ai gioielli firmato da Marguerite de Ponty, che si rivelerà essere lo stesso Mallarmé. In realtà tutte le firme che compaiono sui numeri della rivista sono pseudonimi del poeta che trova nel mondo dell’editoria femminile un porto felice e un riparo dalle critiche ricevute per la sua produzione più significativa. I giudizi negativi da parte della critica lo accomunano all’amico Manet che proprio nel 1874 vede rifiutate due sue opere delle tre presentate al Salon. Una di queste è Ballo mascherato all’Opéra che Mallarmé esalta «per la deliziosa gamma dei neri: frac e domini, cappelli e mascherine, velluti, panno, raso e seta»(3).
Nella Ferrovia, unico dipinto di Manet ammesso al Salon del 1874, l’ambientazione è solo un pretesto urbano che permette al pittore di ritrarre Victorine Meurent in un brillante abito blu primaverile. I capelli sciolti che le scendono sulle spalle indicano che interpreta il ruolo di sorella maggiore o giovane governante della bambina accanto a lei che indossa un vestito bianco con un grande fiocco azzurro.
I dettagli degli abiti e delle acconciature raccontano molto di chi li indossa. Le figure femminili del Balcone di Manet, Berthe Morisot e Fanny Claus, pur avendo entrambe un abito bianco, la prima da interno, lungo con morbide maniche a pagoda, la seconda corto da passeggio, accessoriato da guanti, cappello e ombrellino, rappresentano l’una la sfera privata e l’altra quella pubblica. Lo stesso abito da interno di Morisot è indossato da Suzanne, la moglie di Manet, nella Lettura, in uno straordinario studio di bianco su bianco: il tessuto velato di mussola bianca che contemporaneamente nasconde e svela il corpo della donna si lega armoniosamente al candore della poltrona e alle trasparenze delle tende drappeggiate davanti alla finestra illuminata.
Emblema delle eleganti parigine alla moda è il ritratto di Ellen André in abito da passeggio che Manet realizza nel 1875. Una veste di seta nera senza mantello né scialle, cappello di feltro con piuma nera, La parigina è per Mallarmé una delle opere più moderne realizzate dall’amico. Joris-Karl Huysmans nel 1877 dedica un articolo a Nana, dipinto di Édouard Manet non ammesso al Salon che ritrae l’attrice Henriette Hauser intenta a incipriarsi davanti a uno specchio nel suo camerino in presenza di un ammiratore in abito scuro. Nana indossa un corsetto di raso azzurro, indumento definito da Manet il nudo della sua epoca, calze dello stesso colore, una sottoveste bianca e ha le labbra dipinte di rosso. Huysmans ammira l’audacia del soggetto, «l’aristocrazia del vizio», scrive, «è oggi riconoscibile per la sua lingerie»(4).
Lo stile rapido e naturalmente elegante di Manet «dal soprabito mastice, barba e biondo capello raro, volgente al grigio con spirito»(5) è il perfetto interprete del legame tra l’arte e la moda nella Parigi tra il Secondo impero e la Terza repubblica.
«La moda deve dunque considerarsi come un sintomo del gusto dell’ideale, che galleggia nel cervello umano al di sopra di tutto ciò che la vita umana vi accumula di volgare, di terrestre e di immondo, come una deformazione sublime della natura o meglio come un tentativo inesauribile e ricorrente di riforma della natura»(6).