Grandi mostre. 2
WAYNE THIEBAUD A RIEHEN

UN MAGO E I SUOI
INCANTESIMI

RITRATTI, NATURE MORTE, SCENARI NATURALI E URBANI. MA ANCHE DOLCI, DI TUTTI I TIPI: VERE E PROPRIE TENTAZIONI, RICORDI D'INFANZIA DI WAYNE THIEBAUD POI IMPRESSI SULLE SUE TELE CON UN REALISMO DAVVERO ATTRAENTE, OLTRE IL QUALE, PERÒ, C’È QUALCOSA DI PIÙ.

Valeria Caldelli

L’IMPRONTA DELL’ARTE DI WAYNE THIEBAUD È DEFINITA DAL COLORE, DALLO SPAZIO E DALLA LUCE IN UNA CONTINUA E IMPROBABILE COMBINAZIONE TRA CIÒ CHE È REALE E CIÒ CHE NON LO È

Quelle metropoli deliziose. Morbide torte replicate come tanti soldatini in attesa della battaglia e auto in fila nelle strade come divertenti giocattoli colorati sulle piste in miniatura. Sfumature mutevoli, riflessi luminosi, impasto morbido come una glassa: così la realtà si trasforma in illusione e l’artista in un mago capace di incantesimi.

Gli incantesimi sono tutti americani e il mago è Wayne Thiebaud, un signore gentile, maestro di pittura, professore d’arte all’università californiana di Davis (centoventi chilometri a nord-est di San Francisco), ma anche irriducibile giocatore e straordinario narratore di barzellette. Proprio come un mago è scomparso a centouno anni la notte di Natale del 2021. Prima ancora, il 10 luglio del 2020, una sua opera giovanile – Four Pinball Machines – aveva incassato 19,1 milioni di dollari in un’asta di Christie’s a New York. Un risultato che, ammesso che ce ne fosse stato ancora bisogno, aveva consacrato Thiebaud come una delle icone del rinnovamento della pittura della seconda metà del Novecento, le cui opere sono esposte nei maggiori musei degli Stati Uniti e del mondo. «Io dipingo oggetti della vita quotidiana che sento essere stati trascurati», spiegava lui ai critici e agli studenti, sottolineando come le cosiddette “nature morte” cambino in ogni epoca e che quelle contemporanee non possono essere quelle di Chardin o Cézanne. I gelati gocciolanti, le mele caramellate, i cupcake burrosi, ma anche le cravatte, i rossetti, le slot machine in allineamento seriale, che sono i suoi soggetti iniziali e privilegiati, ci raccontano, infatti, dell’opulenza americana seguita alla Grande depressione, ma anche della positività di quella cultura di massa che genera forme di bellezza, quali appunto infiniti e onirici pasticcini, capaci di portare gioia e felicità al massimo grado. C’è addirittura chi afferma, come Nicholas Fox Weber, storico dell’arte, critico e scrittore statunitense, che qualsiasi francese, italiano o spagnolo, dopo aver visto i soffici e pannosi dolci raffigurati sulle tele di Thiebaud vorrebbe subito assicurarsi un biglietto per gli Stati Uniti.

Raramente, comunque, le opere del maestro americano sono arrivate in Europa, se si esclude la mostra del 2011 al Museo Morandi di Bologna, che ha proposto un dialogo tra le sue nature morte e quelle dello stesso Morandi. Oggi è la Fondazione Beyeler di Riehen (Basilea) a organizzare una grande esposizione dell’artista raccontando con sessantacinque dipinti, provenienti da collezioni pubbliche e private statunitensi, i suoi momenti creativi più importanti. «La mostra è allestita in modo tematico e include importanti gruppi di opere, dalle nature morte ai ritratti, dai paesaggi ai panorami cittadini», anticipa il curatore Ulf Küster. «Presentiamo capolavori emblematici, come le sue crostate e le torte nel banco frigorifero, così come i meno conosciuti ma straordinari ritratti, tra cui Girl with Pink Hat o Student».

