Grandi mostre. 5
ARTE E MODA A FORLÌ

È TEMPO DI SFILATE

L’ABITO, LA SUA EVOLUZIONE, DAL SETTECENTO A OGGI, È IL FILO CONDUTTORE DELL’ESPOSIZIONE AI MUSEI SAN DOMENICO. UN’OCCASIONE PER ESPLORARNE L’IMPORTANZA DA UNA PARTE NELLA RITRATTISTICA, DALL’ALTRA NEL “FASHION SYSTEM”. APPROFONDIAMO QUI L’ARGOMENTO CON UNO DEI CURATORI.

Fernando Mazzocca

I Musei San Domenico di Forlì ospitano una mostra diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta, la prima in Italia ad affrontare il singolare rapporto tra l’arte – la pittura, in particolare – e la moda nel corso di tre secoli, dall’antico regime (e quindi dal periodo precedente alla sua abolizione con la Rivoluzione francese) ai giorni nostri. Si tratta dunque di una spettacolare sfilata, anche per le originali soluzioni allestitive, in cui si ripercorre da un lato la storia di un genere, quale il ritratto, e dall’altro l’evoluzione del sistema moda attraverso gli abiti d’epoca maschili e femminili. 

L’apertura del percorso espositivo, nel suggestivo spazio dell’ex chiesa forlivese, ci introduce negli splendori dell’Ancien Régime, tra le corti e quel rito di iniziazione, ma anche mondano, che è stato il Grand Tour, quando i viaggiatori stranieri, in genere aristocratici, percorrevano la nostra penisola portando nuovi modi di vivere. Il Settecento – l’età dell’illuminismo, della Rivoluzione industriale e della nascita del romanzo moderno – ha avuto nella ritrattistica i risultati tra i più alti raggiunti in pittura. Una serie di capolavori documenta l’importanza che la rappresentazione – diremmo scientifica – dell’abito ha avuto in questo genere, a partire dal Ritratto di gentiluomo col tricorno di Fra Galgario del museo milanese Poldi Pezzoli, impressionante per la qualità materica con cui il frate bergamasco ha saputo riprodurre la livrea di un personaggio chiuso nella sua alterigia. Di un ben diverso tenore appaiono, invece, gli abiti con cui Pompeo Batoni, grande pittore di storia diventato ritrattista alla moda, ha saputo rendere l’eleganza più libera dei lord inglesi da lui immortalati e per sempre fermati nel sogno italiano. 

Del resto, proprio la ritrattistica britannica, quella di artisti geniali come Reynolds e Romney testimonia una dimensione informale, diremmo “funzionale”, dell’abbigliamento sia maschile, sia femminile, attraverso redingote, giacche, vesti che sembrano più adattarsi alle comodità della vita e alla individualità dei personaggi che non alle istanze cerimoniali che dominavano nelle corti, soprattutto in quella di Versailles, dove all’epoca ancora si dettavano le regole del gusto e della moda di tutta Europa. Le interpreti principali di questo sfarzo sono state due grandi donne pittrici, entrambe attive in quella corte – qui messe a confronto – come Adélaïde Labille-Guiard, che ci ha restituito l’immagine delle numerose figlie di Luigi XV, ed Élisabeth Louise Vigée Le Brun, che ha invece immortalato la donna più influente della fine del Settecento, la regina Maria Antonietta (consorte di Luigi XVI), rappresentata in diverse fogge e in differenti atteggiamenti. Il campo rimane dominato dalla inventiva femminile anche per quanto riguarda la ritrattistica del Grand Tour, dove ai dipinti di Batoni si affiancano quelli di Vigée Le Brun e di Angelika Kauffmann, che hanno invece rivaleggiato nell’interpretare il fascino delle dame straniere presenti nella penisola italica. Tra le opere emblematiche di quest’epoca c’è senz’altro il monumentale e stupefacente Ritratto della famiglia di Ferdinando IV e di Maria Carolina di Angelika Kauffmann dove i protagonisti, accompagnati dalla numerosa prole, sono rappresentati, all’aperto, nel parco della reggia di Caserta. 

Con la Rivoluzione francese, i costumi e la moda sono caratterizzati da un radicale mutamento che vede la sparizione di ogni sovrastruttura ed eccentricità rococò in nome di una ritrovata semplicità e naturalezza ispirata all’antico e alle statue di Canova. Ne sono testimonianza tanto gli abiti in mostra quanto i ritratti di alcuni dei maggiori pittori neoclassici, come Appiani e Fabre.


Anselmo Bucci, Rosa Rodrigo (La bella) (1923-1925).


Fra Galgario, Ritratto di cavaliere dell’ordine costantiniano (1740 circa), Milano, Museo Poldi Pezzoli.

James Tissot, Serata (1878 circa), Parigi, Musée d'Orsay.


Giovanni Boldini, Ritratto di Emiliana Concha de Ossa (Il pastello bianco) (1888).

