Camera con vista 


LA COMETA
DI MIMMO

di Luca Antoccia

Che ci fanno insieme Dante e Glenn Gould, Giordano Bruno e Pontormo? Semplice, si fa per dire: un nuovo film di Mimmo Paladino.
E tuttavia già chiamarlo “film” è operazione arbitraria e tutt’altro che innocente per quella che sarà poi la fruizione dell’opera. In casi come questo si dovrebbe forse parlare di un nuovo tipo di installazione che utilizza lo scorrere del tempo, della pellicola e uno schermo cinematografico. Lo spettatore entrerebbe così nella migliore condizione meditativa per assaporare il particolare e complesso “pastiche” poetico, teatrale e visivo che La divina cometa (2022) propone. Dopo il lungometraggio Quijote con Lucio Dalla del 2006, e altri esperimenti più corti, Paladino torna nelle vesti di regista con questo viaggio lirico ispirato da Dante (straordinario il canto XXXIII dell’Inferno, che vede come protagonista il conte Ugolino, recitato in napoletano da Toni Servillo) e Shakespeare, senza disdegnare passi del Diario di Jacopo Pontormo e frammenti di Giordano Bruno. Ecco, i testi, che recano la firma tra gli altri di Aldo Nove, Michele Emmer, Salvatore Silvano Nigro, Francesco De Gregori, hanno un peso maggiore che nel Quijote e, con qualche verbosità, attenuano il fascino visivo del film. Che indubbiamente c’è: uno stadio vuoto di notte coi fumogeni rossi è l’inferno dantesco, le molte immagini-quadro: il ghiaccio usato come materiale visivo privilegiato, o i ricorrenti specchi, bruniti, o neri, le porte, la numerologia (il due, il cinque soprattutto), come nel precedente corto di Paladino Ho perso il conto (2017). Se il collage di monologhi e soliloqui si salva dal declamatorio è anche perché il film ha per fortuna guizzi umoristici. Un cinema che non assomiglia a nessun altro ma che trova lontane assonanze nella sorniona ironia del palestinese Elia Suleiman, ibridata con la visionarietà di un Sergej Iosifovič Paradžanov.
Tra le cose da ricordare, l’affabulazione sulla fotografia e sul lampo al magnesio come intermediari con l’aldilà, la sequenza finale infernale «e uscimmo a riveder le stelle », la voce di Carmelo Bene su un passaggio del canto di Ugolino, la tirata furente di Giordano Bruno sulla prua di una imbarcazione che lo sovrappone al capitano Achab, personaggio principale di Moby Dick.

ART E DOSSIER N. 405
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....