Materializzazione del linguaggio è stata una mostra curata dall’artista e poetessa Mirella Bentivoglio – di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita – che inaugurò il 20 settembre 1978 ai Magazzini del sale, durante la 38. Biennale di Venezia. In quel momento di rottura ed emancipazione, di conquista di nuovi diritti civili e grande attenzione al femminismo, Carlo Ripa di Meana, allora presidente della Biennale veneziana, si rese conto che la presenza di artiste donne a Venezia era ridottissima e, al corrente delle ricerche che la Bentivoglio portava avanti da tempo, la interpellò, con grande ritardo, chiedendole di curare una mostra tutta al femminile.
Grandi mostre. 1
RI-MATERIALIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO A BOLZANO
PAROLA
DI DONNA
POESIA CONCRETA, POESIA VISIVA E SCRITTURA VISUALE DECLINATE INTERAMENTE AL FEMMINILE. QUESTI GLI INGREDIENTI FONDAMENTALI DELLA MOSTRA ALLA FONDAZIONE ANTONIO DALLE NOGARE VOLTA ANCHE A RICOSTRUIRE, DAL PUNTO DI VISTA FILOLOGICO, LA STORICA ESPOSIZIONE ALLA 38. BIENNALE DI VENEZIA, CURATA DALL’ARTISTA E POETESSA MIRELLA BENTIVOGLIO, A CENTO ANNI DALLA NASCITA.
MARCELLA VANZO
I due curatori si sono chiesti cosa sarebbe successo se quell’esposizione avesse avuto luogo con le dovute risorse e, negli spazi della Fondazione Antonio Dalle Nogare, non solo si sono proposti di ricostruire filologicamente una mostra divenuta nel frattempo un punto di riferimento per le ricerche artistiche femminili e femministe, ma hanno anche deciso di riattivare contemporaneamente le sue istanze storiche tramite un allestimento pensato apposta, materiali più ricchi e performance di artiste viventi che accrescono il programma e creano ulteriori occasioni di visita e di partecipazione, oltre a eventi digitali.
Monica Bonvicini (Venezia, 1965), BRACHA (Bracha L. Ettinger, Tel Aviv, 1948) e Nora Turato (Zagabria, 1991) presentano performance concepite ad hoc.
Per capire a fondo questa operazione, è importante mettere a fuoco la figura di Mirella Bentivoglio, poetessa e artista verbo-visiva eclettica, nata nel 1922 a Klagenfurt (Austria) da genitori italiani, studi in Svizzera e in Inghilterra, che vivrà a Roma fino al 2017, anno della sua morte.
Le sue sperimentazioni nascono dalla pratica della “poesia concreta”, della “poesia visiva” e della “scrittura visuale”. Non smetterà mai di creare libri oggetto e dagli anni Settanta in poi esplorerà la performance, la poesia-azione e creerà ambienti poetici per poi allestire grandi strutture simboliche di matrice linguistica sul suolo pubblico.
La poesia concreta viene definita tale perché sposta l’attenzione dal significato del testo e dal suo contenuto ai suoi elementi costitutivi, ovvero parole, sillabe, fonemi e le stesse lettere dell’alfabeto, di cui si esalta la dimensione tipografica, valorizzata a livello grafico tramite la disposizione sul foglio e su materiali anche molto diversi dalla carta. Gli elementi basilari della scrittura arrivano così in primo piano, scomposti e ricomposti sia a livello visivo che sonoro. Non solo la parola scritta, ma anche la parola pronunciata subisce lo stesso processo di smontaggio. La poesia concreta include la poesia visiva, fatta di immagini e parole, la poesia sonora, che sperimenta con suono e voce, e la poesia performativa, dove il poeta in scena modula voce e gesto. Questo è stato il campo d’interesse di Mirella Bentivoglio, che ha lavorato non solo come artista ma anche come curatrice di mostre dedicate all’arte femminile, ancora molto trascurata.
Dal 1969 in poi, Bentivoglio inizia un censimento annuale di artiste che si occupano di poesia concreta e crea una rete che si allarga sempre di più a livello internazionale, dall’Europa agli Stati Uniti, dal Sudamerica fino alla Russia.
Quando Ripa di Meana le chiede di curare una mostra al femminile per la 38. Biennale di Venezia, grazie ai suoi contatti lei darà vita a un “unicum” emblematico del lavoro delle artiste di quegli anni, intenzionate a rivendicare un loro ben definito spazio creativo “al femminile” nella seconda metà del Novecento.
Si tratta di un nuovo tipo di comunicazione, non condizionata, che incorpora un’espressione identitaria trasgressiva, sia poetica che critica, di radicale rifiuto del linguaggio patriarcale, alla ricerca di nuovi modi di essere e quindi di esprimersi.
In questo senso, l’allestimento orizzontale, in cui le artiste appaiono in ordine alfabetico, è scandito in senso verticale dall’Alfabetiere murale di Tomaso Binga.
Tomaso Binga, al secolo Bianca Pucciarelli Menna, è artista, performer e poetessa visiva, classe 1931. Da subito Pucciarelli utilizza uno pseudonimo maschile per provocare e mettere a nudo il privilegio maschile anche nel mondo dell’arte, di cui suo marito, Filiberto Menna, critico e storico dell’arte, è un esponente di spicco.
L’Alfabetiere murale diventa un'icona femminista, si tratta di un alfabeto fisico, corporeo, interpretato da lei lettera dopo lettera. Come per le altre artiste in mostra, il linguaggio, da esperienza personale diventa pubblico e condiviso.
Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022 oggi è una mostra importante – ripresa anche da una delle cinque capsule storiche della Biennale di Venezia di Cecilia Alemani che ne ha fatto ristampare il minuto catalogo originale – perché si tratta di ricerche all’origine di una presa di coscienza, sociale, politica e poetica, del ruolo femminile nel mondo, che informa gran parte delle rivendicazioni di oggi.
IN BREVE:
ART E DOSSIER N. 405
GENNAIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Accendere la speranza di Sergio Rossi; BLOW UP: Klein e De Martiis di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Ri-Materializzazione del linguaggio a Bolzano - Parola di donna di Marcella Vanzo; 2 - Ernst a Milano - Gli allegri mostri di Lauretta Colonnelli; ....