Una sorta di spartiacque, che introduce alla lunga stagione del romanticismo, è rappresentata da un’opera iconica come il Ritratto di Chateaubriand di Anne-Louis Girodet, dove il visconte è raffigurato con le rovine di Roma sullo sfondo e con un abito che, nella sua pittoresca eleganza, rivela l’animo della nobile figura. Sono le emozioni e i sentimenti, più che l’ostentazione di ricchezza e gli intenti celebrativi, a dominare la moda romantica che in Italia ha avuto il suo centro nella Milano di Francesco Hayez e di Giuseppe Molteni, rivali nel contendersi i favori del bel mondo, ma molto diversi nella resa dei costumi, oggetto di bella pittura per il primo e di una resa più dettagliata nel secondo. La tipologia vincente è il ritratto di famiglia dove gli abiti appaiono differenziati per ruolo, età e inclinazioni dei personaggi.

Alla dimensione evocativa del ritratto e della moda romantici subentra poi il dimesso e domestico realismo degli abiti rappresentati nelle scene domestiche tipiche della pittura dei macchiaioli, come Lega, Fattori, Borrani, Cabianca e Signorini. Si tratta di una poesia feriale molto diversa dai fasti mondani della moda parigina, che compaiono nella cosiddetta pittura della vita moderna di artisti quali Alfred Stevens e Tissot, emulati dai nostri tre italiani a Parigi, De Nittis, Zandomeneghi e, soprattutto, Boldini, presente con una serie di capolavori che lo confermano come il maggior interprete della Belle Époque e del fascino della “femme fatale”, mentre Corcos e Tito sembrano seguire le sue orme in Italia.

Una nuova rivoluzione nei costumi e nell’abito è determinata a partire da quella cesura rappresentata dalla Grande guerra e dalla sperimentazione delle avanguardie: Klimt e le Secessioni nella Mitteleuropa; il futurismo e il cubismo tra l’Italia e la Francia. Sono proprio i nostri futuristi, in particolare Giacomo Balla e Depero, a vagheggiare una sorta di rivoluzione negli usi e nei costumi che investe naturalmente anche la moda. Tutto cambierà negli anni tra le due guerre, quando si assiste a una profonda trasformazione nella moda, soprattutto in quella femminile, che sembra finalmente liberarsi da ogni costrizione e sovrastruttura in parallelo alla definitiva emancipazione della donna. Questa conquistata libertà e uno “charme” più sottile e insieme intrigante li ritroviamo nei ritratti dei novecentisti, interpreti del realismo magico, come Oppi, Marussig, Donghi, Cagnaccio di San Pietro, e nei pittori della Nuova oggettività tedesca.

La nascita definitiva e l’affermazione in tutto il mondo di una moda italiana, ormai indipendente dalla Francia, è rappresentata dal trionfo del Made in Italy di Germana Marucelli, Iole Veneziani, Roberto Capucci, Valentino, ma ormai il rapporto tra la pittura e l’abito ha cambiato di segno: i vari Campigli, Capogrossi e Fontana, più che documentare l’evoluzione dei costumi ispireranno quei grandi stilisti che cominciavano a dominare, e ancora dominano, la scena mondiale.


I FASTI MONDANI DELLA MODA PARIGINA, CHE COMPAIONO NELLA PITTURA DELLA VITA MODERNA DI ARTISTI QUALI ALFRED STEVENS E TISSOT, RITROVIAMO IN BOLDINI, IL MAGGIOR INTERPRETE ITALIANO DELLA BELLE ÉPOQUE


Germana Marucelli e Pietro Zuffi, abito da sera “linea Impero” (1950).


Paul Poiret, abito (1910).


Giorgio de Chirico Autunno (1935), Milano, Museo del Novecento


Fortunato Depero, gilet-panciotto di Tommaso Marinetti (1923-1924).


NEGLI ANNI TRA LE DUE GUERRE, LA MODA FEMMINILE SEMBRA LIBERARSI DA OGNI COSTRUZIONE E SOVRASTRUTTURA IN PARALLELO ALLA DEFINITIVA EMANCIPAZIONE DELLA DONNA

L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni, 1789-1968

a cura di Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti
e Fernando Mazzocca
Forlì, Musei San Domenico, fino al 2 luglio
orario 9.30-19, sabato 9.30-13, chiuso i giorni festivi
catalogo Dario Cimorelli Edizioni
www.mostremuseisandomenico.it

ART E DOSSIER N. 409
ART E DOSSIER N. 409
MAGGIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Il papà di Pimpa e Cipputi di Sergio Rossi; BLOW UP: Newton, l’elegante provocatore Erwitt, l’ironico osservatore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Pistoletto a Roma - Nella bellezza tutto si rigenera di Ludovico Pratesi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Lucio Fontana a Firenze - Contemplando l’infinito di Lauretta Colonnelli...