Annoiate, melanconiche, due donne siedono su una terrazza affacciata sulla laguna. La più anziana – sorella? madre? – gioca distratta coi cani. L’altra guarda mestamente lontano. Grava il senso di una solitudine, di un’assenza, che nel capolavoro di Carpaccio del veneziano museo Correr in origine si completava in alto con la scena di caccia in laguna, ora al J. Paul Getty Museum di Los Angeles(1). Come dire: agli uomini – fratelli? fidanzati? mariti? – che vanno a caccia si riservano piaceri inaccessibili alle compagne. Se è giusta la datazione che Peter Humfrey assegna ora all’opera, fra 1492 e 1494, viene da ripensare alla vecchia idea che Carpaccio, o chi gli commissionò il dipinto, si sia riferito, perlomeno in parte, al proemio del Decamerone, molto amato nel Rinascimento. La prima edizione illustrata risale al 20 giugno 1492, per i tipi veneziani di Giovanni e Gregorio de Gregori, ciò che appunto collima con la datazione proposta per il dipinto. Boccaccio parla di una «gravezza di pensieri» che gli «innamorati uomini» possono alleggerire con caccia, pesca, cavalcate e così «rimuovere […] il noioso pensiero» della malinconia che in tali modi «consola o diventa la noia minore». Altri sono i “remedia amoris”, come li chiamava Ovidio, per le donne che «dentro a’ dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascose», «ristrette da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano e quasi oziose sedendosi […] seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri». Così, se agli uni la malinconia non viene più in mente, nelle altre dimora «con grave noia». Le cento novelle del Decamerone nascono così, per alleviare la mestizia di sagge donne che in attesa dei loro uomini non si contentano «dell’ago, del fuso, dell’arcolaio ».
L’OGGETTO MISTERIOSO
MELANCONIA
INVERNALE
DI MARUSSIG,
FRA CARPACCIO
E GIORGIONE
LE DUE DONNE DI CARPACCIO IN MOSTRA A WASHINGTON FANNO RIFLETTERE SUL TEMA MELANCONICO MA ANCHE SUI CONFRONTI SPESSO PROPOSTI DAGLI STUDIOSI DEL NOVECENTO ITALIANO CON DONNE AL CAFFÈ, DIPINTO NEL 1924 DA PIERO MARUSSIG. LA FONTE PIÙ PROBABILE SEMBRA PERÒ I DUE AMICI DI GIORGIONE.
Gloria Fossi
Le due veneziane di Carpaccio non si distraggono però con la lettura, ed è per questo, pensiamo, che sono tristi e annoiate. La melanconia amorosa ben si attaglia all’idea ormai assodata che le due tavole di Carpaccio, riunite in mostra a Washington, dense di elementi simbolici sulle virtù coniugali, fossero l’anta superstite di una finestra o di una porta.
Sulla melanconia nell’arte – fra gli estremi della celebre incisione Melancholia di Dürer (1514) e il dipinto del Ritratto del dottor Gachet di Van Gogh (1890) – la bibliografia è sterminata (2), ma vale la pena ricordare almeno la mostra curata da Jean Clair a Parigi nel 2005. Qui era esposta la tela con Due amici di Giorgione, inarrivabile per il tono di melanconici sentimenti(3). Nel dipinto – donato nel 1919 al neonato Museo nazionale di palazzo Venezia a Roma da Fabrizio Ruffo di Motta Bagnara – un giovane bellissimo, con sguardo malinconico e distante, appoggia la guancia destra sulla mano corrispondente, mentre la mano sinistra, «su di un gradino che si direbbe costruito apposta per sorreggerne la melanconia»(4), mostra un melangolo, simbolo dell’amore dolce-amaro. L’altro giovane ha lineamenti più rozzi, naso sproporzionato e labbro inferiore grosso. Lega i due un’amicizia, non sappiamo quanto platonica, o forse un comune male d’amore.
