STUDI E RISCOPERTE 3 
GLI OGGETTI IN VETRO RIPRODOTTI IN PITTURA

TESTIMONIANZE
CRISTALLINE


NEL XV SECOLO, IN CONCOMITANZA CON UN’INDAGINE SCIENTIFICA SEMPRE PIÙ ATTENTA SUL VETRO, VOLTA A MIGLIORARNE LE CARATTERISTICHE COMPOSITIVE, E CON UN LAVORO SEMPRE PIÙ SOFISTICATO DEI MAESTRI VETRAI, I PITTORI INIZIARONO A RICREARE NELLE LORO OPERE I MANUFATTI REALIZZATI CON QUESTO MATERIALE CERCANDO DI IMITARNE FORME, TRASPARENZE; E CONTRASTI CROMATICI.

Silvia Ciappi

Il vetro, che ha sempre esercitato un grande fascino per la combinazione dei suoi componenti, utili a dare forma a singolari manufatti realizzati con gesti rapidi dai maestri vetrai, nel Quattrocento divenne oggetto di ripetute indagini per migliorarne la miscela compositiva. L’obiettivo era ottenere un vetro simile al cristallo di rocca, imitando con l’artificio e l’ingegno umano ciò che la natura aveva creato in modo spontaneo. L’oggetto in vetro diveniva strumento per comprendere le leggi fisiche, la prospettiva e soprattutto gli effetti ottici derivati dall’incidenza della luce sulle pareti e quelli lenticolari amplificati dal liquido nel recipiente.

 
Dai primi decenni del XV secolo i pittori iniziarono a ricreare quanto emergeva dall’osservazione dei dei manufatti in vetro, imitando i contrasti cromatici tra le zone luminose e quelle in ombra e le vibrazioni concentriche del liquido contenuto. L’indagine scientifica si coniugava con i tradizionali concetti allegorici attribuiti alla luce come emanazione divina, alla trasparenza simbolo della purezza mariana, mentre il vino rosso, visibile sulle tavole di opere raffiguranti l’Ultima cena, richiamava il sacrificio di Cristo e il rito eucaristico, ma forniva anche suggerimenti per diverse trasparenze dovute all’intensa cromia.


Un’immagine pittorica particolarmente suggestiva, che attesta l’intento scientifico nella raffigurazione pittorica, è offerta da una bottiglia posta all’interno di una nicchia circolare ricavata nel pavimento, nell’Annunciazione opera di Filippo Lippi del 1440 nella cappella Martelli, nella basilica di San Lorenzo a Firenze. La bottiglia presenta un lungo collo con sottili costolature verticali, corpo ellissoidale, piede ad anello e vistoso conoide spinto all’interno. Si tratta di un recipiente comune, realizzato in vetro tendente alla tonalità fumé. Il pittore, al corrente delle indagini proprie dell’arte fiamminga, sottolineava il contrasto dovuto alla diversa incidenza della luce sulla superficie e sull’acqua all’interno del contenitore. Inoltre, come conseguenza dei principi della prospettiva lineare, evidenziava l’ombra del collo della bottiglia, che si allunga sulla superficie del gradino con diversa intensità.

NEGLI AFFRESCHI DEL GHIRL ANDAIO RECIPIENTI DI ECCEZIONALE TRASPARENZA




Domenico del Ghirlandaio, Ultima cena (1480), particolari, Firenze, Ognissanti, cenacolo.


Negli anni immediatamente successivi al dipinto di Lippi fu scoperta la composizione del vetro “cristallino”, miscela ottenuta con materie prime selezionate e con l’aggiunta di manganese che eliminava la naturale sfumatura verdognola. L’invenzione, ma è più corretto ritenerla conseguenza di reiterate sperimentazioni, risale al 1450 ed è tradizionalmente assegnata al maestro vetrario veneziano Angelo Barovier, anche se sono documentati a Firenze, Ferrara e a Milano, con il sostegno di potenti e illuminati casati.


Una puntuale immagine è offerta da un affresco commissionato dal maestro vetraio Baldino, attivo a Ferrara ma toscano d’origine che, a metà del XV secolo, fece costruire una cappella nella chiesa dei carmelitani di San Paolo. Le scene narrano i miracoli dei santi Cosma e Damiano, compatroni di Firenze, confermando il solido legame dei vetrai con la terra d’origine. Negli affreschi sono raffigurati vari recipienti di vetro tra i quali una bottiglia con costolature a spirale, corpo globulare e alto piede, chiusa, secondo una consuetudine domestica, con un bicchiere rovesciato che presenta la stessa decorazione. La sfumatura lattiginosa del vetro, le pennellate che evidenziano i riflessi di luce sulle pareti fanno ritenere che si tratti di vetro “cristallino” a imitazione del cristallo di rocca, ritenuto, infatti, neve congelata “bianchissima”.


Domenico del Ghirlandaio, Nascita di san Giovanni Battista (1486-1490), particolare, Firenze, Santa Maria Novella, cappella Tornabuoni.

Si deve a Domenico del Ghirlandaio la raffigurazione di bottiglie e bicchieri in vetro cristallino allineate sulla tavola imbandita per l’Ultima cena nel cenacolo della chiesa di Ognissanti a Firenze, del 1480, o nella scena che illustra la Nascita di san Giovanni Battista, nella cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella (sempre a Firenze), realizzata tra il 1486 e il 1490, dove un’ancella, come di consuetudine, porta del vino aromatico – bevanda energetica e spesso contenente altri medicamenti – alla puerpera, in recipienti di eccezionale trasparenza.
Le bottiglie, sia quelle con superficie liscia che quelle con costolature a spirale, presentano la consueta forma e le pennellate bianche, più o meno intense, accentuano gli effetti dovuti all’incidenza della luce, l’amplificazione lenticolare delle pareti che ingrandiscono i particolari.
Gli utensili riproducono le reali forme di recipienti presenti sulle più raffinate tavole fiorentine contemporanee, non diversi da quelli descritti nell’inventario di Lorenzo il Magnifico che elenca «più stoviglie […] di vreto [sic] e christalino» e «guastade [bottiglie] cristalline». Si tratta di una conferma dell’interesse del signore di Firenze per il vetro, tanto da invitare David del Ghirlandaio, fratello di Domenico, a frequentare le fornaci di Montaione (Firenze), centro attivo nel settore vetrario dalla metà del XIII secolo. In quelle vetrerie l’artista, come annotava il Vasari, «vi fece molte cose di vetri», perfezionando le tecniche tradizionali e sperimentando i segreti riferiti dall’antica trattatistica latina, in particolare dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio che elogiava la bellezza del cristallo di rocca, trasparente, incolore, diafano.
I vetri raffigurati da Domenico del Ghirlandaio nelle due chiese fiorentine attestano il perfezionamento dell’arte vetraria avvenuto in pochi anni, specie se confrontati con le più modeste stoviglie presenti sulla tavola del Cenacolo della badia di Passignano, del 1476 (abbazia di San Michele Arcangelo a Passignano, nel Chianti, in provincia di Firenze), dove i bicchieri e le bottiglie appaiono meno sottili e lucenti, consoni a più semplici manufatti in uso in chiese suburbane, rispetto alla modernità fiorentina.

ART E DOSSIER N. 405
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....