LE IPOTESI SUGLI ULTIMI ANNI

Per il destino di Cecco dopo il giugno del 1620 si potranno formulare solo ipotesi, dato che non esiste al momento nessuna traccia documentaria, nessuna data sulle sue opere.

La prima ipotesi contempla una morte precoce, poco tempo dopo tale data. Ma è plausibile anche l’abbandono della città pontificia, magari dopo la gravissima delusione che il rifiuto della Resurrezione poteva aver provocato. Difficile però è stabilire la meta dell’eventuale trasferimento. Forse un secondo soggiorno napoletano? O addirittura la Spagna? Sono supposizioni fragili, con indizi non decisivi.

Una destinazione che ho indicato già dal 1992 potrebbe essere stata la Lombardia e Bergamo: Cecco sarebbe dunque tornato alla terra di origine, dove potevano esserci interessi e legami tali da spingerlo a rimpatriare. A confermarlo potrebbe essere il San Francesco di collezione privata, che pare mostrarci un Cecco un po’ ripiegato su se stesso, come potrebbe accadere a chi ripropone in provincia, lontano dagli stimoli romani, il proprio linguaggio stilistico. Il fatto che il dipinto provenga storicamente, come la Decollazione del Battista dalla raccolta bergamasca della famiglia Pesenti, fornisce un significativo sostegno a questa ipotesi. Anche il Maestro di canto, che ho recentemente pubblicato35, suggerisce una simile circostanza; il dipinto è segnato da un’atmosfera lombardo-spagnola e potrebbe essere un’opera tarda di Cecco, realizzata dopo il 1620 in ambito bergamasco.

La traccia forse più suggestiva di una presenza di Cecco (e di suoi dipinti, oggi non recuperati) a Bergamo riguarda infine il collegamento ardito, ma intrigante, con Evaristo Baschenis. Più volte mi sono avventurato in tale possibilità36, e cioè che il pittore bergamasco debba avere visto alcuni dipinti di Boneri con nature morte e da quelli possa aver preso lo spunto per avviare la propria ispirazione e realizzare nature morte con strumenti musicali, che per tanti aspetti richiamano i brani di Cecco, realizzati molti anni prima. Mi riferisco all’accatastarsi degli oggetti, plasticamente dipinti, che diventano composizioni di strumenti musicali nei quadri del prete bergamasco, ai cassetti aperti dei due Fabbricanti, che misteriosamente ritornano anche nelle tele di Baschenis, come per esempio nella meravigliosa Natura morta dei Musées Royaux di Bruxelles.

Baschenis potrebbe dunque avere incontrato opere di Boneri a Bergamo, perché questi poteva aver inviato in città nature morte o brani di nature morte all’interno di dipinti con altri soggetti (simili a quelli presenti nel Flautista di Oxford, nei due Fabbricanti, nell’Angelo musicante); addirittura poteva avere conosciuto direttamente Cecco, negli anni Trenta o Quaranta, se questi fosse vissuto e si fosse davvero trasferito a Bergamo.

Ma il collegamento fra Baschenis e Cecco potrebbe avere avuto come scenario Roma, dove nel 1650 il prete pittore era sicuramente presente. Possibile che a impressionarlo potessero essere i dipinti di colui che era suo conterraneo e di cui, come sappiamo dai report di Symonds e di Manilli, era ben vivo il ricordo nella città pontificia. A Roma certamente quei dipinti circolavano, probabilmente in numero ben maggiore dei cinque che contiamo oggi, e Baschenis potrebbe avere avuto, dalla loro visione, la spinta decisiva per organizzare le sue, di nature morte.


San Francesco (dopo il 1620), particolare.


Evaristo Baschenis, Natura morta con strumenti musicali (1660-1670); Bergamo, Accademia Carrara.


Fabbricante di strumenti musicali (1615-1620), particolare; Atene, Pinacoteca nazionale-Museo Alexandros Soutzos.


San Francesco (dopo il 1620).


Evaristo Baschenis, Natura morta con strumenti musicali (1660-1670); Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique.


Fabbricante di strumenti musicali (1615-1620), particolare; Londra, Wellington Museum - Apsley House.

CECCO DEL CARAVAGGIO
CECCO DEL CARAVAGGIO
Gianni Papi
Bergamo – insieme a Brescia Capitale della Cultura 2023 – celebra con una grande mostra uno dei più misteriosi artisti del gruppo dei caravaggeschi italiani. Di Francesco Boneri (1580-1630), detto Cecco del Caravaggio, non si sa davvero quasi niente, quella aperta in questi mesi a Bergamo (della quale l’autore del dossier è cocuratore) è la prima mostra che gli viene dedicata, con una ventina di dipinti di Cecco a confronto con opere di suoi contemporanei, comprese quelle del suo maestro. Maestro nel senso che Cecco era detto “del Caravaggio” perché ne era un servitore, fin da giovanissimo e, sembra, anche amante. Una condizione di “familiarità” che lo vedeva nel ruolo di modello (forse per Amore vincitore, Davide e Golia e altre opere) ma anche in un certo senso di allievo, poiché dal maestro imparò a dipingere (e anche a usare il coltello nelle risse, pare). Un’occasione per capire meglio il suo percorso, e per apprezzare correttamente l’elevata qualità della sua pittura.