Grandi mostre. 2
LUCIO FONTANA A FIRENZE

Contemplando
l’infinito

DA DUE DIMENSIONI A TRE, CON LA PROSPETTIVA, PER ARRIVARE POI A QUATTRO, CON LO SPAZIALISMO. QUESTO IL CAMMINO COMPIUTO DA LUCIO FONTANA CHE, CON LA SCOPERTA DELLA QUARTA DIMENSIONE, HA PROSEGUITO LA SUA RICERCA GETTANDO IL SUO SGUARDO SULL’UNIVERSO, MISTERIOSO E SENZA FINE.

Lauretta Colonnelli

Racconta Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento, che le due mostre su Lucio Fontana aperte a Palazzo vecchio e nelle sale delle ex Leopoldine di Firenze nascono da un sogno fatto una ventina di anni fa. Vide nel dormiveglia mattutino le lunghissime e sottili figure di Alberto Giacometti, e ai loro piedi le Nature di Lucio Fontana, sorta di meteoriti, o pezzi di Luna caduti sulla Terra, o pianeti in formazione, o il primo atto creativo di un bambino o di un artista. Forme cosmologiche, ma anche escatologiche, che alludono alla nascita dell’universo e al suo destino finale. Sia l’Homme qui marche, sia la Femme debout di Giacometti sembrano creature giunte fino a noi dal principio dei tempi, o dalle profondità dello spazio. E così le Nature di Fontana. I primordi si confondono col futuro. Partita da un sogno, la mostra Giacometti-Fontana. La ricerca dell’assoluto, a Palazzo vecchio, ha generato un’indagine filologica da cui è scaturita la seconda esposizione, che si snoda su due piani al Museo Novecento: Lucio Fontana. L’origine du monde. In quest’ultimo percorso si incontrano piccole sculture che preludono ai Concetti spaziali, una raccolta di disegni di nudi femminili, una grande tela con un taglio verticale. Ma che cosa c’entra Lucio Fontana, maestro dei Tagli sulla tela immacolata, con L’origine du monde, un titolo che rimanda al celebre, scabroso quadro, dipinto nel 1866 da Gustave Courbet? Talmente scabroso che è rimasto segreto per centoventidue anni, fino al 1988, quando fu esposto per la prima volta al Brooklyn Museum di New York, in una piccola mostra intitolata Courbet Reconsidered.

Oggi, l’opera di Courbet è visibile a tutti a Parigi, al Musée d’Orsay. Vi fu collocata il 26 giugno 1995, sotto gli sguardi accesi degli invitati al grande evento, celebrato alla presenza del ministro della Cultura di allora, Philippe Douste-Blazy, che cercò di non farsi riprendere dalle telecamere accanto all’immagine di un busto di donna con le gambe aperte e il sesso dischiuso sotto uno scuro vello pubico. Fontana era approdato nel 1949 ai Concetti spaziali forati, che lui chiamava più genericamente Buchi. E aveva dato vita allo spazialismo, dove il quadro non è più quadro, la scultura non è più scultura. Nelle varie interviste che rilasciò, l’artista italo-argentino spiegò la sua ricerca partendo dall’inizio della storia della pittura, quando si raffigurava la natura in due dimensioni. In seguito, si cominciò a studiare la tridimensionalità: con la scoperta della prospettiva, le raffigurazioni della realtà divennero più naturali, più vicine al vero. Poi arrivò il giorno in cui questa tridimensionalità non bastava più, perché l’uomo aveva ampliato le sue conoscenze e si era imbattuto nella scoperta della quarta dimensione, del cosmo, dell’infinito. «La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’infinito: allora io bucando questa tela, che era alla base di tutte le arti, ho creato una dimensione infinita, che per me è alla base di tutta l’arte contemporanea », spiegò Fontana. E sul finire del 1958, alla soglia dei settant’anni, mentre i primi astronauti si preparavano a oltrepassare i confini della Terra e a scendere sulla Luna, lui aderiva con passione alle novità della tecnica e alle sue aperture cosmiche e avveniristiche, dando inizio ai Tagli.


Concetto spaziale (1950).


Concetto spaziale (1946).


FORME COSMOLOGICHE, MA ANCHE ESCATOLOGICHE, CHE ALLUDONO ALLA NASCITA DELL'UNIVERSO E AL SUO DESTINO FATALE

Ripeteva che con i suoi Tagli voleva gettare lo sguardo dentro il cosmo, inabissarsi in una visione prospettica misteriosa e senza fine. Ma ai critici d’arte, che continuavano a chiedergli com’era arrivato al primo Taglio, un giorno confessò: «L’idea mi è venuta dalla “f..a” di V.». Che i suoi amici conoscevano bene, «perché era un’artista molto attiva (e bravissima) ed era stata (o era?) la fidanzata di Piero Manzoni. Ragazza affascinante, molto creativa e per quei tempi particolarmente disinibita»(1).

