Dentro l'opera 

UN VIAGGIO POSTUMANO QUANDO L’ARTE
SI FA SCIENZA E VICEVERSA

di Cristina Baldacci

Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Yuri Ancarani, Da Vinci

Un viaggio al limite di ciò che è visibile e che si dischiude all’occhio umano attraverso la microchirurgia robotica: questo è Da Vinci (venticinque minunti, colore, nessun dialogo, 2012), il film dell’artista e regista Yuri Ancarani (Ravenna, 1972), che ci conduce alla scoperta delle viscere del corpo, riattualizzando un legame tra arte e scienza consolidatosi fin dai tempi di Leonardo, come ci ricorda il titolo dell’opera.

Titolo che per la verità ha una derivazione ben più contemporanea, poiché cita il nome del robot usato in chirurgia mininvasiva per operazioni all’avanguardia. Un collaboratore tecnologico che permette al medico, comodamente seduto in console, di avere una visione 3D dell’interno del corpo e di manovrare a distanza bracci meccanici per arrivare a zone anatomiche altrimenti irraggiungibili.

Senza prologo né commento, dalla prima immagine di Da Vinci lo spettatore si ritrova calato, quasi immerso, nell’addome di un paziente sottoposto a un intervento chirurgico. Ci vuole qualche istante per rendersi conto che quel paesaggio viscidamente molle e pulsante, virato sui toni del blu, è l’interno del corpo umano. Con stupore, curiosità e anche un po’ di ribrezzo, l’occhio, potenziato dalla protesi tecnologica, segue i movimenti viscerali, finché non accade qualcosa di inaspettato. La massa deforme viene profanata da quello che a prima vista sembra un ago ma che si rivela essere la punta di una pinza. L’unione tra metallo e tessuto biologico, tra carne e ferro, è inizialmente perturbante. Eppure, man mano che si seguono i movimenti delicatamente precisi della pinza che affonda nelle viscere, si rimane affascinati, a volte persino divertiti, da questo eccezionale sodalizio tra essere umano e dispositivo tecnologico.

La relazione tra uomo e macchina è alla base della ricerca di Ancarani, che con Da Vinci chiude una trilogia dedicata proprio a questo tema, scegliendo di analizzare tre professioni insolite. Prima di concentrarsi sui chirurghi che operano con le nuove tecnologie, l’artista ha infatti preso in esame i tagliapietre di una cava di marmo di Carrara che lavorano con macchine scavatrici, anch’esse ipertecnologiche e precise (Il capo, 2010), e i palombari di una piattaforma petrolifera che (soprav)vivono negli abissi all’interno di una camera iperbarica (Piattaforma Luna, 2011).

L’altro tema centrale, soprattutto per Da Vinci, è quello del voyeurismo o meglio ancora della sorveglianza a cui come esseri umani siamo sempre più sottoposti come conseguenza del nostro quotidiano affidarci alla tecnologia (su questo punto fondamentale aveva già riflettuto anche Mona Hatoum nel 1994 con il suo Corps Étranger, pionieristica esplorazione nelle viscere tramite endoscopia). Una fede nelle macchine che Ancarani, alla fine del film, mette in dubbio mostrando un chirurgo che si esercita con il sofisticato robot in un’operazione simulata commettendo errori; errori che, in un intervento reale, sarebbero irreparabili e dunque fatali per il paziente. «Senza dubbio», ha commentato l’artista in un’intervista, «questa scena può considerarsi anche la chiusura della trilogia, con una riflessione importante sugli incidenti sul lavoro, che sono una realtà di oggi e di sempre».

Così, come nella celebre Lezione di anatomia del dottor Tulp dipinta da Rembrandt nel 1632, in Da Vinci torna, in chiave postumana, anche il tema della morte, del pericolo di oltrepassare i limiti per seguire la conoscenza e del fascino che la scienza esercita come forma d’arte.


Da Vinci, 2012, still video.

ANCARANI IN MOSTRA

Il film Da Vinci è in mostra nella personale che il PAC - Padiglione d’arte contemporanea di Milano dedica a Yuri Ancarani dal 4 aprile all’11 giugno (per gli orari consultare il sito www. pacmilano.it), a cura di Diego Sileo e Iolanda Ratti. Si ricorda, inoltre, che è in corso al MAMbo - Museo d’arte moderna di Bologna anche un’altra mostra sul lavoro dell’artista (Yuri Ancarani. Atlantide 2017-2023, fino al 7 maggio, orario 14-19 martedì e mercoledì, 14-20 giovedì, 10-19 venerdì, sabato, domenica e festivi, chiuso lunedì non festivo, www.mambo-bologna.org), a cura di Lorenzo Balbi, incentrata appunto sul film Atlantide.



ART E DOSSIER N. 408
ART E DOSSIER N. 408
APRILE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il potere della duchessa di Federico D. Giannini; BLOW UP: Werner Bischof:L’occhio, inedito, per il colore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Arturo Martini a Treviso - Frammenti di realtà di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Manet e Degas a Parigi - Amici e rivali di Valeria Caldelli ...