Questo dipinto di Giorgione mi ricorda Due donne al caffè, capolavoro classicista del triestino Piero Marussig(5). Le due giovani protagoniste siedono in un locale milanese o della Mitteleuropa. Malinconia e noia pervadono la scena.
La sigaretta della donna in secondo piano evoca la modernità e così il portasigarette d’argento e i pasticcini che non paiono interessare nessuna delle due, apatiche e inappetenti. Cosa pensano, chi aspettano, non sappiamo. Il paragone sempre proposto è quello con le Due donne di Carpaccio, con il quale francamente vi riconosciamo solo una vaga assonanza.
Altri sono in realtà i dipinti di Marussig che con maggior evidenza si ispirano al dipinto di Carpaccio (fra questi i ritratti della Moglie col cagnolino, o La donna ora al Mart di Rovereto). Si pensa che l’ispirazione di Marussig provenga da una poesia di Margherita Sarfatti dedicata alle Due donne veneziane di Carpaccio, in quegli anni citate anche da Felice Casorati (L’attesa, 1921). La Sarfatti, nume tutelare del gruppo Novecento Italiano, a proposito di Carpaccio, parla di «Honeste cortigiane, piccoline, sciocchine, sull’altana assolata» assai poco appropriate, tuttavia, alle donne severe e malinconiche del triestino. Se ribaltiamo l’opera di Marussig del 1924, riconosciamo analoghe proporzioni col quadro di Giorgione, che evidentemente Marussig, grande amante, per sua stessa ammissione della pittura veneta, dipinse in controparte, attualizzandolo a un’atmosfera “anni Venti”. Può aver visto i Due amici di Giorgione a Roma, dove già nel 1903 si era appassionato alla pittura veneta, oppure può averlo ammirato in qualche pubblicazione. Marussig mostra inoltre di conoscere bene anche la ritrattistica cinquecentesca, dal Bronzino al Salviati, con quella tenda che non ha senso di esistere davanti a una parete priva di finestre, ma che è strategica, come nei ritratti toscani. E chissà se sapeva che il nodo della tenda nel Cinquecento alludeva al «bel nodo d’amor» dei trionfi petrarcheschi…
(1) Le due tavole del Correr e del Getty sono riunite alla mostra su Vittore Carpaccio di Washington.
(2) Cfr. G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020, pp. 210-213.
(3) Mélancolie. Génie et folie en Occident (Parigi, Grand Palais, 10 ottobre 2005 - 16 gennaio 2006), a cura di Jean Clair, Parigi 2005, p. 156. Cfr. Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento fra Venezia e Roma (Roma, Museo nazionale di Palazzo Venezia, 24 giugno - 17 settembre 2017), a cura di E. M. Dal Pozzolo, Napoli 2017, in part. pp. 202-205.
(4) Come scrive E. Ravaglia (Un quadro inedito di Sebastiano del Piombo, in “Bollettino d’Arte”, I, 1922, 10, pp. 474-477).
(5) Artista coltissimo e riservato, di molteplici sperimentazioni, morto nel 1937 a cinquantotto anni, Marussig, dopo il riconoscimento di Carlo Ludovico Ragghianti, è stato rivalutato come merita da Claudia Gianferrari, Elena Pontiggia, Nicoletta Colombo. Cfr. Arte moderna in Italia, 1915-1935, a cura di C. L. Ragghianti (Firenze, palazzo Strozzi, 1967), pp. 33, 128-129, e da ultimo, E. Pontiggia, Storia del Novecento italiano. Poetica e vicende del movimento di Margherita Sarfatti, Torino 2022, in part. pp. 50-52. Marussig faceva parte in quegli anni dei sette (presto divenuti sei) artisti “classicisti” del gruppo Novecento Italiano riuniti a Milano attorno a Sarfatti, la cui poesia Le «Due cortigiane» del Carpaccio è in I vivi e l’ombra. Liriche, Milano 1934.
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ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....