ATTIVISMO ESTETICO
NEL MONDO CHE BRUCIA

Ilaria Ferraris

Una grande installazione in ferro e neon rosso, un pianeta acceso dai conflitti, rovente per la crisi climatica. È Hot Spot III (2009) di Mona Hatoum, opera emblematica che dà il titolo alla collettiva Hot Spot. Caring for a Burning World, a cura di Gerardo Mosquera, in corso fino al 26 febbraio alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma. Con opere di ventisei artisti da tutto il mondo, la mostra è stata pensata come un momento di sensibilizzazione, di «attivismo estetico», secondo la definizione dalla direttrice Cristiana Collu, per portare la nostra attenzione su un momento di emergenza, immaginare soluzioni innovative per il rapporto tra specie umana e ambiente naturale e nuove possibilità di rinascita. L’artista brasiliana Sandra Cinto nel poetico murale site-specific, Notti di speranza, mostra un cielo stellato dove le galassie e le costellazioni sono anche fiumi, con ponti che uniscono le persone, i loro progetti e i loro ricordi. “Esperançar”, sperare, ci rammenta l’artista, in portoghese è un verbo attivo.


L’acqua torna, nel suo aspetto minaccioso, in Flooded di Kim Juree e nelle fotografie-documento di Gideon Mendel sulle inondazioni; è la divinità fluviale a cui si rivolge il duo musicale Ibeyi, nel videoclip in mostra le due figure femminili sotto il pelo dell’acqua emergono per cantare; le potenti onde verticali nel video di Ange Leccia raccontano l’innalzamento del livello del mare. Anche gli animali e la vegetazione sono colpiti dal cambiamento climatico e dagli effetti dell’antropizzazione eccessiva, come ammoniscono, tra gli altri, gli imponenti gorilla di Davide Rivalta, all’ingresso della galleria, e le piante in movimento nelle sculture meccanizzate di Rachel Young. In una sala laterale, in un’installazione video di Jonathas de Andrade (O Peixe, 2016), un pescatore abbraccia e accarezza il pesce agonizzante appena catturato.


L’opera di Michelangelo Pistoletto con cinque tronchi d’albero specchianti apre all’interazione fra umanità e natura, mentre il pianoforte fiorito di Glenda Léon (Listening to the Light, 2020) guarda alla resilienza della natura. La presa di posizione degli artisti, e l’invito rivolto al visitatore, è già nel sottotitolo della mostra: “Prendersi cura di un mondo che brucia”. La cura è un atto d’amore e, come ci ricorda Cristiana Collu, «l’amore è profondamente politico».

IN BREVE:

Hot Spot. Caring for a Burning World
fino al 26 febbraio a cura di Gerardo Mosqueta
Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
viale delle Belle arti 131
orario 9-19, chiuso lunedì
www.lagallerianazionale.com

ART E DOSSIER N. 405
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....