CATALOGHI E LIBRI

GENNAIO 2023

LE INSIDIE DELLE IMMAGINI

Cosa osserva la metafotografia è il sottotitolo di questo nuovo volume di Zanchi e Benaglia, che raccoglie una serie di saggi dedicati a temi di notevole complessità, per chi non sia avvezzo alla metafotografia, appunto, che, come dichiarano Zanchi e Benaglia, ha avuto come esordio la fotografia, ma si è poi trasformata in una critica al «futuro presente […] scritta attraverso un’analisi della visione, avendo presente anche questioni inerenti a metalinguaggio, metamedium, metamodellizzazione e metaverso». Non è un linguaggio semplice, anche se il suffisso “meta” è moneta corrente, quindi per comprendere l’approccio dei due autori, vale la pena rievocare l’incipit dell’introduzione: «Non tutti sono consapevoli che le immagini ci guardano e sentono, dai dispositivi che le rendono visibili e fruibili per il nostro uso e consumo. Le immagini fotografiche retroilluminate negli smartphone e negli schermi dei personal computer fungono da esca. Tutti abbocchiamo, lasciando che i dispositivi tecnologici diano informazioni dei nostri gusti personali e di tutto ciò che concerne la nostra privacy».

Sara Benaglia e Mauro Zanchi
Postmedia books, Milano 2022
236 pp., 90 ill. b.n. € 24

TUTANKHAMON OLTRE LA MALEDIZIONE

LA SCOPERTA CHE HA CAMBIATO LA STORIA

Nel 2019, alla grande mostra parigina sul tesoro di Tutankhamon, mi soffermai sui suoi affascinanti sandali dorati (Quei sandali non erano proprio calzanti, “Art e Dossier”, n. 367, luglio-agosto 2019), e sull’ipotesi di diversi scienziati che il faraone adolescente soffrisse di varie malattie genetiche, e in particolare di una deformazione al terzo metatarso: lo stesso ossicino che mi fratturai in modo fortuito qualche giorno dopo aver scritto il pezzo. Venne spontaneo, fra gli amici, ironizzare (solo ironizzare, senza alcuna superstizione), sulla presunta, secolare “maledizione” del faraone scomparso giovanissimo in circostanze misteriose, la cui tomba fu scoperta in modo clamoroso nel 1922. Oggi un libro affascinante, documentato con ammirevole rigore, giunge in soccorso a confutare con estrema precisione le molte, spesso astruse teorie sulla vita e sulle eventuali malattie e sfortune, anche “post mortem”, di Tutankhamon. Non è un romanzo, l’autrice è una brillante egittologa britannica, che già nel 2012, col suo Tutankhamon’s Curse (La maledizione di Tutankhamon) ha vinto il prestigioso premio dell’Archaeological Institute of America. Questo nuovo libro è diviso in due parti. La prima ripercorre la vita del faraone che regnò adolescente nella XVIII dinastia (1336-1327 a.C. circa) e fa chiarezza, per quanto possibile, sui tanti misteri che aleggiano attorno alla sua famiglia, alla sua, o alle sue eventuali consorti, ai figli mai nati (o meglio alle possibili figlie nate morte), alla sua inaspettata scomparsa. La seconda parte ricostruisce, con una sceneggiatura degna di un film, le vicende che dal 1922 a oggi hanno adombrato e tuttora adombrano spesso di notizie inesatte i tanti enigmi, in gran parte irrisolti, sulla figura di Tutankhamon e sullo strabiliante tesoro dorato rinvenuto nella piccola tomba del faraone nella Valle dei re. Si leggono così descrizioni suggestive, mai di finzione che tentano di riempire le lacune documentarie dovute alle notizie imprecise sul rinvenimento, e alle troppe intromissioni sulla scena del “crimine”: perché in fondo, ci pare, di un qualche crimine si può parlare, perlomeno di natura morale, quando si apprende che la mummia del giovane, che avrebbe voluto apparire in eterno bello e rimanere coperto di magnifici gioielli, fu spogliata di ogni cosa, comprese le bende che ne fasciavano il corpo. Che per fortuna, almeno quello, riposa in pace nella tomba dove è stato per millenni.


Joyce Tyldesley
Giunti, Firenze 2022
320 pp.
€ 14,90

DI FRONTE ALLA SHOAH.