E più tardi gli storici avrebbero concordato: «Fontana si propone di oltrepassare i limiti e la compattezza della tela, di aprirla, come si apre il sesso di una donna. Scorgere una pulsione erotica nell’azione di Fontana, come si è fatto sovente, è un’opinione fondata. In un clima di rigore paradossalmente calmo e teso, somigliante a uno stato di deliberata apnea, la tela candidamente monocroma viene tirata sul riquadro del telaio, e quindi la mano dell’artista vi cala sopra per reciderla, con un veloce e imperioso colpo di rasoio al centro, dall’alto verso il basso, in una “ferita” perentoria»(2).

L’oggetto di Fontana nel Concetto spaziale sarebbe dunque lo stesso che un secolo prima Courbet aveva dipinto nell’Origine du monde. E sarebbe identica l’indagine dei due artisti sul mistero del sesso femminile e sulle forze primigenie che hanno permesso non solo la nascita della vita sulla Terra, ma anche la creazione dell’universo, e perfino la creazione artistica.

«Il sesso della donna è l’alfa e l’omega del mondo, l’origine e la fine», scrisse Dumas figlio, tra i pochi che riuscirono a vedere il quadro di Courbet. L’ha visto anche Fontana? Probabilmente no. Quando L’origine du monde fu esposta per la prima volta, nel 1988, Fontana era morto ormai da vent’anni. E fino a quel momento la tela era passata per molte mani, ma sempre in maniera riservatissima, portandosi dietro parecchi misteri. Il primo dei quali riguardava l’identità della modella.

Più volte gli studiosi hanno provato a dare un volto alla donna raffigurata nell’opera. Hanno cercato tra le amanti di Khalil-Bey, il ricchissimo diplomatico turco-egiziano, committente e primo proprietario del dipinto. Hanno scandagliato l’«alta cortigianìa» di Parigi descritta dai Goncourt: ricche mantenute che tenevano salotti artistici e letterari e giravano su carrozze vivaci, con rose alle orecchie dei cavalli. Ma erano solo supposizioni. Le prove le ha trovate per caso, nel 2018, Claude Schopp, storico e specialista di Alexandre Dumas figlio. Schopp, che lavorava sulla corrispondenza tra Dumas e la scrittrice George Sand, scoprì una lettera risalente al giugno del 1871, nella quale Dumas parla proprio di Courbet. Nella trascrizione del manoscritto, conservato presso la Bibliothèque Nationale de France, si legge: «Quando si ha il suo talento non si ha il diritto di dipingere con il pennello più delicato e sonoro “l’interview de Mlle Queniault de l’Opéra”, per il turco che di tanto in tanto vi si rifugiava, il tutto a grandezza naturale». Schopp, resosi conto che la parola “intervista” nel contesto non aveva alcun senso, volle controllare il manoscritto originale e si accorse che Dumas, in effetti, non aveva scritto “l’interview”, bensì “l’intérieur”, l’interno in cui si rifugiava Khalil-Bey. Per lo storico, la frase così riletta divenne una chiara allusione ai genitali della ballerina francese, e ipotizzò che fosse stata lei la modella di Courbet. Andò a frugare negli archivi dell’Opéra, trovò foto e documenti, e ricostruì la vita intera di Constance Quéniaux, come si chiamava esattamente. All’epoca in cui aveva posato per Courbet aveva trentaquattro anni, non danzava più da sei, ed era anche lei un’amante di Khalil-Bey.

Il quadro, dopo una serie di rocambolesche avventure in giro per l’Europa, finì nelle mani dello psicanalista Jacques Lacan, spinto all’acquisto dallo scrittore-filosofo Georges Bataille. Il pensiero di Bataille, che fa coincidere l’erotismo con il misticismo e il vertice della contemplazione, torna in mente riascoltando le parole di Lucio Fontana: «I Tagli sono soprattutto un’espressione filosofica, un atto di fede nell’infinito, un’affermazione di spiritualità. Quando io mi siedo davanti a uno dei miei Tagli a contemplarlo, provo all’improvviso una grande distensione dello spirito, mi sento un uomo liberato dalla schiavitù della materia, un uomo che appartiene alla vastità del presente e del futuro».



Scultura spaziale (1947).

Giacometti - Fontana. La ricerca dell’assoluto

a cura di Chiara Gatti e Sergio Risaliti
Firenze, Palazzo vecchio
fino al 4 giugno
orario 9-19, giovedì 9-14
catalogo Silvana Editoriale
www.musefirenze.it
www.museonovecento.it

Lucio Fontana. L’origine du monde

da un’idea di Sergio Risaliti
Firenze, Museo Novecento
fino al 13 settembre
orario 11-20, giovedì chiuso
catalogo Silvana Editoriale
www.museonovecento.it

ART E DOSSIER N. 409
ART E DOSSIER N. 409
MAGGIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Il papà di Pimpa e Cipputi di Sergio Rossi; BLOW UP: Newton, l’elegante provocatore Erwitt, l’ironico osservatore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Pistoletto a Roma - Nella bellezza tutto si rigenera di Ludovico Pratesi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Lucio Fontana a Firenze - Contemplando l’infinito di Lauretta Colonnelli...