Certo, le immagini seriali degli oggetti quotidiani non possono che far legare il suo nome alla Pop Art, però Thiebaud non amava essere inquadrato in questa o in altre etichette. Né lui mai inserisce Andy Warhol nella lunga lista dei maestri a cui tributa la sua riconoscenza. A Mondrian, Cézanne, Morandi, de Chirico, Picasso, Monet e altri negli anni Settanta dedica infatti persino un’opera che intitola, non senza ironia: 35 Cent Masterworks. «In realtà lui era un artista pop nel vero senso della parola», spiega Küster. «Ciò che lo rese diverso fu il suo rifiuto della fotografia come punto di partenza e il suo profondo interesse nelle tecniche di pittura e nelle infinite possibilità del colore. L’idea di Pop Art di Andy Warhol resta in superficie. I soggetti di Wayne Thiebaud erano pop; il modo in cui li mostrava è pura pittura».

Pur provenendo dal mondo commerciale (aveva iniziato la sua carriera come artista pubblicitario e aveva lavorato anche per la Walt Disney), finì infatti col trovare banalizzante il continuo bombardamento di immagini promozionali e preferì lavorare con la memoria. Quelle famose fette di torta sono anche il ricordo di quando, bambino, le vedeva nei negozi di Long Beach, ma erano troppo costose per la sua famiglia e lui non poteva averle. Perché se ad Andy Warhol le minestre Campbell non piacevano, Thiebaud, invece, amava le creme, le frolle, i pan di spagna e tutte le altre delizie rese poi così tattili nelle sue opere da apparire vere, glassa compresa. D’altronde lui a New York, capitale della Pop Art, restò solo un anno.

Poi se ne tornò a Sacramento, in California, dove visse quasi tutta la sua vita, dipingendo San Francisco. Quelle erte strade fiancheggiate da abitazioni, a volte su crinali rocciosi, sono ispirate proprio dalle vie della città californiana. Lo confermava lui stesso quando qualcuno, incredulo della sua magia, gli faceva notare che non esistevano strade così ripide. «Ma lei è mai stato a San Francisco?», replicava come un prestigiatore che mescola il vero con il falso e non vuole svelare i suoi segreti.

Sempre distante anche dall’astrattismo, l’impronta dell’arte di Thiebaud è definita dal colore, dallo spazio e dalla luce in una continua e improbabile combinazione tra ciò che è reale e ciò che non è reale, ma che lo diventa grazie, appunto, alla magia illusionista del pittore. E allora quelle deliziose metropoli si fanno anche inquietanti, malinconiche, fredde e anonime. Inquietanti come le generose e invitanti fette di torta, che però sono isolate l’una dall’altra e rimandano alla solitudine dei suoi e dei nostri tempi. Malinconiche come i mondi disabitati di White Riverscape, Flood Water e River Pool; fredde come le strade deserte che si arrampicano su creste inverosimili. E anonime come gli uomini e le donne dei ritratti che non lasciano intravedere niente della loro personalità.

È il rovescio della medaglia. Il prezzo da pagare per la nostra avidità di facili gioie tutte panna, zuccheri e benessere. «Secondo me Thiebaud è l’Hopper californiano », commenta Küster. In fondo lo stesso artista sembra cercare nei cliché delle leccornie commestibili uno specchio per l’umanità. «Il mio interesse nella pittura è tradizionale e modesto il suo fine», scrive l’artista. «Spero che ci possa permettere di vedere noi stessi che guardiamo noi stessi». Quello che si scopre può anche non essere piacevole.


Pie Rows (1961).


Jolly Cones (2002), Wayne Thiebaud Foundation.


River Pool (1997), Wayne Thiebaud Foundation.

Wayne Thiebaud

a cura di Ulf Küster
Riehen (Basilea), Fondation Beyeler
dal 29 gennaio al 21 maggio
orario 10-18, mercoledì 10-20
catalogo Hatje Cantz - Fondation Beyeler
www.fondationbeyeler.ch

ART E DOSSIER N. 406
ART E DOSSIER N. 406
FEBBRAIO 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: I condottieri della cattedrale di Federico D. Giannini; CORTOON: Animemoria di Luca Antoccia; GRANDI MOSTRE. 1 - Nan Goldin a Stoccolma e a Berlino - A cuore aperto di Francesca Orsi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Wayne Thiebaud a Riehen - Un mago e i suoi incantesimi di Valeria Caldelli ...