ARTE FRA TESTIMONIANZA ED EMPATIA

Nel parlare del bellissimo saggio di Salvatore Trapani è difficile non soggiacere alla retorica di espressioni e aggettivi come suggestivo, struggente, commovente, straziante, atroce, fra quelli che ci paiono rispecchiare l’intensità dei sentimenti che si provano quando si affronti il tema della Shoah. Cerchiamo di evitarli, ma certo non stonerebbero in questi tempi in cui l’antisemitismo è solo sopito, e qua e là pare sempre risorgere, mai annientato del tutto, in un modo che indigna la coscienza civile e la memoria storica. Di “damnatio memoriae” parla non a caso, l’autore di questo libro, che a Berlino dove vive dal 1998 si occupa di memoria storica, arti visive e Gender Equality, collabora col Memoriale berlinese per gli ebrei assassinati d’Europa e con altre istituzioni tedesche, oltre che con l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea di Reggio Emilia. Qui, con Margherita Fontanesi, ha fondato il progetto A.R.S. (Art Resistance Shoah). Trapani è storico dell’arte e da par suo ha raccolto qui un’approfondita documentazione, per quanto possibile, di alcuni noti artisti di formazione espressionista che furono deportati nei lager nazisti: primo fra tutti Felix Nussbaum, morto ad Auschwitz nel 1944 con la famiglia, e poi il franco-russo Boris Taslitzky, sopravvissuto agli stermini di Buchenwald e morto a Parigi nel 2005, la cui opera è una cruda testimonianza della sua, chiamiamola “vita”, nel campo di concentramento. Ci sono poi «i testimoni dei testimoni», come Trapani definisce, per esempio, la Marguerite Duras autobiografica del romanzo Il dolore (Milano 1995), o il Primo Levi di Se questo è un uomo, celeberrimo memoriale del suo internamento ad Auschwitz. Trapani rievoca anche atrocità del passato, come, fra le tante, la decapitazione del doge Marin Faliero nel 1355, e le vicende di artisti come Caravaggio, Van Gogh, Böcklin e molti altri che in qualche modo e in maniere diverse si sono dimostrati sensibili ai temi della morte, degli orrori e delle ingiustizie sociali. E ancora, gli artisti “empatici” delle più recenti generazioni che si sono dedicati alla Shoah con stili, tecniche e impressioni molteplici. Il saggio, per molti versi filosofico, è talmente denso di spunti e pertinenti evocazioni, che è impossibile da sintetizzare. Tutti, però, non solo gli storici dell’arte, dovrebbero leggerlo, e consigliarne la lettura nelle scuole. Per non dimenticare, ovvio, ed è una frase, almeno questa, che oggi non ci pare suoni retorica.


139 pp., 14 ill. colore € 18,50

COME BIANCHE FARFALLE

IMMAGINI DI TENNIS NELLA MODERNITÀ

Il tennis è poesia, un incanto non solo per chi lo pratica, ma anche per chi sappia anche semplicemente apprezzare l’inconfondibile suono della pallina sulle corde della racchetta e quello altrettanto indimenticabile del rimbalzo sulla terra rossa (che profumo, quella terra…): un suono così diverso da quello di quando la pallina atterra sul cemento oppure sull’erba spelacchiata (e che profumo, quell’erba, così rara nei campi da gioco). Di questa poesia trovo conferma nel libro di Alessandro Tosi che non mi stancherò di consigliare (e regalare, non solo a chi ama il tennis). Un libro poetico quanto il tennis, sin dal titolo che rievoca un vertiginoso incipit di Eugenio Montale, memoria di un campo da tennis un tempo ben tenuto e poi rimasto incolto: «Dov’era una volta il tennis […] cresce ora la gramigna e raspano i conigli […]. Qui vennero un giorno a giocare due sorelle, due bianche farfalle nelle prime ore del pomeriggio». E come non ricordare il campo ferrarese nel giardino dei Finzi Contini rievocato da Giorgio Bassani nel suo bestseller (aggiungo anche, quanto a poesia del tennis, il gioco silente nel film Blow Up di Antonioni, e la pallina che sfiora la rete in Match Point di Woody Allen). D’altra parte, giocava a tennis, e bene, un poeta come Ezra Pound, a Rapallo (Genova), sui campi di un circolo che ancora esiste, dove lo incontrava anche Peggy Guggenheim. Giocavano Tolstoj, e Roberto Longhi, e il suo allievo Luciano Bellosi, per fare solo qualche esempio fra scrittori e brillanti storici dell’arte. Non sono meri aneddoti, perché questi nomi s’intrecciano con le opere di artisti come Carrà, Morandi, Campigli, de Chirico, e molti altri. Tosi si muove in questo campo, mi si perdoni il bisticcio di parole, con intelligenza e poesia, erudizione ed eccellente padronanza di riferimenti storicoartistici. È ben altro, il suo libro, che una semplice carrellata di immagini, di “iconografia” del tennis moderno. Dico moderno perché lo sport di oggi ha come antenato illustre il gioco della pallacorda, che risale a tempi lontani, e anche quello ha una sua bella iconografia, forse più indagata e nota di quella del Novecento scandagliata da Tosi come mai prima d’ora, nonostante le poche decine di pagine a disposizione (e certo continuerà in queste indagini alle quali si dedica, peraltro, da diverso tempo). Un libro per gli amici tennisti ma anche, com’è ovvio, denso di spunti per gli storici dell’arte.


ART E DOSSIER N. 405
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....