Grandi mostre. 5
TESTE GROTTESCHE E CARICATURE
DA LEONARDO A BACON A VENEZIA

LO SPETTACOLO
DELLE SPROPORZIONI

A PALAZZO LOREDAN UNA GALLERIA DI FIGURE UMANE DAI TRATTI SOMATICI ESASPERATI E CARICATURALI È PROTAGONISTA DI UNA MOSTRA CHE, PARTENDO DA DICIOTTO AUTOGRAFI DI LEONARDO, PROSEGUE CON GLI ARTISTI DELLA SUA CERCHIA PER PASSARE POI A RICCI, TIEPOLO FINO AD ARRIVARE A BACON.

Marta Santacatterina

«De’ visi mostruosi non parlo, perché senza fatica si tengono a mente»: forse Leonardo, che annotò questa frase nel Codice Atlantico, non ne parlò spesso, ma di certo disegnò moltissime “teste caricate”, come venivano chiamate a quei tempi.

Una di queste fa parte della collezione Ligabue: si tratta di un profilo di vecchia con il naso schiacciato, le labbra cadenti, il mento grinzoso e la fronte solcata da rughe, ma al volto decisamente sgradevole si contrappone l’acconciatura curata dei capelli che sono trattenuti da un velo e da un nastro decorato con un fiore. In basso, il nastro ricade lieve sul collo e conferisce un pizzico di strana sensualità alla figura.

A partire dal prezioso disegno, il curatore Pietro Marani ha radunato una “galleria” di opere che si possono ammirare a palazzo Loredan di Venezia, sede dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, dove è in corso l’esposizione promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue. Sono ben diciotto gli autografi del genio da Vinci, tra cui numerosi fogli eccezionalmente prestati dal duca di Devonshire e che per la prima volta vengono esposti in Italia. Nei piccoli disegni Leonardo esasperò i tratti somatici, deformandoli con l’intento di rimarcare i caratteri, le doti morali o i vizi dei soggetti raffigurati. Fin da subito le teste caricate di Leonardo – che non possono essere considerate dei ritratti, ma dei “tipi” scaturiti dalla sua immaginazione – ebbero un successo straordinario: furono copiate, riprese, imitate dai suoi seguaci lombardi e non solo. Le loro diramazioni si spinsero fino ai secoli successivi, anche grazie alla circolazione di volumi a stampa e di incisioni come le acqueforti secentesche del boemo Wenceslaus Hollar, “ricalcate” in scala 1:1 dagli originali della raccolta di lord Thomas Howard.

Della cerchia leonardesca facevano invece parte Francesco Melzi, Giovanni Agostino da Lodi e poi Aurelio Luini, Giovanni Ambrogio Figino, oltre a Giovan Paolo Lomazzo: suo un dipinto su tavola raffigurante sempre una testa di donna che può essere preso a esempio di una traduzione pittorica di uno dei più imitati disegni del maestro. Lo stesso Lomazzo fu nume tutelare dell’Accademia della val di Blenio (Canton Ticino), cui aderivano artisti e letterati dediti alla goliardia e alla satira: alle indagini sulla “mostruosità” di Leonardo cominciò così ad affiancarsi una connotazione popolaresca e ludica.

Dal momento che la Fondazione Ligabue affonda le sue radici nella laguna, la mostra prosegue percorrendo le strade che conducono alla Serenissima: si incrociano quindi le figure di Anton Maria Zanetti, del caricaturista Marco Ricci e di Giambattista Tiepolo. È documentata la presenza, nella biblioteca del primo, di volumi quali il Trattato della pittura di Leonardo e L’idea del tempio della pittura di Lomazzo, ma ciò che più colpisce è l’Album Zanetti, una raccolta di caricature delle celebrità del Settecento veneziano. Vi si trovano una bruttissima e divertentissima Rosalba Carriera – peraltro amica di Zanetti –, un panciuto Sebastiano Ricci intento a puntare il monocolo sull’audace decolleté di una nota cantante inglese, un prete gobbo. Tutti personaggi ben identificabili, di cui spesso accanto al disegno si riportano nomi e cognomi, segnando la differenza rispetto alle invenzioni delle “teste caricate” e dei volti “ridicoli” dei lombardi.

In continuità con il tema delle caricature si presenta ai visitatori una carrellata di splendidi disegni di Giambattista Tiepolo, il quale immortala coloro che assistono al “gran teatro urbano” della Venezia del XVIII secolo; molti vengono “ripresi” da tergo e, sotto lo sguardo arguto dell’artista, da spettatori diventano essi stessi attori. Ne scaturisce una rappresentazione divertita e irriverente di ecclesiastici, individui ingobbiti – evidentemente le gobbe erano assai diffuse all’epoca –, gentiluomini imparruccati e corpulenti, avvolti in larghe vesti da cui spuntano ridicole gambette.

Il finale dell’esposizione è un “coup de théâtre”: con un balzo nel pieno Novecento, da una sala buia e suggestiva “emerge” un trittico di Francis Bacon. La manipolazione del viso di Isabel Rawsthorne, se da un lato si lega formalmente alle ricerche dei secoli precedenti – e il pensiero corre al quadro di Lomazzo – dall’altro si carica di un significato più profondo e porta in superficie l’interiorità e l’inconscio dell’essere umano.

Ecco allora che tramite la pittura inquietante dell’artista inglese, come sintetizza efficacemente Marani nell’introduzione al catalogo, «si coglie il perdurare di una ricerca attraverso i secoli nello scavo del volto umano e nella sua deformazione, intesi come riflesso di caratteri, passioni, inconfessabili istinti animaleschi, impulsi interiori e forse incubi della psiche e del subconscio».


Francis Bacon, Three Studies for Portrait of Isabel Rawsthorne (1965), particolare, Norwich, Sainsbury Centre.


Leonardo da Vinci, Testa caricata e busto di profilo d’uomo verso sinistra (1490 circa), Milano, Veneranda biblioteca ambrosiana.

De’ visi mostruosi e caricature. Da Leonardo a Bacon

a cura di Pietro Marani
Venezia, palazzo Loredan
fino al 27 aprile
orario 10-18
catalogo Marsilio Editori
mostra promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue di Venezia
www.fondazioneligabue.it

ART E DOSSIER N. 408
ART E DOSSIER N. 408
APRILE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il potere della duchessa di Federico D. Giannini; BLOW UP: Werner Bischof:L’occhio, inedito, per il colore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Arturo Martini a Treviso - Frammenti di realtà di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Manet e Degas a Parigi - Amici e rivali di Valeria Caldelli ...