La Pagina Nera

QUI È NATO L’OROLOGIO
PERÒ IL LUOGO
È PROPRIO MOGIO


Villa Sgaravatti (1552) ad Abano Terme, in Veneto, sta subendo un grave abbandono da oltre quarant’anni. Il suo aspetto è ormai spettrale: precarie le strutture, crollate parti del complesso, incolta la vegetazione, una rovina dopo l’altra gli interni. Un bene prezioso, già proprietà della famiglia Dondi, che ha potuto vantare tra i suoi membri Jacopo, il costruttore a padova del primo orologio astronomico al mondo.

FABIO ISMAN

In piazza dei Signori a Padova c’è una torre con un orologio astronomico. È del 1437: la copia esatta di quello creato nel 1344 e distrutto da un incendio. Lo si doveva a Jacopo Dondi, professore di medicina e astronomia all’Università patavina, che per questa invenzione poté aggiungere al cognome il suffisso «dell’Orologio». Il meccanismo pare che sia il più antico del genere al mondo, e l’orologio tra i più grandi: ha un diametro di cinque metri e mezzo. I segni dello zodiaco (manca la Bilancia, allora fusa con lo Scorpione), entro cui si muovono il Sole, la Luna e i pianeti, sono ancora quelli originali recuperati dall’incendio, riutilizzati dagli esecutori del nuovo esemplare: Matteo Novello, Giovanni e Gian Pietro delle Caldiere. I mesi sono scritti in latino, e un settore è diviso in dodici riquadri, quante sono le antiche costellazioni. Rappresenta, è ovvio, la teoria astronomica tolemaica, con la Terra al centro dell’universo.


Bene: proprio nel Trecento, i Dondi, forse originari di Chioggia, in provincia di Venezia – ma per alcuni provenienti dall’antica Roma – compaiono nella zona; Isacco, il padre di Jacopo, fa edificare un ospedale termale a Santa Maria di Montalon, in località Le Giare, ad Abano Terme; per testamento, il figlio Giovanni Dondi lo lascia ai poveri della città e della provincia, Padova, nel 1379. Nella stessa frazione, dal 1552 (la data è su una facciata), esiste una villa che, da fine secolo, è proprietà di Francesca Dondi dell’Orologio. Il cognome compare nei catasti fino al 1900. Quando il complesso, detto anche “della Torre” per la costruzione che si trova al centro del fabbricato, già un osservatorio astronomico, va a Maurizio Wollemborg (1863- 1952), ricco ebreo di Padova d’origine tedesca, benefattore dell’ospedale patavino, consigliere comunale ad Abano Terme, più volte deputato, esponente dei governi Pelloux e Zanardelli. Durante la prima guerra mondiale, per un anno dal 1917, la villa, lungo l’argine del canale Battaglia, diventa anche una scuola per invalidi e mutilati nel conflitto.

Ma dal 1920 è proprietà di Vittorio Sgaravatti di Saonara, figlio di Antonio, celebre genealogia di floricoltori: servivano anche l’imperatore di Germania e casa Savoia; dal 1860 vendevano per corrispondenza in tutta Europa. Infatti, la villa si fa vivaio; ci lavorano circa seicento persone, di cui trecento uomini e cento ragazzi dai dodici ai vent’anni. Nel Ventennio fascista, uno Sgaravatti è anche podestà della confinante Albignasego per diciassette anni. Nella seconda guerra mondiale, la famiglia utilizza pure il lavoro di quanti sono fatti prigionieri. La nuova funzione implica vari adeguamenti nell’immobile e sui terreni, e si protrae fino al termine del 1970 o, per qualcuno, nel decennio successivo. In seguito il luogo è colpito da tre incendi, con esiti disastrosi; gli ultimi, nel 2011 e 2014, lo hanno fortemente compromesso. 


Il complesso infestato dalla vegetazione.

Da oltre quarant’anni, tuttavia, è unicamente un segnacolo e un rudere. Ogni cosa è collassata: anche quanto da fuori non si vede. Tante finestre spalancate sul nulla. Tutto è ridotto a una larva e a una distruzione insopportabili.


Il complesso è composto da tre edifici, che formano una corte: il palazzo padronale con due “barchesse”, di cui quella che guarda sulla strada è priva del tetto, come il corpo principale. Al pianterreno, un grande portico con arcate a tutto sesto. Ovviamente, ogni cosa è abbandonata da decenni. Degli interni, meglio non dire: le decorazioni sono sparite chissà da quanto tempo. C’è pure un piccolo oratorio, o una piccionaia. Però, non rimane più troppo da recuperare, se non forse la struttura, ormai anche staticamente lesionata. Insomma, villa Dondi dell’Orologio, addio. Anche se la famiglia Sgaravatti esiste ancora: la sua attività ha compiuto duecento anni, ed è oggi divisa in vari gruppi; l’ultimo membro di quello forse primordiale, Alberto, nato nel 1928, è morto nel 2019.

Le immagini sono impietose: corpi di fabbrica senza infissi e protezioni; tetti sfondati; rovi e piante che crescono nei cortili; i resti di carri abbandonati nelle ex rimesse e cucine economiche arrugginite negli interni; la vegetazione spontanea che ricopre i corpi di fabbrica; le persiane (quando ci sono) si reggono per miracolo; la scala della torretta, esterna, che sale fino al belvedere, è pericolosa e impercorribile: la ringhiera è malferma, instabile e cadente; gli intonaci, scomparsi; solai che non esistono più; si “leggono” ancora tutti i segni di un’opulenza antica, ma dismessa e lasciata andare, assolutamente e colpevolmente, alla malora. Tutto questo giace, è il caso di dirlo, in mezzo a grandi distese di campi, non ancora sommersi dal moderno. Gli spazi non sono chiusi: ogni tanto, c’è chi vi trascorre qualche notte, abbandonando logicamente i segni del proprio passaggio. Ora, c’è chi vorrebbe realizzarvi un campo da golf, s’intende con un gruppo di immancabili villette. Del pioniere che ha creato uno tra i primi orologi famosi nel mondo restano soltanto l’ombra e il ricordo.


Nella zona su cui giace villa sgaravatti, ridotta a una larva, c’è chi vorrebbe realizzare un campo da golf, s’intende con un gruppo di immancabili edifici residenziali


Ancora un particolare del portico e, a destra, una delle “barchesse” in totale degrado.

Un altro particolare del complesso (colombaia o cappella?), invaso da piante abbandonate.

ART E DOSSIER N. 405
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....